Amministrative, il mezzo flop di Salvini. E il Cav si aggrappa a Milano

06/06/2016 di Alberto Sofia

Guarda già oltre i ballottaggi, rilancia il processo al Cav e una convention per archiviare il suo vecchio centrodestra a trazione forzista. Ma l’Opa sperata non riesce ancora a Matteo Salvini, attento a nascondere le (non poche) macchie leghiste alle Amministrative. Compresa la grande delusione di Milano. L’ultima bandiera alla quale si aggrappa Silvio Berlusconi, come fu la vittoria insperata di Giovanni Toti alle Regionali in Liguria di fine 2014. Per l’ex premier è il risultato più gradito. Non soltanto per il modello vincente, quello del profilo unitario e moderato di Stefano Parisi. Se per Toti fu decisivo il supporto del Carroccio, questa volta a trascinare il candidato è stata, a sorpresa, proprio Forza Italia. In continua diaspora di voti quasi ovunque, ma in grado di staccare la Lega (20 contro 12%) in una sfida tra liste a dir poco simbolica. Un derby, lì dove è di casa lo stesso Salvini. Beffato e staccato pure dall’azzurra Mariastella Gelmini nella partita delle preferenze.

I RISULTATI DELLE ELEZIONI COMUNALI 2016

MATTEO SALVINI E L’ONTA DI MILANO

Certo, Salvini non lo ammette. Preferisce esaltare i successi della Lega Nord, mostrarsi pronto a prendersi la leadership. E scaricare Silvio Berlusconi, bollato come il grande colpevole del mancato ballottaggio della Capitale: «Non siamo obbligati a stare insieme», è l’avviso di sfratto al Cav lanciato all’unisono dalla coppia lepenista (all’italiana), Meloni-Salvini. Ormai pronti a lanciare la fase 2: quella in cui Berlusconi, accusato di una continua rincorsa all’inciucio nazareno con Renzi, non è più necessario. Perché nella mente leghista, al massimo, il Cav potrà soltanto accodarsi.

I numeri, però, dicono ben altro. E anche se gli scenari restano differenti per la penisola, c’è un dato comune che viene rilanciato in casa azzurra. Il solito mantra: «Il centrodestra vince o è competitivo soltanto se unito». Altrove può al massimo contarsi. O accontentarsi di prevalere in uno scontro fratricida interno. Se vuole governare o vincere, però, è chiaro che Salvini non possa fare a meno di quel che resta dei voti azzurri. Pesanti. E ancora “di proprietà” del Cav. Il leader che, in vista del ballottaggio Roma, rivendica ora di voler votare scheda bianca. Da Fi, invece, sarà sostegno ai candidati di centrodestra, lì dove saranno impegnati in un secondo turno.

SALVINI BEFFATO DA GELMINI A MILANO

In casa salviniana, invece, al di là dei risultati positivi sbandierati, l’onta di Milano brucia ancora. Dovevano contarsi, Forza Italia e Lega, aveva avvertito lo stesso Salvini alla vigilia del voto milanese. «Bene, non c’è altro da aggiungere», era stata la replica del Cav a Giornalettismo da Ostia, alla chiusura della campagna elettorale di Alfio Marchini. Ma se la scelta di aver puntato sull’imprenditore romano è stata perdente e disgraziata per il partito berlusconiano, quasi sparito nella Capitale e sotto il 5% (4,2%), Berlusconi può benedire Parisi e affidarsi alla resurrezione milanese di Fi per poter sopravvivere. Centomila voti contro poco meno di 60mila leghisti. E la sconfitta è doppia per Salvini, lontano 4mila preferenze dalla capolista azzurra Gelmini. Ma non solo. Perché se Salvini rilancia il risultato romano, in realtà a trainare Meloni non è stato certo il Carroccio.

Lo mostrano ancora una volta i numeri: non basta Irene Pivetti, Noi con Salvini non sfonda. E si ferma poco sopra il 2% e 30mila voti, contro il pienone di Fratelli d’Italia, in grado di superare il 12% e i 140mila voti. Tradotto, è il partito dell’ex ministra l’unico che può davvero esultare. Riuscito pure ad allontanare le mire leghiste nella Capitale (contro il 2.3% di media nel resto d’Italia, ndr), uno dei reali motivi per il quale Fdi impose alla sua leader di candidarsi in extremis. Per Salvini invece il progetto di sfondare al centro-Sud – già naufragato alle scorse Regionali – resta e si conferma un tabù.

Non solo a Roma. A Caserta, dove sarà ballottaggio centrosinistra-centrodestra, il candidato autonomo leghista si ferma sotto il 3%, con 818 di voti di lista. Una miseria. Altro segnale preoccupante per chi, come Salvini, coltiva le sue ambizioni di premiership anti-Renzi. Ora fortemente indebolite.

LA LEGA ESULTA A BOLOGNA, MA NON SFONDA A TORINO

Ma anche al centro-Nord, dove la Lega pur cresce, non tutti i risultati sono eccezionali. Non va bene in Friuli, dove la Lega a Trieste si ferma sotto il 10%, mentre a Pordenone al 6,7%. Né spicca il volo a Varese, enclave del Carroccio. Certo, Salvini può sorridere per il secondo turno di Bologna incassato da Lucia Borgonzoni. Ma se sotto le due Torri la Lega sale rispetto ai voti incassati in città alle Regionali 2014 (17 contro 15mila) e sogna una (difficile) rimonta sul democratico Merola, qualche ombra non manca. Perché rispetto a 5 anni fa perde tre mila voti. Ovvero, quando candidava insieme a Fi Manes Bernardini, ora vicino a Tosi, riuscito ad arrivare oltre al 10% nella corsa solitaria come candidato centrista.

Né può bastare al Carroccio l’exploit a Novara con Alessandro Canelli. Salvini lo impose anche a costo della frattura con il Cav, lui è riuscito a ridurre in macerie quel che resta di Forza Italia: quasi 8mila voti contro 3mila circa, nel derby contro Andreatta. Eppure anche in Piemonte le Comunali sono indigeste. Perché a Torino, il test più importante, l’altra faida interna al centrodestra non premia nessuno. Né la Lega che sosteneva Morano, ferma a un tutt’altro che esaltante 5,7%, lì dove fino a qualche anno fa governava in Regione con Cota. Né Forza Italia, di fatto deflagrata e scomparsa, sotto al 5%, dopo essersi affidata all’ex deputato Osvaldo Napoli.

E BERLUSCONI SI AGGRAPPA A MILANO

Ma il risultato è più preoccupante per chi, come Salvini, punta ad archiviare la stagione berlusconiana. Non sarà un flop totale, quello delle Comunali per la Lega. Ma di certo nemmeno una vittoria. Almeno non il risultato che si aspettava il suo leader. Lo stesso che, come mostrano anche i risultati dei 5 Stelle a Roma e Torino, rischia pure di dover restare a guardare in un futuro scontro nazionale tra Pd e M5S. Quel che è certo è che in casa centrodestra non resta che aspettare il risultato dei ballottaggi. Con Berlusconi che può vantare pure il secondo turno di Napoli, dove sarà l’imprenditore Lettieri – come 5 anni fa – a sfidare de Magistris, lanciatissimo verso il bis. Ma la partita vera resta Milano, con protagonista il profilo moderato di Parisi che può sognare il colpaccio. E non a caso, rilanciato da Forza Italia come un “laboratorio” del centrodestra futuro, tripartito e civico al tempo stesso. E tutt’altro che lepenista. Incrocio delle gerarchie future e della sfida interna tra il Cav e il modello lepenista di Salvini.

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