La Francia e la sua guerra nascosta in Camerun

02/01/2011 di Leonardo Bianchi

Per molti anni l’opinione pubblica francese è stata tenuta all’oscuro sulla reale natura della guerra coloniale del secolo scorso. Ora, grazie ad un libro, la verità è finalmente emersa

Pochi lo sanno, ma dal 1948 al 1971 la Francia è stata coinvolta in una guerra coloniale e neo-coloniale in Camerun, iniziata sotto la quarta repubblica, continuata anche dopo la dichiarazione di pseudo-indipendenza camerunense il 1 gennaio 1960, e finita nella quinta repubblica. Una guerra non clandestina, ma praticamente segreta e dimenticata, dato che se ne è sempre parlato pochissimo: all’epoca la vera priorità era l’Algeria, e la stampa non faceva altro che accettare acriticamente le tesi dell’esercito francese. Inoltre, su questi fatti non è mai stato compiuto alcun lavoro storico/documentaristico degno di nota. Almeno fino ad ora.

DECOLONIZZAZIONE – “Kamerun! Une guerre cachée aux origines de la Françafrique (1948-1971)” è un libro che grazie a testimonianze di militari francesi e camerunesi, racconti di nazionalisti scampati ai massacri e migliaia di documenti diplomatici smentisce una volta per tutte la versione ufficiale della storiografia francese, tutt’ora insegnata nelle scuole, che vuole la decolonizzazione del Camerun come un processo pacifico e naturale, senza spargimenti di sangue o stragi.

LA GUERRA RIVOLUZIONARIA – E invece si è trattata di una guerra totale, una prova sul campo della dottrina della “guerra rivoluzionaria” teorizzata nel 1953 dal’ufficiale coloniale Charles Lacheroy e molto in voga tra i generali francesi, una guerra senza particolari distinzioni tra insorti, civili e militari. A fronteggiarsi c’erano la Francia (che amministrava il territorio sotto il mandato delle Nazioni Unite) e i ribelli dell’UPC (Unione della popolazioni del Camerun), che reclamavano l’indipendenza dal 1948.

Il conflitto vero e proprio scoppia nella primavera del 1955, quando diversi moti di piazza nelle grandi città vengono duramente repressi, costringendo così i militanti dell’UPC ad entrare nella clandestinità. L’esercito francese usa tutti i metodi possibili per reprimere la ribellione: omicidi mirati di leader dell’UPC (tra cui Ruben Um Nyobè nel 1958, Félix Moumié nel 1960 et Ernest Ouandié nel 1971); bombardamenti indiscriminati sulla popolazione; squadroni della morte con l’aiuto di esecutori locali; lavaggi di cervello e guerriglia psicologica su larga scala; tortura utilizzata come strumento di terrorismo di massa, sia contro gli oppositori che contro i civili.

QUANTI MORTI? – Un catalogo di orrori che che ha causato un numero decisamente elevato di morti, anche se il bilancio non è certo. Le stime su cui si basano gli autori del libro sono diverse. Secondo il generale Max Briand (capo delle operazioni militari) nel solo 1960 sarebbero morte 20mila persone. Per la rivista “Réalités” i morti andrebbero da 20mila a 100mila, tra il dicembre 1959 e il luglio 1961. Gli archivi britannici, citati dalla storica Meredith Terretta, stimano i civili uccisi da 61.300 a 76.300, tra il 1956 e il 1964. Infine, secondo il giornalista di Le Monde André Blanchet (che cita un ufficiale francese), ci sarebbero stati 120mila morti tra i Bamiléké (un gruppo etnico camerunense) fino al gennaio 1960.

UN REGIME FRANCO-AFRICANO – Ad una falsa indipendenza corrisponde naturalmente una falsa pace. Dopo il 1 gennaio 1960 la guerra continua, più cruenta che mai. La Francia, non più sotto l’egida dell’Onu, utilizza il Camerun come una sorta di laboratorio per l’installazione di un regime franco-africano (guidato dal presidente Ahmadou Ahidjo): iper-centralizzato, a partito unico, dipendente da Parigi. Ed infatti il potere reale non appartiene a chi guida il paese, ma a consiglieri, diplomatici e militari francesi che continuano di fatto a fare quello che vogliono. Dietro la facciata di un paese decolonizzato si assiste così ad una recrudescenza neo-coloniale, più nascosta e strisciante, che ha come obiettivo precipuo ed ossessivo l’eliminazione degli oppositori e dei ribelli. Finito l’interregno di Ahidjo, nel 1982 viene il turno di Paul Biya – che è tutt’ora presidente, grazie a brogli ed elezioni truccate. A differenza di molti altri stati africani il Camerun non ha mai subito un colpo di stato, ma rimane comunque uno dei paesi più corrotti al mondo, depredato di tutte le risorse naturali e schiacciato da un sistema imposto subdolamente dall’alto. Ora sappiamo con certezza chi ha voluto e chi ha materialmente strangolato nella culla un’intera nazione.

Share this article