Il mercato di Piazza Vittorio Emanuele sul New York Times

Roma: I clienti di tutto il mondo affollano il mercato alimentare di Piazza Vittorio Emanuele vicino alla stazione ferroviaria centrale di Roma. Qui si vende di tutto, dai pomodori italiani alle pesche, al basilico tailandese passando dal riso basmati fino alla carne halal, riporta il New York Times.

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IL MERCATO – “Ciao capo” grida un venditore dell’Asia meridionale a un collega italiano. Nelle vicinanze due suore indiane guardano alcuni dei prodotti esposti mentre una donna africana chiacchera la cellulare. Quello che una volta era il mercato della classe media italiana è diventato il cuore della Roma multietnica. In un paese ancora alle prese con l’immigrazione  – nel quale il primo ministro di colore viene insultato con epiteti razzisti – il mercato presenta una dimensione diversa, che vede un paese che nel futuro sarà una terra di immigrati, nel quale la convivenza sarà più facile grazie al commercio. “il mercato è cambiato molto con l’immigrazione”, ha detto Fausto Bonanni, 64 anni, che da 40 anni lavora al banchetto di famiglia doveve vende verdure biologiche, che ha aggiunto “All’inizio l’immigrazione era interna, qui venivano persone da Calabria, Puglia e Sicilia, poi con l’avvento di papa Wojtyla sono comparsi i primi immigrati polacchi”.

I PRIMI FLUSSI MIGRATORI – Nel 1990 sono iniziati ad arrivare i primi immigrati bengalesi, indiani, sudamericani e cinesi. Il quartiere è quindi diventato un punto di riferimento per i grossisti che vendevano souvenir di fabbricazione cinese che sarebbero poi stati venduti nei negozi turistici di Roma. Nel 2001 il mercato è stato spostato dalla piazza a uno spazio al coperto e in questi ultimi anni molti dei venditori italiani hanno ceduto la propria attività ai nuovi arrivati, ma non il signor Bonnani: “Mio padre ha lasciato questa bancarella a me e io la lascerò aI miei figli”, ha detto l’uomo mentre si trovava davanti ai prodotti freschi che coltiva in un terreno ricco di potassio di proprietà della sua famiglia che si trova lungo la Appia. “Ho detto ai miei figli di tenere bene quest’azienda perchè potranno campare solo con questa”, ha aggiunto l’uomo.

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IL NUOVO VOLTO DELL’ITALIA – La varietà di prodotti offerta nelle bancarelle del mercato mostra il volto nuovo dell’Italia. Si possono trovare funghi cinesi secchi, lemongrass, peperoncino, patate, spezie. Alcune bancarelle di sudamericani vendono succo di mango e Inca Cola, un macellaio polacco vende una grande varietà di salsicce, in un’altra bancarella si legge la scritta “felice Ramadan”. Gli immigrati vogliono lavorare e non hanno paura di fare i lavori che gli italiani non vogliono più svolgere” ha detto Bonanni. Il numero di immigrati che risiedono legalmente in Italia è triplicato negli ultimi dieci anni: sono cira 4,3 milioni su una popolazione di 59 milioni. I gruppi più numerosi provendono da Romania, Albania, Marocco e Cina, ma anche le cifre dei gruppi provenienti da altre zone del mondo stanno aumentando: rispetto al 2003, quando gli abitanti provenienti dal Bangladesh in Italia erano circa 20.000, nel 2011 la cifra è salita fino ad arrivare agli 82 mila.

UN PAESE ALLE PRESE CON IL RAZZISMO – L’Italia è un paese ancora alle prese con il razzismo. Alcuni calciatori di origine africana sono stati presi in giro per i lcolore della loro pelle durante le partite e il primo ministro italiano di colore Cecile Kyenge è stata offesa da un ex ministro della Lega Nord, Roberto Calderoli, il quale aveva detto che la Kyenge gli ricordava un orango. Abbandonando il discorso politico e tornando al mercato, Isabella Fontana, un’infermiera di 65 anni in pensione che si trova a piazza Vittorio per comprare dei pesci sostiene che “Piazza Vittorio è diventata China Town, ma non mi interessa, se la merce è buona non importa che sia cinese, giapponese o francese”. Mostafa Abdel-Wahab, un macellaio halal, ha detto di aver studiato scienze politiche in Egitto e di aver imparato a fare il macellaio al suo arrivo a Roma avvenuto nel 1982. Alla fine si è comprato la bancarella: “Quando sono arrivato c’erano specialità della mia terra che non potevo cucinare, mentre ora è più facile”, ha detto l’uomo.

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L’ITALIA IN DIFFICOLTA’ – La scrittrice Jhumpa Lahiri vive a Roma e ha scritto recentemente sul quotidiano La Repubblica che a differenza dei tanti immigrati italiani che cresciuti a Rhode Island hanno fatto la scalata sociale, i bengalesi che sono arrivati a Roma spesso hanno avuto l’esperienza opposta: “per molti di loro è difficile crearsi una nuova vita qui”, scrive la Lahiri, che aggiunge: “anche se vivono in Italia da molti anni, ancora si sentono ai margini della società. I loro figli, nati e cresciuti in Italia non sono cittadini italiani”. Jane Eke, una venditrice di 48 anni proveniente dalla Nigeria che vende patate e sacchi di riso a un bancarella del mercato dice di essere scoraggiata dall’Italia e di non essersi mai sentita accettata: “Non mi piace questo paese, ma non posso tornare a casa a causa dei miei figli”. La singora Eke ha detto che il marito era venuto in Italia per studiare all’Università, 20 anni fa ha rilevato la bacarella e la famiglia si è stabilita nella penisola, nella quale la coppia ha cresciuto i tre figli. Quello più giovane, Ugo, di 17 anni, aiuta la famiglia alla bancarella: parla italiano ma non la lingua del paese d’origine della madre. La loro figlia invece si è diplomata all’università “ma termintati gli studi non ci sono prospettive di lavoro” ha detto la signora Eke, facendo riferimento alla crisi occuopazionale giovanile che attanaglia l’Italia: “stiamo cercando di farli andare a cercare lavoro nel Regno Unito”, ha concluso la donna.

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