Tutta la mafia della Lombardia

24/09/2013 di Donato De Sena

L’arresto della figlia e del genero di Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore che Paolo Borsellino considerava al centro del riciclaggio del denaro sporco della mafia siciliana in Lombardia, riaccende i riflettori sul problema della criminalità organizzata a Milano e dintorni, già emerso in occasione delle inchieste e gli arresti che hanno sfiorato e talvolta colpito la politica regionale. Quanti e quali sono, dunque, i clan e le famiglie di Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra che operano all’ombra della Madonnina? Un quadro piuttosto chiaro viene fornito dalle relazioni semestrali del Ministero dell’Interno riguardanti l’attività svolta e i risultati conseguiti su tutto il territorio nazionale dalla Direzione Investigativa Antimafia.

 

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COSA NOSTRA – L’ultimo rapporto del Viminale, relativo al secondo semestre del 2012, racconta innanzitutto del reinvestimento in Lombardia di capitali illeciti da parte della mafia siciliana attraverso «figure professionali dotate di competenze specifiche in materi tributaria, finanziaria e fiscale». Ed elenca diverse operazioni delle forze dell’ordine. Si segnala innanzitutto l’indagine della Guardia di Finanza coordinata dalla Dda che ha condotto al sequestro di beni per 5 milioni di euro riconducibili a due fratelli già condannati a vario titolo per associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti e ritenuti contigui ad organizzazioni mafiose di Vittoria, in provincia di Ragusa. Viene menzionato il rinvio a giudizio dell’ex presidente di una banca d’affari svizzera con sede legale a Lugano e filiali, oltre che a Milano, a Nassau (Bahamas), Dubai (Emitati Arabi Uniti) e Lussemburgo, e il contestuale rinvio a giudizio di altri cinque indagati, tra cui due costruttori siciliani e un noto professionista, con l’imputazione di intestazione fittizia di beni aggravata dalla finalità mafiosa. Si cita l’operazione Dionisio dei dei Ros di Milano che ha condotto a 52 provvedimenti restrittivi nei confronti di persone residenti nell’hinterland milanese, ma anche a Bergamo e Varese, accusati di far parte di un’organizzazione dedita al traffico internazionali di stupefacenti aggravato dalle finalità mafiose. Il gruppo criminale, che importava ingenti quantitativi di cocaina dalla Colombia e dall’Ecuador, era legato alle cosche reggine della ‘ndrangheta e aveva coinvolto anche soggetti contigui alla famiglia dei Fidanzati di Palermo e ad organizzazioni mafiose di Gela, in provincia di Caltanissetta.

‘NDRANGHETA – Per quanto concerne la criminalità organizzata calabrese la Dia continua a segnalare un’«insistente capacità di penetrazione nel tessuto socio-politico-economico». Lo ha dimostrato in particolare l’indagine che ha portato all’emissione di un ordine di custodia cautelare nei confronti dell’assessore alla Casa della Regione Lombardia e di altri venti indagati. Al principale politico coinvolto nell’inchiesta è stato contestato il reato di scambio elettorale politico mafioso, di concorso esterno in associazione mafiosa e di corruzione, con l’aggravante di aver negoziato le promese di voti con due persone in rapporti di contiguità con la mafia. Altri riscontri investigativi hanno poi confermato la centralità dei gruppi criminali calabresi nel traffico di stupefacenti. I carabinieri di Varese, ad esempio, hanno eseguito una misura cautelare a carico di undici persone per traffico internazionale di armi e droga. La Squadra Mobile di Milano ha eseguito una misura cautelare nei confronti di 37 persone ritenute appartenenti ad un’organizzazione dedita all’importazione di cocaina dal Sudamerica (dall’indagine è emerso che il sodalizio era diretto da soggetti originari di Locri, in provincia di Reggio Calabria, ma residenti in provincia di Milano e contigui alle cosche ‘ndranghetiste dell’area a Sud Ovest dell’hinteland milanese, federati ai Papalia). L’operazione Ulisse dei Ros ha condotto invece all’arresto di 37 persone appartenenti ai locali di ‘ndrangheta di Giussano e Seregno, nella provincia di Monza Brianza, ai quali sono stati contestati i reati di detenzione illegale di armi, usura ed estorsione (dalle indagini è emerso che alcuni degli indagati disponevano di armi da guerra come mitragliatori Kalashnikov e mitragliette Uzi). Nell’ambito dell’operazione Blue Call, coordinata dalle Dda di Milano e Reggio Calabria, sono stati eseguiti provvedimenti restrittivi nei confronti di elementi di spicco della cosca Bellocco di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, ritenuti responsabili di associazione mafiosa, detenzione di armi, riciclaggio, rapine ed intestazione fittizia di beni (le attività del gruppo criminale Bellocco in Lombardia sono risultate indirizzate anche all’acquisizione di una società di call center, e al campo della ristorazione, con l’acquisto di un ristorante in provincia di Brescia). Infine, nel secondo semestre del 2012, gli esiti delle indagini sulla cosca Lampada-Valle, le cui attività sono risultate agevolate da un gruppo di sostegno formato da funzionari pubblici e forze dell’ordine, hanno condotto alla condanna a 4 anni di reclusione e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici nei confronti di un ex magistrato, responsabile di concorso in corruzione aggravata dalla finalità mafiosa.

