Le verità scomode sulla “marijuana libera” che i partiti non ti vogliono dire

15/01/2014 di Mazzetta

Nel 1993, tramite un referendum, gli italiani hanno votato per la non punibilità dell’uso personale, da allora aspettano che il parlamento provveda in questo senso. La legge Fini-Giovanardi arrivò invece a inasprire le pene e nemmeno oggi le proposte in campo promettono di rispettare quel voto.

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IL DISPREZZO PER IL REFERENDUM – Nonostante l’alta affluenza al voto (77%) e la netta supremazia del voto per la depenalizzazione, vincente con più del 10% dei voti di distacco, in controtendenza con l’opinione della maggioranza dei partiti, quella legge voluta dagli italiani non ha mai visto la luce. Al contrario, la normativa è stata modificata in senso molto restrittivo dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49 (conosciuta anche come legge Fini-Giovanardi). Una legge infilata nella conversione del decreto legge 30 dicembre 2005, n. 272, emanato in origine solo per il finanziamento delle Olimpiadi Invernali di Torino. Da allora secondo lo stesso Giovanardi i consumatori di droghe così come sono state classificate, non correrebbero il rischio di andare in carcere, pensiero che ha ribadito anche di recente in un’intervista al formigoniano Tempi:

Cosa prevedono le norme per i tossicodipendenti condannati?
Che fino a 6 anni di detenzione si ha il diritto di non stare in carcere. Mancano le risorse economiche per pagare le terapie. Perciò molte persone che secondo la legge dovrebbero stare fuori dal carcere, vengono lasciate dentro. Il problema è di alcune Regioni che non pagano le rette degli istituti. Una soluzione al problema sarebbe vincolare una quota del fondo sanitario nazionale obbligando le Regioni a destinarlo agli istituti per la cura della tossicodipendenza. Per farlo c’è bisogno di trovare i soldi e non toccare la legge.

Chi si fuma uno spinello viene colpito solo con sanzioni amministrative come il ritiro della patente, del porto d’armi, misure dettate dal buon senso che vengono prese per evitare che chi si droga possa danneggiare sé o gli altri. Il reato è previsto soltanto per chi spaccia.

LE SOLITE BALLE – Purtroppo invece i consumatori in galera ci finiscono lo stesso, come ammette lo stesso Giovanardi, e l’alternativa sarebbe essere comunque bollare i consumatori come tossicodipendenti anche se non lo sono. Quelli che assumono droghe leggere ad esempio diventano tossicodipendenti e costringerli a «curare» una dipendenza che non c’è e che nessuno sa neppure come curare è un tributo particolarmente stupido che da anni il nostro paese paga a Giovanardi e ai suoi sodali che approvarono la legge insieme ai conti delle olimpiadi. Per di più le sanzioni amministrative come il ritiro della patente, del porto d’armi, non sono affatto «misure dettate dal buon senso che vengono prese per evitare che chi si droga possa danneggiare sé o gli altri», sia perché si tratta quasi sempre del ritiro della patente e perché appunto non riguardano solo i tossicodipendenti, sia perché sono misure del tutto scollegate dall’uso delle armi o dei veicoli sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. A punire questo comportamenti ci sono già le stesse leggi che regolano in genere l’abuso di sostanze stupefacenti o psicotrope alla guida, ma nessuno si è mai sognato di togliere la patente a chi sia sorpreso a bere o anche ubriaco in altri contesti,

TANTA MALAFEDE – L’articolo 75 del testo Unico prevede questa sanzioni per l’uso personale di sostanze stupefacenti, non per i tossicodipendenti con un’accertata dipendenza, come accade invece per gli alcolisti o per portatori di patologie parzialmente invalidanti. Anche L’art. 73 del già citato T.U., che punisce le condotte di importazione, esportazione, acquisto, ricezione a qualsiasi titolo e detenzione di sostanza stupefacente, colpisce condotte comuni allo spacciatore come al consumatore. In particolare poi, se le sostanze eccedono « per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi, … ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale » la condotta ha rilevanza penale. Con tanti saluti alla balla secondo la quale i consumatori non finiscono in carcere, senza dimenticare che il togliere la patente per mesi, magari perché colti in possesso di un grammo di marijuana, e costringere gli sventurati a un percorso terapeutico inutile e farsesco è di nessuna utilità sociale, anche se una punizione tanto insensata dice molto sulla malafede di Giovanardi, di Fini e del centrodestra in particolare.

