Quando il giovane Gasparri andava in piazza a urlare slogan fascisti

Il capogruppo del PdL al Senato, le manifestazioni anti Gelmini, gli arresti preventivi per gli studenti rossi e quel passato da fomentatore della piazza nera.

Le fonti sono unanimi e concordi: Maurizio Gasparri, negli anni ’70, era quello che si definirebbe “un imboscato” della piazza. Niente azioni violente. Niente manganello. Niente estremismo. A suo dire, neanche troppo fascismo in quella base giovanile dell’Msi che, negli anni di piombo, si faceva un vanto del suo mussolinismo. Gasparri, più moderato, più gelatinato, giovane dirigente, attento alla gerarchia e alla carriera, non sarebbe mai sceso in piazza: “Io, a gridare slogan, non lo ricordo affatto”, scrive oggi, con una punta di critica, Francesco Storace, che invece, all’epoca, le mani le menava e non poco – fu anche espulso dal suo liceo.

MSI – Ma, fino alla connivenza, non mancava. Per il capogruppo dei Senatori del PdL che oggi invoca le misure prese nel 7 aprile del 1979 in cui l’intera dirigenza dell’estremismo rosso – ben nota, in realtà – fu arrestata preventivamente per sovversione armata ai danni dello Stato, senza aver quindi ancora commesso nulla, la piazza aveva comunque il suo richiamo. E’ stato lui, tempo fa, a dichiararlo: in occasione della presentazione del libro di Nicola Rao, “Il Sangue e la Celtica – storia armata del Neofascismo”, nel maggio dello scorso anno, il già ministro delle Telecomunicazioni ritenne di levarsi qualche sassolino dalle scarpe, di togliersi qualche peso dalla coscienza, prontamente ripreso da Luca Telese sul Fatto Quotidiano: “Sono convinto che alcune di quelle bombe, che hanno insanguinato l’Italia negli anni Settanta, le abbiano messe persone ascrivibili all’area della destra”, disse, e fu un affermazione di un qualche valore per chi proveniva da un mondo che aveva sempre cercato di negare qualsiasi coinvolgimento con le bombe degli anni di piombo. E quale il ritratto del giovane Gasparri?

Sono del 1956, ma entro al liceo Tasso nel 1969, perché ero un anno avanti. A dicembre, quando scoppia la bomba, sono considerato “il missino” della scuola. C’è qualche imbecille che pensa di vendicare la strage riempiendo di botte me…». In sala qualcuno sorride, altri imprecano, Gasparri stupisce ancora. Alla domanda se abbia mai inneggiato ai golpisti, risponde: «Anch’io ho gridato lo slogan “Ankara-Atene-Adesso Roma viene”. Non perché odiassi la democrazia… Ci sembrava che quelle dittature fossero una risposta estrema, ma necessaria, all’avanzata del comunismo nel mondo. So che sembra una follia, ma allora c’erano regimi militari, para-militari o neofascisti in Turchia, in Grecia, in Portogallo, in Spagna, dove era ancora vivo Franco. Insomma, sembrava che ad essere in minoranza, nel Vecchio continente, fossero le democrazie». Poi il capogruppo fa una pausa: «Ho gridato anche “Basta con i bordelli/ vogliamo i colonnelli!”. Ricordo bene il colonnello Papadopoulos e il suo vice Patakòs. Ma le cose sono complesse, per noi contava molto di più la situazione italiana. Nel 1972 il Msi è al suo massimo storico, lo slogan era: “Arriva maggio/ forza e coraggio”».

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