 

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CAMORRA – In Lombardia si fa viva anche la camorra. La propensione dei clan campani a spostare i loro interessi nelle altre regioni sembra infatti negli ultimi anni immutata. L’attenzione dei gruppi criminali napoletani è infatti tradizionalmente rivolta a tutte le aree del paese maggiormente sviluppate, per le grandi capacità di reinvestimento che offrono. Non a caso, nel 2012, l’operazione Fulcro ha messo in luce le proiezioni del gruppo Fabbrocino, egemone nell’area nolana, in diverse parti della penisola: dalla Calabria alla Lombardia, passando per il Lazio, l’Abruzzo, l’Umbria, l’Emilia Romagna e le Marche. In Lombardia, è poi emersa la presenza, oltre che dei Fabbrocino, del clan Belforte di Marcianise, in provincia di Caserta, che mediante un suo affiliato, da tempo residente nella regione, gestiva un’attività di diffusione di videogiochi in esercizi pubblici, attraverso due società, una con sede ad Arzano, in provincia di Napoli, e un’altra con sede a Milano. Lo stesso affiliato è risultato poi legato anche alla cosca ‘ndranghetista dei Valle-Lampada, operante nel settore delle slot machine nelle province di Milano e Pavia.

CRIMINALITÀ STRANIERA – Relativamente alla criminalità straniera, la Lombardia si rivela terreno battuto da organizzazioni di diversa nazionalità. In particolare a Milano e dintorni risulta maggiore che in altre regioni l’incidenza dei reati associativi commessi da gruppi romeni o cinesi. La Dia ha rilevato nel 2012 legami sempre più stabili tra clan romeni e italiani di stampo mafioso. «Le organizzazioni romene, in costante espansione, stanno consolidando – spiega oggi il Ministero dell’Interno – le posizioni conquistate ripercorrendo le tappe evolutive che hanno caratterizzato l’escalation della malavita albanese». In altre parole i gruppi criminali romeni si sono dotati di strutture organizzative più adeguate, essendosi impeganti in collaborazione con sodalizi multietnici nella tratta di esseri umani, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nella riduzione in schiavitù e nello sfruttamento della prostituzione. Per quanto riguarda la criminalità cinese, invece, l’organizzazione risulta maggiormente attiva nel campo dello sfruttamento della prostituzione, dell’importazione, produzione e vendita di merci contraffatte, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e dell’impiego di manodopera illegale. La Dia rileva, però anche un’altra serie di gravi reati commessi dai gruppi cinesi finora esclusivamente in danno dei propri connazionali: narcotraffico e spaccio di sostanze stupefacenti, gestione e controllo del gioco d’azzardo e delle bische clandestine, estorsione ed usura, riciclaggio, anche mediante l’utilizzo di agenzie di money transfer, per il trasferimento di grosse somme di denaro verso il paese d’origine.

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