L’ospizio che fa fumare marijuana ai vecchietti

15/03/2011 di Redazione

Esperimento cominciato dieci mesi fa in Israele. L’erba viene coltivata in Galilea

Ne parla Francesco Battistini sul Corriere della Sera: nel mezzo di 650 ettari coltivati e d’un kibbutz, il Naan, famoso tra gli agronomi per un suo sistema d’irrigazione, da dieci mesi, qui si sperimenta un nuovo modo d’assistere gli anziani “problematici”, ovvero quelli con malattie come il morbo di Parkinson o l’Alzheimer in stadi avanzati. Tutti i dementi che di solito campano a cocktail di farmaci, sorvegliati senza sosta, talvolta legati, comunque persi nei loro labirinti di tremiti, di grida, di smemoratezza. Il primo ospizio al mondo che somministra marijuana.

Origine controllata del tipo «Erez», foglia grande. Trentasei pazienti. Tre volte al giorno. Un protocollo autorizzato da governo e famiglie: «Cercavamo una via per dare qualità alla fine della vita—dice la geriatra Inbal Sikorin —. Sapevamo come farli sopravvivere, non come farli vivere in modo dignitoso. La morfina, i farmaci danno sempre un sacco di problemi: vomito, costipazioni, spesso peggiorano il quadro complessivo. Non credevamo che un semplice spinello li cambiasse in questo modo».

La cannabis, ovviamente, non guarisce. Ma lenisce:

Vecchietti e bambini, malati terminali e agonie interminabili. In Israele, l’uso medico della cannabis lo studiano dal ’64. Ora è prassi. C’è un elenco di malattie per le quali il ministero autorizza la prescrizione. E in alcuni ospedali, da Tel Hashomer all’Hadassah, mescolata nei lecca-lecca o nei biscottini della merenda, la marijuana viene testata anche su un campione di 480 piccoli malati di cancro, dai 2 ai 12 anni: «La usiamo sui bambini per ridurre gli effetti della chemioterapia, i conati, la perdita di capelli — spiega il professor Raphael Meshulam della Hebrew University —. Finora ricorrevamo soprattutto all’olio di cannabis, sotto la lingua del paziente. Ma in categorie particolari, giovanissimi e anziani, è più efficace farla mangiare o fumare». L’erba ai pazienti in erba: e il rischio d’assuefazione? «La sperimento su di loro da tempo, non ho mai avuto nessuna controindicazione. L’unico problema è vincere lo scetticismo e il pregiudizio».

C’è anche un problema etico: non è troppo facile zittire i malati drogandoli?, chiede Battistini. La risposta è disarmante:

«Ah sì? È meglio farli fumare o siringarli d’insulina? Chieda a questi anziani… ». Nel fumoir c’è Moshe, pittore- scrittore di 78 anni, sopravvissuto alla Shoah, convivente del Parkinson. «Tremava, straparlava… ». Da sei mesi ha ripreso a disegnare con la china, legge libri. «Non riuscivo nemmeno a prendere un bicchiere d’acqua», si ricorda: «Ora mi danzano le mani, le gambe, la testa! E parlo!»

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