La verità dietro il sequestro dei delfini di Rimini

Quattro delfini appartenenti alla specie ‘Tursiops truncatus’,ovvero il ‘delfino dal naso a bottiglia’, sono stati sequestrati dal Corpo forestale dello Stato al delfinario di Rimini. «Il sequestro- spiega una nota Cfs – è stato disposto dal Giudice per le indagini preliminari di Rimini su richiesta dalla Procura della Repubblica dello stesso Tribunale, a seguito di indagini eseguite dal Corpo forestale dello Stato – Servizio Centrale Cites – che era intervenuto presso la struttura a fine luglio». Alfa, i figli Sole, Luna e Lapo, nati e cresciuti nel delfinario finiranno all’acquario di Genova.

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SEQUESTRO SGRADITO – Gli esemplari sequestrati sono due femmine e due maschi. Il più piccolo di loro circa sei anni. Al loro arrivo nei nuovi acquari saranno inseriti nelle due vasche curatoriali, non visibili al pubblico per via della prassi del periodo di quarantena da seguire. Il sequestro riminese arriva dopo una serie di articoli sui media e attacchi da parte del fronte animalista. Eppure sembra che alla fine della fiera l’azione sia apprezzato da pochi. Romagna noi riporta:

Piange e protesta la proprietaria della struttura Monica Fornari, l’assessore Biagini è “molto rattristato”, così altri esponenti politici e civici presenti ieri sera al Delfinario. E persino gli ambientalisti, contrari alla cattività in cui erano tenuti i delfini, non condividono il provvedimento che porterà altro stress agli animali. Così è segnata la sorte di un impianto turistico storico di Rimini, con turisti e posti di lavoro connessi.

guarda la gallery: 

I PRECEDENTI E IL LEGALE – Il legale del delfinario Massimiliano Bacillieri (e Responsabile dell’Ufficio Legale Nazionale di FederFauna) ha fatto notare nei giorni precedenti uno sistematico attacco alla struttura e all’attività dei delfinari. In particolare punta il dito contro l’articolo del 3 luglio scorso, comparso su Redazione Online, dove l’ex ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla, senza far riferimento a dati scientifici etichetta i delfinari italiani come “pura barbarie”. Nel mentre sempre più pezzi hanno “sponsorizzato” la campagna Lav, Marevivo, usando anche alcuni personaggi del mondo dello spettacolo. La campagna è chiara: si chiama SOS Delfini e invita al boicottaggio dei delfinari:

Gli spettacoli commerciali dei delfinari possono a prima vista sembrare divertenti, ma nascondono una realtà estremamente grave. Esistono prove scientifiche che dimostrano che i mammiferi marini soffrono gravemente in cattività a causa dell’impossibilità di soddisfare i loro bisogni comportamentali e fisiologici. Vivere in piccole vasche, senza nessun tipo di arricchimento ambientale, può provocare a questi animali un fortissimo stress, renderli aggressivi, ridurre la loro speranza di vita e provocar loro numerosi problemi di salute

LE COLLABORAZIONI DEL DELFINARIO – Peccato che i report sanitari dei singoli delfinari sono introvabili sul sito. Nel caso del Delfinario di Rimini i progetti attivati sono quelli dell’Istituto CNR di Scienze Marine di Ancona e numerose Universita’ tra cui Bologna, Pisa, Napoli, Ancona, Piemonte Orientale, Torino. La struttura, nata nel maggio 1995, è considerata un “fiore all’occhiello” delle interazioni e ricerca delle interazioni madre-figlio. Non solo, da anni è attiva una collaborazione con l’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Ancona che riguarda i sistemi biosonar dei delfini. E sempre sul sito si legge:

Tutti i delfini presenti presso il Delfinario di Rimini sono sottoposti ad esami veterinari di routine tesi a monitorare costantemente il loro stato di salute. Tra questi, figurano i prelievi ematici che vengono effettuati da parte di veterinari specializzati. In tale maniera, mediante l’invio di campioni di sangue, è possibile per il Delfinario contribuire a ricerche scientifiche di carattere genetico e biomolecolare promosse da Università e Istituti di Ricerca. In particolare è stato fornito un supporto per i seguenti studi: “Ricerca Telethon per lo studio evolutivo del gene Distrofina”, “Studio molecolare di Trinucleotidi instabili presenti nel genoma dei mammiferi”, “Ricerca Telethon per la definizione di uno schema genetico nell’evoluzione”, “Studio dell’epilessia genetica”, “Estrazione di DNA di tursiope per l’individuazione della presenza di cetacei in prodotti e sottoprodotti destinati ad alimentazione umana, pet-food e cosmesi”.

