Editori online e Google, AMP è in declino?
Il panorama dell'AMP di Google è in fermento e molti grandi editori stanno rinunciando alla tecnologia affermando che potranno fare più traffico senza
27/02/2022 di Ilaria Roncone
Partiamo rinfrescando la definizione di AMP di Google: si tratta di un programma che è stato creato per fare da concorrente agli Instant Article di Facebook e Apple News. AMP è un framework HTML open source ottimizzato per la navigazione web mobile il cui scopo è quello di aiutare le pagine web a caricarsi più velocemente da dispositivo mobile. Sono molti gli editori online – tra cui quelli di Bustle e The Verge – che hanno deciso di abbandonare l’iniziative mobile web di Google perché a favore di alternative che dovrebbero generare un maggiore traffico e, di conseguenza, più entrate pubblicitarie.
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Cosa succede agli editori che escono dall’AMP di Google?
La prima, immediata conseguenza è che le aziende di media in questione sarebbero un po’ meno dipendenti da Google e dal meccanismo che spinge i contenuti a venire visualizzati da più persone sul motore di ricerca. Il rapporto tra Google e editori è teso già dal 2020 in Usa, quando la società è stata citata per vie del comportamento anticoncorrenziale nell’ambito della pubblicità digitale, accusa che il motore di ricerca ha sempre negato.
Gli editori – come racconta il Wall Street Journal – stanno giustificando questa scelta parlando del fatto che abbandonare AMP darebbe, innanzitutto, un maggiore controllo sul design delle pagine e suoi formati degli annunci. Inoltre risulterebbe più semplice per loro vendere spazi pubblicitari nelle aste che inludono un numero maggiore di marketplace tramite la tecnologia header bidding – aumentando così i prezzi per i loro spazi pubblicitari -.
Se Google continua a sostenere la validità del suo sistema, i dirigenti media e i consulenti che hanno scelto di andare in questa direzione prospettano un +20% di entrate pubblicitarie per le pagine non-AMP senza per questo registrare particolari differenze nella velocità di caricamento. Tyler Love, BDG chief technology officer di BDG, ha affermato che «puoi fare le tue pagine web molto bene senza fare compromessi che Google richiede per far funzionare AMP».
La migrazione verso pagine non-AMP è iniziata, per alcuni editori, dopo che Google ha modificato il suo algoritmo: «Se c’è la stessa opportunità di fare pagine AMP e non AMP, ci concentreremo sulle pagine non AMP», ha detto l’AD di Complex Networks e direttore operativo di BuzzFeed. Anche il Director of product del Washington Post ha detto che non pubblicano più articoli AMP dopo che Google ha lanciato i suoi nuovi standard tecnologici.
In un panorama in cui alcuni editori sembrano preoccupati di allontanarsi dalla tecnologia AMP mentre altri, forti delle loro sperimentazioni, si dicono tranquilli, l’unica certezza è che la situazione sta cambiando e Google – per ora – ha scelto di non esporsi in merito alla questione.