Babbo Natale porta l’acqua in Etiopia

Portare l’acqua dove c’è bisogno, filtrarla, pulirla nel cuore dell’Africa. È la passione di Silvano e Sandro Santilli che da anni con la ditta Rift Valley Water Technology forniscono impianti relativi alle forniture di acqua e servizi igienico-sanitari. Così ora in Etiopia curano un progetto particolare con prodotti che variano. «Dall’unità più piccola – spiega Silvano – che produce circa seimila litri di acqua pulita all’ora, a quella più grande che ne produce circa 20 mila, unità che funzionano con moto pompe e senza bisogno di corrente elettrica la quale naturalmente in quei luoghi non esiste». Come? L’acqua viene raccolta in vasche smontabili e trasportabili che possono raggiungere i vari “water points”. «Uno degli ultimi prodotti – spiega – è l’”Eco1 River” che ne produce 20/25 litri all’ora, per piccole comunità di 100/150 persone , che tratta l’acqua di fiume o di lago che viene raccolta direttamente nei loro contenitori (Jerikans), senza l’uso di vasche di raccolta e anche questo senza l’utilizzo di energia elettrica». Così Babbo Natale sotto l’albero in Etiopia porta tutt’altro. «I momenti più belli – racconta Silvano – sono ogni qualvolta metti in moto un impianto e leggi negli sguardi della popolazione la meraviglia insieme all’incredulità di vedere quell’acqua di fiume torbida e scura che hanno bevuto da quando sono nati, in acqua completamente chiara e trasparente».

acqua natale Etiopia

(L’acqua prima e dopo il trattamento. In copertina i ragazzi di Merti Second camp che ora bevono acqua pulita)

Come è nato il vostro progetto?

Trattare l’acqua per scopi umanitari è stato un sogno che insieme a mio fratello abbiamo coltivato sin da quando eravamo ragazzi e frequentavamo l’isituto per geometri di Addis Ababa. Ed è stato sin da allora che abbiamo iniziato ad interessarci e ad approfondire la materia. Tutto quello che riguardava l’acqua ed i suoi metodi di filtrazione erano oggetto di curiosità morbosa che automaticamente ci portavano a fantasticare su nuovi e possibili sistemi di depurazione. La conferma finale poi la abbiamo avuta quando, finite le scuole, mio padre ci portò in Italia e ci lasciò per due mesi a fare un corso specifico sull’acqua presso la Culligan Italiana di Cadriano di Granarolo in provincia di Bologna, una delle migliori ditte del settore e della quale eravamo già agenti per l’Etiopia. Trattare l’acqua era quello che effettivamente volevamo fare. Dopo diversi anni, l’occasione che comunque non ci aspettavamo.

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(Foto Facebook Rift Valley Water)

Quale?

Avevamo appena finito di costruire un filtro mobile nel piccolo compound della nostra ditta in Addis Abeba tra spazi molto limitati e stretti, quando venne casualmente a farci visita l’allora capo dell’Oromia Water Bureau, oggi Ministro della Water, Mineral and Energy Bureau che vide il filtro che eravamo riusciti a costruire e di conseguenza il potenziale da poter mettere a disposizione del paese. Fu così lui a spingerci e ad aiutarci ad ottenere un terreno a 40 km da Addis Abeba (Bishoftu) dove oggi sorge la nostra nuova attività, la Rift Valley Water Technology, dicendoci che dovevamo assolutamente dedicarci a tempo pieno a progettare nuove tecnologie che avrebbero apportato un aiuto importante a combattere la siccità e dato la possibilità a quelle popolazioni in zone altamente disagiate, di poter bere acqua pulita e batteriologicamente pura. Da lì l’idea di concentrarci a trovare il filtro giusto che non procurasse problemi di manutenzione e soprattutto un filtro che qualsiasi persona con nessuna o poca conoscenza tecnica potesse usare facilmente in qualsiasi luogo e momento, il tipico filtro per le situazioni di emergenza. Oggi dopo i primi 10 anni di attività e avendo l’Unicef inserito la nostra ditta nella Task Force insieme a tutte le alter NGO’s per combattere l’AWD (Acute Watering Desease) in Etiopia, possiamo dire che stiamo contribuendo in maniera vigorosa per cercare di alleviare questo problema. E’ anche motivo di orgoglio sapere che intorno a tutto il confine etiopico, tutti i campi rifugiati gestiti dall’Unicef che una volta usava filtri importati dall’Europa , oggi usa i nostri.

Attualmente siete in Etiopia. In che zone operate? Quali sono i problemi che avete riscontrato?