e anche…

Dal 2001 il Delfinario di Rimini collabora con il Dipartimento di Morfofisiologia Veterinaria e Produzioni Animali dell’Universita’ degli Studi di Bologna per la realizzazione di progetti sperimentali sulla Fisiologia dei Cetacei, con particolare riferimento alla determinazione di profili endocrini. Il delfinario fornisce gratuitamente i campioni istologici di cui ha disponibilità, dal 2013 il Delfinario di Rimini appoggia la “Banca per i Tessuti dei Mammiferi Marini del Mediterraneo”.

Il tutto, assicurano del delfinario, rispettando il benessere degli animali, senza arrecare trauma alcuno.

LE ACCUSE – Tra le irregolarità riscontrate però da Cfs c’è “assenza di riparo dal sole e dalla vista del pubblico, carenza di un adeguato sistema di raffreddamento e di pulizia dell’acqua, nonché vecchie vasche di contenimento irregolari non adatte a consentire un adeguato movimento dei tursiopi e a garantirne la salute fisica e psichica, costretti ad una convivenza coatta nel gruppo sociale dove erano inseriti”. Secondo il Corpo Forestale i delfini “non erano sottoposti ad un idoneo programma di trattamenti medici veterinari come testimonia l’assenza di vasche predisposte a tal fine, o adibite alla quarantena o ad ospitare le femmine durante il periodo di gravidanza e allattamento”. Oltre a questi illeciti è stato anche ipotizzato il reato di maltrattamento animale e sanzioni amministrative per circa 18.000 euro.

LIBERATELI TUTTI – Chi apprezza il sequestro riminese? Lav, Enpa e Marevivo denunciano: «Siamo certi che il primo cittadino saprà farsi garante della legalità, anche in questa delicata fase. Del resto da lungo tempo abbiamo segnalato inaccettabili irregolarità in questa struttura, tanto da chiederne l’immediato sequestro e la sua chiusura definitiva, anche per esercizio abusivo delle attività al pubblico poiché la struttura non possiede i requisti previsti dalle normative vigenti in materia». Ora si punta alle strutture di Riccione, Fasano e Torvaianica.

LA PAROLA AL VETERINARIO – Ma liberare i delfini è cosa buona e giusta? Abbiamo contattato Angelo Troi, Segretario del SIVeLP (Sindacato Italiano Veterinari Liberi Professionisti) che recentemente ha pubblicato un post intitolato “Delfinari sì o no?“. «Si pensa spesso – spiega – che gli animali vivano meglio in libertà. Ignorando però che si tratta di esemplari nati e cresciuti già all’interno di strutture. Se rilasciamo questi esemplari in natura questi hanno alte probabilità di non sopravvivere. A partire dalla difficoltà di cattura, aspetto valido specialmente per i delfini che in cattività fanno tutto un percorso specifico».

I PERICOLI DELLA NATURA – «L’animale – secondo Troi – vive bene in cattività rispettando determinati standard. Abbiamo però l’idea disneyana dell’animale in natura. La realtà non è così». Troi cita la recente strage di morbillivirus nei delfini (liberi) di Norfolk: «Le malattie dei delfini esistono e sono molte. Non bisogna confondere il welfare dell’animale ovvero alimentazione e spazi corretti (dettati dalle normative europee) con il wellness». Il delfinario spesso risulta come una gabbia visione, secondo Troi, sbagliata: «Sarebbe come liberare un cane nel prato, lasciarlo libero e dire che tutti quelli che hanno un cane al guinzaglio sbagliano. I delfinari hanno tutto l’interesse a far vedere animali che vivono al meglio, in salute. Liberarli spacciando il tutto per felicità significa non conoscere la natura. Se si dà la notizia per esempio dei cervi morti di fame in inverno, come si fa per esempio ad esser contrari al controllo del numero dei capi?». Gli elementi per cui un pm ha disposto il sequestro degli esemplari sono stati resi noti dal Cfs. Il tassello di Rimini però rischia di scatenare una escalation di boicottaggi (più o meno giustificati) verso l’attività economica dei delfinari. Ignorando che libertà (dalla cattività) non è quasi mai sinonimo di benessere e lunga vita.

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