Monte dei Paschi di Siena, la nazionalizzazione strisciante

29/12/2013 di Redazione

Nessun interesse a nazionalizzare il Monte dei Paschi di Siena. A ventiquattro ore dal via libera al maxi-aumento di capitale da 3 miliardi di euro, il ministero dell’Economia e delle finanze plaude al risultato incassato all’assemblea degli azionisti di Siena e mette in chiaro la sua posizione: la priorita’ per Via XX settembre, ha detto all’ANSA un portavoce del ministro Fabrizio Saccomanni, e’ chiudere l’operazione nei tempi stabiliti, rimborsare il 70% dei Monti bond entro il 2014 come promesso alla Commissione europea, restituendo cosi’ i soldi agli italiani.

MONTE DEI PASCHI DI SIENA, LA NAZIONALIZZAZIONE – E per farlo, sottolineano le stesse fonti, e’ necessario che le parti in causa, ovvero Fondazione e banca in prima persona, continuino a lavorare nell’ottica di trovare una soluzione per la cessione delle quote di Palazzo Sansedoni (33,5% della banca) e realizzare l’aumento di capitale tra maggio e giugno come stabilito dall’assemblea. L’intervento del Mef arriva dopo settimane di silenzio in cui, spiegano le stesse fonti, il ministero ha lavorato attivamente sia nella ricerca di un accordo per le quote dell’ente sia per raggiungere il risultato ottenuto ieri, il cui merito va riconosciuto soprattutto al management della banca rappresentata da Alessandro Profumo e Fabrizio Viola. Intanto, pero’ chi si dice preoccupato della situazione sono i sindacati di categoria (Fabi, Fiba, Fisac e Uilca) che, ”alla luce dell’assemblea degli azionisti e della contrapposizione tra i vertici della banca e la fondazione”, chiedono un incontro urgente con il Governo e, in particolare, col ministro Saccomanni. Ma prima che questo accada, gli occhi sono gia’ tutti puntati su Piazza Affari. Alla luce dello strappo registrato tra i vertici della banca e la presidente della Fondazione Antonella Mansi, con quest’ultima che ha ottenuto il rinvio dell’operazione di cinque mesi, domani il titolo va alla prova mercati. Una prova alla quale e’ stato sottoposto gia’ venerdi’ scorso quando, col rinvio dell’assemblea in seconda convocazione per il mancato raggiungimento del quorum, ha registrato un tonfo del 2,15% a 0,17 euro.

LE DUE VISIONI OPPOSTE – Nel fine settimana, dunque, a Siena si sono scontrate due visioni diverse, ma quello che e’ abbastanza chiaro, nonostante il tifo sfrenato della citta’ del Palio per la giovane presidente dell’Ente, e’ che tutto, questa volta, passa e viene deciso sopra una citta’ che non ha piu’ il potere di pochi anni fa, che non e’ piu’ in grado di gestire da sola la terza banca italiana. Ecco perche’ anche la Mansi forse rappresenta piu’ altre realta’ come quella del sistema delle Fondazioni bancarie. Alla Mansi, chiamata a guidare una Fondazione senza piu’ un euro in cassa, come disse Antonio Paolucci, consigliere della Deputazione generale al suo insediamento, era stato assegnato proprio il compito di salvare quel patrimonio: anche per questo, come ha ricordato ieri agli azionisti, non poteva votare per la ricapitalizzazione a gennaio pur conscia che l’aumento da 3 miliardi proposto da Profumo e dall’ad Fabrizio Viola e’ fondamentale per il futuro del Monte.

LA RISPOSTA DEI MERCATI – Dalla risposta che arrivera’ dai mercati si capira’ anche quanto questi credono nelle possibili dimissioni di Profumo. Lui ha detto che di questo parlera’ solo davanti al Cda. Per ora il consiglio e’ convocato per il 16 gennaio ma qualche consigliere si aspetta una convocazione gia’ nei primi giorni dopo l’Epifania. Qualcuno non esclude che a Profumo venga chiesto di restare. Solo lui potra’ dare la risposta sapendo che a Siena il toto-nomine e’ gia’ partito. Carlo Salvatori e Lorenzo Bini Smaghi sono tra i nomi che si fanno per la sua sostituzione, con il primo preferito all’ex membro del board della Bce. (ANSA)

Share this article