Oltre ai ‘refugee camps”, abbiamo delle unità di trattamento non per emergenza che sono mobili, ma convenzionali, cioè stazionarie e che lavorano con la corrente elettrica, montate in diverse zone dell’Etiopia, quali paesi e fabbriche. I problemi che incontriamo sono vari, logisticici e organizzativi. Come logistici intendiamo la concentrazione dei materiali che dobbiamo in anticipo preparare per quando si esce fuori dalla capitale per raggiungere quei luoghi, dove pensare di poter trovare una sola vite o bullone è pura utopia. Per quanto riguarda invece l’organizzazione, l’ingranaggio è un po’ più complesso. Parte dei materiali che usiamo devono essere comunque importati e per ottenere I permessi di importazione da parte della banca, vista la scarsità di valuta estera i tempi sono molto lunghi. Nonostante i trattamenti sono quasi interamente prodotti per l’ottanta per cento con i materiali locali, abbiamo comunque bisogno di accessori per la rifinitura finale che nel mercato locale sono assenti, accessori che devono essere comunque importati dall’estero e come estero noi intendiamo Italia, visto che usiamo solamente prodotti con il “made in Italy”. Per quanto riguarda invece la sicurezza posso confermare che non abbiamo mai avuto problemi. Noi in Etiopia ci siamo nati e cresciuti, e posso assicurarvi che anche nei momenti più difficili che il paese ha passato durante le rivoluzioni e cambiamenti di governo, non vi è mai stato un solo caso che abbia potuto compromettere la serenità delle comunità internazionali che vivono in questo paese.

Quale è l’attuale situazione nei campi profughi? Cosa manca per l’approvigionamento idrico?

Come situazione generale nei campi profughi, l’Unicef insieme a tutte le alter NGO’s presenti in Etiopia tipo Unhcr, Save the Children, Oxfam America, Usaid etc, compiono un ottimo lavoro cercando di sopperire a tutte le necessità e difficoltà che ci sono e che si incontrano nel gestire l’andamento dei campi profughi, che nonostante l’ammontare di persone, devono pensare di organizzare non solo l’approvigionamento idrico (i campi profughi sorgono quasi tutti vicino una sorgente d’acqua, fiumi, laghi) ma tutto quello che riguarda la logistica, cibo, vestiti trasporti, etc, ed io che ho avuto l’occasione di visitarli, è come dover interamente gestire un intero paese di 30/40/50 mila persone. Un lavoro non facile, e penso che meglio di come fanno queste organizzazioni internazionali non credo si possa fare.

I ricordi più belli? Avete mai pensato di mollare davanti alle difficoltà?

Forse il ricordo piu’ bello è stato quando sono riuscito ad ottenere dal governo, il terreno sul quale, io e mio fratello Sandro, potevamo realizzare il sogno di poter costruire quello che oggi è la nostra attività, nonostante le lungaggini burocratiche e le mille difficoltà che abbiamo attraversato, ma con la voglia di fare e non fermarci mai al primo ostacolo. Ma sicuramente i momenti più belli sono ogni qualvolta metti in moto un impianto e leggi negli sguardi della popolazione la meraviglia insieme all’incredulità di vedere quell’acqua di fiume torbida e scura che hanno bevuto da quando sono nati, trasformata in acqua completamente chiara e trasparente e i bambini che sfogano con urla e sorrisi la loro gioia attaccandosi ai rubinetti per bere a volontà. Tutto questo è impagabile. E come potremmo solamente pensare di poter mollare alla prima difficoltà. Le difficoltà non mancano e non mancheranno mai, ma questa è l’Africa e la devi prendere e amare per quello che è, ed io e mio fratello Sandro che con le nostre famiglie allargate sono ormai cinque generazioni che viviamo qui, siamo e ci sentiamo africani e condividiamo i piaceri e i dolori che questa meravigliosa terra ci ha offerto e ci continua ad offrire.

L’acqua in Africa. Si parla tanto di siccità ma con poco si può fare tanto. E come?

È vero. Si parla tanto di Africa e siccità. Ma non ci vuole poco per fare tanto. Ci vuole tanto per fare purtroppo ancora poco. Gli spazi sono immensi e i problemi sono infiniti, non tutti i villaggi hanno la fortuna di avere sorgenti d’acqua a portata di mano. E allora si deve intervenire con trasporti di autobotti con costi elevatissimi e la logistica gioca un ruolo fondamentale e importante ma ripeto, costoso. L’istruzione manca e se ad un villaggio viene assegnato un impianto di depurazione, per semplice che sia, un minimo di conoscenza su come adoperarlo la devi comunque avere e allora si interviene con il “training day” per cercare di formare un gruppo di persone fra le più qualificate, per gestire ed usare qualsiasi tipo di trattamento. Nonostante l’impegno degli enti internazionali come l’Unicef, che quì in Etiopia ricopre un ruolo importante, è difficile gestire e risolvere i problemi che quotidianamente si presentano. Ci vorrebbero sicuramente un impegno e dei maggiori finanziamenti, ma in aggiunta contribuisce non poco la crisi mondiale che stiamo vivendo e i tagli ai fondi stanziati non solo non sono sufficienti a migliorare le condizioni attuali ma nemmeno a mantenere quello che è stato o si tenta di fare.

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