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LA NOVITÀ A 5 STELLE – Purtroppo occorre rilevare che identica ipocrisia è riconoscibile ancora oggi sia nel PD che nel Movimento 5 Stelle, così che non sembra esserci speranza di depenalizzazione per il consumo della marijuana e a differenza di quanto sta accadendo più o meno ovunque nei paesi sviluppati, non si parla neppure di legalizzazione. Un’ipocrisia che non è  non scalfita nemmeno in un momento storico come quello attuale, nel quale persino nella patria d’origine dell’assurdo proibizionismo ormai è girato il vento e si è arrivati alla piena legalizzazione della marijuana, che ha qualità e natura del tutto diversa dalle droghe cosiddette pesanti, al punto di essere persino notevolmente meno tossica delle bevande alcoliche e poter vantare poteri curativi già certificati dalla scienza e da un robusto numero di ricerche.

UN PASSETTINO TIMIDO – S’arriva così alle due proposte presentate in questi giorni dalla sinistra e dal Movimento 5 Stelle, che hanno fiutato l’aria e si sono lanciati alla caccia di qualche voto, senza tuttavia andare oltre a miserabili proposte che leniscono appena la severadisciplina della vecchia legge, ma che non depenalizzano il consumo e figurarsi se si avvicinano alla legalizzazione di questa pianta dalle eccezionali virtù e del suo uso ricreativo. La proposta che lascia più perplessi è sicuramente quella del M5s e non solo per l’infelice esposizione con la quale il deputato Vittorio Ferraresi l’ha presentata sul blog di Grillo come un «primo passo verso la modifica di questa legge», quasi che il voto degli italiani al referendum o il principio che intende difendere chi preme per la legalizzazione o la depenalizzazione del consumo, intesa come assenza di punibilità, fossero valori negoziabili, da fare un po’ per uno per accontentare la minoranza proibizionista e la nota lobby vaticana.

I punti principali della proposta:
1) Spostamento in Tabella II della “Cannabis Indica” tra le sostanze a blando effetto stupefacente, differenziandola quindi dalle droghe pesanti presenti in Tabella I. Si dimezzano in modo deciso le sanzioni penali per le sostanze previste in Tabella II
2) Rendiamo non punibile la coltivazione di max 4 piante di Cannabis Indica in un luogo indicato nel provvedimento autorizzativo vincolato al pagamento di una tassa di concessione governativa. Viene consentita la detenzione fuori da questo luogo, e la cessione a titolo gratuito di una quantità di max 5 g di sostanza per uso personale. Resta fermo il vincolo della maggiore età.
3) Eliminiamo l’arresto obbligatorio per le sostanze in Tabella II (inclusa la cannabis indica), per evitare che per modiche quantità si venga condotti in carcere. Inoltre si eliminano gli illeciti amministrativi per le sostanze della stessa tabella in modo da evitare intasamenti burocratici e gravi impedimenti, come la sospensione della patente di guida(*) o sospensione del passaporto.

SOLO UNO SCONTO DI PENA – Nella tabella II ci sono benzodiazepine, barbiturici e altri psicofarmaci pesanti e in grado di far insorgere severe dipendenze, effetti che sono sconosciuti a chi consuma marijuana e ovviamente nella tabella non sono comprese le bevande alcoliche. Lo spostamento tattico e ipocrita serve quindi esplicitamente non a mettere le cose a posto secondo logica, scienza e conoscenza, ma semplicemente ad abbassare le pene previste.

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UNA PROPOSTA SCRITTA CON I PIEDI – Più incomprensibile e problematico ancora è il secondo punto, visto che non si capisce il quale un consumatore di marijuana dovrebbe essere costretto a farsi giardiniere e ad attrezzarsi una serra per consumare una sostanza che la legge gli consente di consumare e anche di cedere gratuitamente, ma non di acquistare. Lunare è poi l’idea che il consumatore debba indicare il luogo dove lo fa e dotarsi per di più di un «provvedimento autorizzativo vincolato al pagamento di una tassa di concessione governativa». Lo stato quindi dovrebbe esigere una tassa da chi voglia coltivarsi 4 piantine in casa e questi per farlo dovrebbe per di più ottenere un’autorizzazione (da chi? quali i criteri?) da soggetti ancora non specificati. Il tutto per coltivare e consumare 4 piante senza ovviamente farne commercio. Viene il sospetto che in presenza di una disciplina del genere sarebbero ben pochi a mettersi in regola e ad autodenunciarsi all’attenzione delle autorità, anche al netto di appare barocca e incredibile una soluzione del genere. Forse ai nostri legislatori a 5 stelle sfugge, come vedremo sfugge anche a quelli del PD, che l’autocoltivazione non potrà mai soddisfare che una minima parte della domanda e che per di più dal raccolto di 4 piante si possono ricavare anche quantità che superano agevolmente il chilogrammo. Una circostanza pratica che la proposta grillina e quella del PD non sembrano proprio cogliere è che alla coltivazione segue il raccolto, che deve coprire le esigenze di consumo fino a quello successivo e quindi stoccato in quantità ben superiori a quelle rappresentate dalla «modica quantità» o al consumo medio di un singolo giorno. Punire questo possesso vorrebbe dire punire chi ha fatto le cose in regola e rendere impossibile e inutile la coltivazione, non punirlo significherebbe invece che ogni rinvenimento di quantità superiori alle piccole dosi potrebbe essere giustificato come auto-produzione e a quel punto toccherebbe alla giustizia un difficile onere della prova. Questo loop irrisolto la dice lunga su quanto queste proteste siano state meditate e come nessuno degli estensori si sia preoccupato di renderle almeno praticabili.

