Galline e fipronil: no, non vivono come quelle che avete visto al Tg2

23/08/2017 di Donato De Sena

Il caso delle uova e dei prodotti derivati contaminati dall’insetticida fipronil, esploso in Belgio e Olanda, riguarda oramai anche l’Italia. Nel nostro Paese negli ultimi giorni sono state riscontrate diverse positività ed è stato ordinato il sequestro di decine di migliaia di uova. Non ci sono mai stati rischi per la salute umana, ma la vicenda non poteva non catturare l’attenzione dei media. Che però rischiano di edulcorare la realtà delle condizioni in cui sono costretti a vivere gli animali. È il caso ad esempio del Tg2, di un servizio mandato in onda durante l’edizione delle 13 di oggi dedicato agli ultimi controlli e operazioni dei Nas. Le immagini mostrano galline che vivono all’aperto, hanno a disposizione un ampio spazio, mangiano beccando tra fili d’erba. La realtà è un po’ diversa, e basta servirsi delle immagini del Tg1, andato in onda subito dopo il Tg2, per averne contezza (sfoglia la gallery).

 

 

LE GALLINE E QUEL BENESSERE CHE MANCA NEGLI ALLEVAMENTI INTENSIVI

In Italia (e in Europa) la stragrande maggioranza delle galline vive in gabbia, costretta a muoversi in pochi centimetri e a poggiare le zampe su un pavimento grigliato, senza possibilità di cercare cibo da sé e di razzolare, e nemmeno di deporre in un posto isolato e tranquillo. Una stima parla di 40 milioni di capi su complessivi 65 milioni che vivono in gabbia nel nostro Paese, in capannoni che possono anche contenerne 70mila. Non sono scene da spot pubblicitario. È un ambiente nel quale vivere è davvero difficile. E anche doloroso. Come dimostrano anche i dati sui decessi degli animali. La prima causa di morte delle galline che vivono in allevamento è il cannibalismo e il beccaggio delle penne: quando si apre una ferita facilmente nascono infezioni che attirano altre galline che cominciano a beccare proprio in quel punto doloroso. La malattia più comune è l’osteoporosi. Il friponil scoperto inizialmente in Olanda, vietato sugli animali della catena alimentare, è un insetticida usato nella pratica veterinaria contro pulci, pidocchi, acari e zecche e parassiti in genere.

 

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Non bisogna generalizzare, ovviamente. Ma immaginare che la produzione di uova a livello industriale si svolga come nel pollaio di un contadino è sbagliato. Rendono meglio l’idea le immagini del Tg1, che nel servizio mandato in onda nell’edizione odierna delle 13.30 ha mostrato galline stipate gabbie ristrette, che talvolta sono alte solo 45 centimetri. Ma rendono bene l’idea soprattutto i video pubblicati da alcune delle più note associazioni animaliste. Un filmato di Essere Animali caricato su YouTube ad esempio mostra le differenze tra i quattro tipi di allevamenti intensivi di galline ovaiole (in gabbia, a terra, all’aperto e biologico) spiegando che anche nelle strutture che dovrebbero garantire un maggior benessere degli animali e qualità delle uova restano problemi legati a stress, mancanza di luce solare e libertà. Negli allevamenti biologici talvolta, nonostante un minore densità delle galline, spuntano animali con piumaggio rovinato, ferite o infezioni, e anche cadaveri. Una naturale conseguenza della reclusione prolungata in un ambiente insalubre. Poi c’è la televisione.

(Foto di copertina: frame da video del Tg2)

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