La bufala del Parlamento illegittimo continua a far danni

Il Parlamento non è illegittimo per via dell’annullamento per manifesta incostituzionalità del Porcellum. L’ha scritto in maniera chiarissima la Corte Costituzionale, l’unico organismo che ha la titolarità per farlo.

 È evidente, infine, che la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte qua la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale, consultazione che si dovrà effettuare o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione, ovvero secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere. Essa, pertanto, non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto. Vale appena ricordare che il principio secondo il quale gli effetti delle sentenze di accoglimento di questa Corte, alla stregua dell’art. 136 Cost. e dell’art. 30 della legge n. 87 del 1953, risalgono fino al momento di entrata in vigore della norma annullata, principio «che suole essere enunciato con il ricorso alla formula della c.d. “retroattività” di dette sentenze, vale però soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida» (sentenza n. 139 del 1984).Le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti. Del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali. Rileva nella specie il principio fondamentale della continuità dello Stato, che non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento. È pertanto fuori di ogni ragionevole dubbio – è appena il caso di ribadirlo – che nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali: le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare. 

Il diktat odierno di Beppe Grillo che proclama l’esigenza di convocare nuove elezioni in base all’illegittimità dell’attuale Parlamento è la consueta, e al solito completamente infondata, dichiarazione che vuole minare le basi stesse delle istituzioni. Il Semplice Portavoce del M5S ha un obiettivo politico legittimo, nuove elezioni nel quale sfruttare la diffusa ostilità nei confronti del sistema tout court, per guadagnare o mantenere gli attuali consensi. Nessuno può contestare questo a Grillo così come a Casaleggio, che forse dovrebbe meglio leggere le motivazioni della Consulta prima di affibbiare patenti di costituzionalità ai modelli elettorali altrui. La nuova legge elettorale disegnata dalla Corte Costituzionale è uno straordinario assist per Grillo. Probabilmente Renzi sarebbe costretto ad allearsi ancora con Berlusconi per formare un governo se si votasse tra pochi mesi. Uno scenario perfetto per il MoVimento 5 Stelle, che potrebbe opporsi con ancora più grinta all’unione tra il nuovo rappresentato da Renzi e il vecchio corso berlusconiano.

Negare però che il Parlamento possa legiferare, su un tema sì importante come quello elettorale ma sempre disciplinato da una legge ordinario, è l’ennesima ricorsa all’insano populismo che purtroppo caratterizza spesso il MoVimento 5 Stelle. Che nuove elezioni possano rappresentare la soluzione migliore per il paese è una tesi che trova sempre più consenso, probabilmente anche in casa dello stesso Partito Democratico. Una riforma del sistema, elettorale come istituzionale, sarebbe opportuna, e quantomeno chi vuole negare la partecipazione a questo processo dovrebbe semplicemente affermare i veri motivi della sua posizione. O qualcosa che gli assomigli, visto che dai politici non si può pretendere troppo. Negare le sentenze della Consulta significa però non accettare i limiti e le forme stabiliti dalla stessa Carta costituzionale alla sovranità popolare.

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