ANCORA BALLE – Poi c’è che al punto 3 l’abolizione dell’arresto obbligatorio riduce la probabilità che nell’ipotesi di semplice possesso di modiche quantità si venga condotti in carcere e non la evita in assoluto, come invece affermato nel testo. Il punto nel quale si dice che «si eliminano gli illeciti amministrativi» è sicuramente positivo, ma non si fa parola dei percorsi «terapeutici» ora obbligatori per legge, che non sono meno pesanti e che tecnicamente non sono sanzioni, anche se la loro particolare inutilità nel caso dei consumatori di cannabis li rende provvedimenti di natura esclusivamente punitiva. Le differenza con Giovanardi, anche nel tradurre al volgo le proprie proposte in maniera a dir poco imprecisa, sono davvero minime.

ZERO IDEE NUOVE – Come «primo passo» è decisamente timido, discretamente ipocrita e minato da una tecnica giuridica incerta, che comunque è il problema minore, visto che, anche se approvato, un articolato del genere sposterebbe poco e non rappresenterebbe alcun cambiamento significativo e nemmeno il riconoscimento delle politiche proibizioniste o un approccio nuovo, come sarebbe lecito attendersi del M5S. Che su un argomento del genere forse poteva provare a farsi avanguardia senza grossi rischi e  che invece ha preferito intrupparsi ipocritamente con le altre forze politiche, senza avere il coraggio di ripudiare la Fini-Giovanardi.

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RENZI COME GRILLO – Coraggio che manca anche alla sinistra, che con Luigi Manconi ha presentato un disegno di legge molto simile a quello del M5S, un articolato già pronto da tempo dice ilSole24Ore:

Il ddl prevede la non punibilità della coltivazione per uso personale di marijuana e della cessione di piccoli quantitativi dei derivati della cannabis finalizzata all’immediato consumo personale. Previsto il ripristino della distinzione del trattamento sanzionatorio tra droghe leggere e droghe pesanti, con una riduzione delle pene per le prime, fino alla completa cancellazione delle sanzioni amministrative per i consumatori dei derivati della cannabis. «In questo modo si potrà ristabilire un solco chiaro tra comportamenti inoffensivi legati al consumo personale di sostanze che non nuocciono gravemente alla salute, non più di quanto faccia l’abuso di tabacco e di alcool – ha detto Manconi – e il traffico di sostanze stupefacenti».

L’IPOCRITA MANCONI PRIMA – La proposta non contiene svarioni inutili come quello dell’autorizzazione e della tassa per la coltivazione, ma se possibile appare ancora più ipocrita. La proposta non ristabilisce nessun «solco», possedere e commerciare marijuana resta un reato e restano le pesantissime sanzione a carico dei consumatori di altre sostanze, non meno assurde di quelle che puniscono il consumo di marijuana anche se si tratta di sostanze sicuramente più pericolose per la salute. L’ipocrisia di Manconi è inoltre plateale, solo ad agosto dichiarava, in veste di autore di «Legalizzare la droga: una ragionevole proposta di sperimentazione», di non aver dubbi sul fatto che la via uruguaiana alla regolamentazione del mercato della marijuana sia quella giusta:

“Per quel che ne so, è un’ottima legge, una normativa di legalizzazione che è l’esatto contrario della liberalizzazione clandestina che vige in Italia, dove una sostanza fuori legge è venduta a qualsiasi ora in una moltitudine di “esercizi”.

