La sovranità monetaria francese sull’Africa

24/01/2014 di Mazzetta

Il disastro in  Repubblica Centrafricana ha portato all’ennesimo intervento armato francese nel paese, il quarto dall’indipendenza, affiancato questa volta da truppe dell’Unione Europea, che del  destino di molti paesi africana è chiamata a farsi carico in parte, pur se in subordine ai voleri e all’impegno di Parigi o di altri ex referenti coloniali confluiti nell’UE.

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SI RIPARTE – Il nuovo presidente transitorio della Repubblica Centrafricana è la signora Catherine Samba Panza, già sindaco della capitale, che va così ad affiancare il primo ministro  Alexandre-Ferdinand Nguendet e a ricostituire la formalità costituzionale. Nessuno dei due potrà presentarsi alle presidenziali che si dovrebbero tenere nei desideri di tutti al più presto, che vuol dire al più tardi nel 2015. Archiviato il precedente presidente transitorio Michael Djotodia, che si è dimesso dopo qualche mese al potere del tutto impotente, la Francia può finalmente contare su un primo ministro con le scuole giuste e dichiaratamente allineato ai voleri del Fondo Monetario e, quello che più importa, di Parigi. Djotodia si è confermato un incidente, emerso quando le bande Seleka sono arrivate a Bangui e hanno costretto alla fuga il presidente-dittatore Bozizé a auto-nominatosi loro rappresentante, si è poi rivelato sì dotato di dialettica, ma di nessuna presa reale sulle bande di guerriglieri che provenivano dall’Est del paese, incidentalmente musulmano.

I PREDONI A GUARDIA DEL POLLAIO – Circostanza disgraziata, perché si tratta di milizie indisciplinate e dedite più al saccheggio che alla politica. Nate nei campi per profughi in Ciad, dove i centrafricani di quella regione erano stati sfollati a centinaia di migliaia dalla pulizia etnica di Bozizé, negli ultimi anni avevano fatto ritorno alle zone d’origine sempre meno presidiate da un potere in disfacimento, creando piccoli feudi amministrati secondo la logica del racket, i più fortunati si erano impadroniti delle cittadine minerarie. Arrivati alla capitale e ovviamente esclusi dai grandi giochi della politica, ai quali probabilmente non erano nemmeno interessate, le bande si sono date al saccheggio e presto in tutto il paese si è diffusa una notevole sensazione d’insicurezza e altri a centinaia di migliaia ne sono fuggiti.

LE MILIZIE CRISTIANE – L’inerzia con la quale i contingenti già residenti nel paese sotto le insegne di ONU, Unione Africana e Francia hanno lasciato fare ha lasciato spazio all’emersione delle milizie anti-Balaka ovvero milizie che dovrebbero proteggere i cristiani e che molti dicono animate dall’ex dittatore o dai militari del suo esercito sbandato. Posto che la questione religiosa non c’entra perché i centrafricani hanno sempre convissuto senza problemi e senza violenze interreligiose e anche perché i nemmeno i più indisciplinati e pericolosi tra i Seleka  sono talebani e non risulta che abbiano mai fatto differenza nel rapinare musulmani e cristiani, anche questa crisi che non è neppure una guerra civile è stata prontamente etichettata come un confronto tra cristiani e musulmani.

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LA CRISI UMANITARIA – Il tutto in paese grande come la Francia che ha appena 4 milioni di abitanti, un quarto dei quali profughi, per lo più oltre confine. Ora si è arrivati alla caccia ai ciadiani e Idriss Deby, antico  dittatore di Ndjamena ha ordinato il loro rientro in massa. Non sfugge ai centrafricani che nella regia del colpo che ha portato Djotodia alla presidenza ci sia stata la mano dei ciadiani, che difficilmente si muove in un contesto del genere senza essere armata da Parigi. Nell’ultimo decennio i due dittatori si erano sostenuti a vicenda ed erano stati «salvati» più volte da interventi militari francesi. Nelle more della cacciata di Bozizé sono stati attaccati anche i soldati del contingente sudafricano, considerato troppo vicino al dittatore, il presidente sudafricano Zuma ha incassato la tragedia e lo scandalo e ritirato il contingente, quasi 1.000 uomini che potevano servire per mantenere l’ordine pubblico, ma che erano lì come «soluzione africana ai problemi africani» e a Parigi non ha pianto nessuno, nel cortile di casa le uniche soluzioni ammesse sono quelle francesi.

L’AIUTO INTERNAZIONALE – Nel frattempo il contingente francese finalmente rimpolpato è impegnato nel difficile disarmo dei Seleka e dei loro avversari, ma l’Operazione Sangaris non sta andando proprio liscia come in Mali, sia perché il terreno è diverso, sia perché è diversa e più polverizzata la natura dell’avversario. Così le truppe dei diversi contingenti nazionali africani che stanno affluendo nel paese per consolidare il lavoro dei francesi si trovano ad affrontare situazioni che gestiscono con difficoltà e diverse perdite. Tra organizzazioni internazionali, paesi donatori e paesi che hanno deciso di contribuire con truppe o mezzi si mette insieme una lista lunghissima e verrebbe da credere che per i centrafricani il futuro sarà roseo, ma intanto ci sono da fermare le faide che si travestono con il manto della religione e ristabilire la quiete.

LA GRANDE POTENZA FRANCESE – La Francia spenderà molto per l’impresa, ma come si è detto molti altri paesi contribuiranno e un progetto che comunque resta saldamente nelle mani di Parigi. Una spesa che Hollande a Radio France Internationale (RFI) ha venduto ai francesi come l’onere che deriva dal fatto che «La responsabilità della Francia… è quella di una potenza mondiale». Socialisti o conservatori non fanno differenza, i presidenti francesi per l’Africa conoscono solo la dottrina Foccard e agiscono di conseguenza, i francesi da sempre vedono e non protestano troppo. La moneta della Francia è però quella di un’altra potenza mondiale che risponde al nome di Unione Europea e per uno degli accidenti della storia 14 paesi africani, tra i quali la Repubblica Centrafricana, hanno una moneta comune ancorata all’Euro e garantita dalla banca centrale francese.

IL GUINZAGLIO DELLA MONETA – Il Franco CFA (da Colonies françaises d’Afrique) prevede una cooperazione tra i 14 paesi aderenti più uno fondata su quattro regole fondamentali. Il tesoro francese garantisce la sua convertibilità illimitata, il tasso di conversione con il franco francese e ora l’euro è fisso, la trasferibilità delle riserve è libera, mentre la riserva di cambio è centralizzata. Regole che permettono ai paesi africani di avere una moneta stabile e non aggredibile dalla speculazione internazionale, ma che ovviamente li privano di qualsiasi sovranità sulla moneta, poichè in cambio le banche centrali coinvolte, che come vedremo sono 3, sono tenute a depositare una parte delle loro riserve di cambio su un conto aperto del tesoro francese. La Francia ha anche il potere di determinare quanti CFA si stampano e in genere potere di veto sul resto.

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