MANCONI DOPO LA CURA RENZI – Situazione che ovviamente la sua proposta non cambierebbe, perché solo una minoranza dei consumatori risolverebbe con la produzione in proprio, che è un po’ come costringere chi mangia pomodori a poter mangiare solo quelli che si coltiva e non può essere la soluzione capace di soddisfare la domanda in generale, figurarsi poi quella dei giovani maggiorenni che vivono in famiglia o di chi non ha la possibilità materiale di attrezzarsi una serra con discreta efficienza e costanza e non perdere un colpo, pena il digiuno. Ma la proposta di Manconi non è sua, è la proposta di Matteo Renzi che prima tentato una supercazzola sul tema, definendo a  «Otto e mezzo» ha definito «schizofrenico un Paese in cui si passa dal proibizionismo più totale alla liberalizzazione delle droghe leggere» (aka «schizofrenico un Paese in cui si passa dal matrimonio indissolubile al divorzio» e infinite varianti) e poi è giunto alle stesse conclusioni poi esplicitate dal Movimento 5 Stelle: «Iniziamo a rimettere la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti e mettiamo in prova chi è stato arrestato per detenzione di droghe leggere». Cosa voglia dire mettere in prova chi è stato arrestato non è chiaro, ma almeno ora è chiara la proposta di Renzi e del PD. Una proposta che non depenalizza il consumo di marijuana e non libera i consumatori dall’incubo dell’arresto o di conseguenze sgradevoli, per una condotta che anche il PD in teoria ritiene non offenda alcun interesse pubblico e debba essere rimessa al libero arbitrio dei cittadini.

gianni favaUN CIRCO DISGUSTOSO – Un disastro e un’ipocrisia da togliere il fiato ovunque si volga lo sguardo e non può certo consolare l’uso disinvolto e fungibile che ha fatto Vendola dei termini liberalizzare, depenalizzare e legalizzare. Per quanto indichino soluzioni più coraggiose e coerenti con la realtà e con la sua storia personale, è chiaro che Vendola da solo non può nulla e che non gli costi niente tenere sventolare quella bandiera all’occasione. Se poi si considera che tutta questa corsa al niente è stata scatenata da un tweet solitario di un leghista, rimbalzato senza capirne molto da Maroni che poi se ne è dissociato, è chiaro come a nessuna forza politica interessi veramente depenalizzare l’uso della cannabis,ma solo cavalcare l’onda del momento. E ancora meno interesse c’è a legalizzarlo come già hanno fatto in Uruguay e negli Stati Uniti, proprio il paese che ha imposto al resto del mondo il proibizionismo e l’ostracismo alla marijuana e alle droghe in generale. La nostra classe politica è evidentemente molto più indietro di quelle americane sul tema e non riesce ad andare oltre a questi esercizi d’ipocrisia anche quando è stimolata dalla visione del mondo che si allontana da una soluzione che si è già dimostrata più che fallimentare.

SAREMO LIBERATI DAGLI AMERICANI? – A questo punto forse per vedere la legalizzazione della marijuana bisognerà davvero attendere input da Washington o da Bruxelles, perché è chiaro che nel nostro parlamento non c’è proprio la volontà di fare altro che mettere il rossetto a quel grosso maiale che è la Fini-Giovanardi. Un approccio falso, ipocrita e untoso, tipicamente democristiano, che anche il Movimento 5 Stelle ha dimostrato di aver imparato a padroneggiare in fretta, con il quale i partiti cercano di lucrare comunque consenso da una situazione che li vede schierati nettamente contro il volere espresso dagli italiani nel referendum del 1993, ribadito costantemente da tutti i sondaggi e anche dal dato che vede il nostro paese, nonostante la presenza di una legge proibizionista e inutilmente punitiva, al secondo posto in Europa per numero di consumatori di cannabis.

UNA CLASSE POLITICA OLTRE – Un dato che da solo testimonia senza dubbio alcuno che il proibizionismo ha fallito il suo obiettivo principale, quello di limitare o reprimere il consumo, e che limare la Fini-Giovanardi significa solo perseverare in una politica fallimentare, calata dall’alto di leadership di partito che impongono soluzioni che nel paese reale sono in netta minoranza. La leadership del PD, quella dei partiti di destra e quella del M5S sono invece perfettamente allineati ideologicamente sul tema, l’unica differenza è nella quantità di seccature inutili che ritengono giusto procurare ai consumatori di cannabis. Anche quelli che in quei partiti dicevano di essere «oltre» o a favore della depenalizzazione, alla prova dei fatti si sono rivelati ipocriti o foglie di fico messe in minoranza nei rispettivi partiti, improvvisamente muti e comodamente allineati alla casta proibizionista.

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