D’Alema, le canne e gli attacchi di panico: Alessandro Di Battista si racconta a Vanity Fair

15/11/2016 di Redazione

«Avevo 18 anni, ero con la mia famiglia a Corfù. Vediamo arrivare un panfilo. Papà dice: “Andiamo a vedere se lì c’è D’Alema”. Prendiamo il gommoncino e affianchiamo la sua barca. Era lui. Mio padre si sporge sul gommone e inizia a urlargli contro: “Hai tradito i valori della sinistra, ti sei venduto al capitale e all’imperialismo americano”. D’Alema rimane immobile. Anni dopo, mi ritroverò a ripetere quelle frasi all’interno del Parlamento». Alessandro Di Battista senza veli si racconta a Vanity Fair a poche settimane dal voto per il referendum costituzionale.

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Non tutto è stato rosa e fiori per Dibba:

Il ritorno in Italia è stato «terribile»: «Era il 2011. A Roma ho iniziato a soffrire di attacchi di panico. Mi svegliavo di notte, non riuscivo a respirare, pensavo a un infarto». Poi, l’incontro con Casaleggio e l’entrata in Parlamento con il Movimento 5 Stelle: «Casaleggio era un ascoltatore fuoriclasse. Negli ultimi anni ci sentivamo almeno tre volte a settimana. Al telefono chiedevo spesso se fosse ancora in linea. E lui: “Sì, sto ascoltando”. Qualche volta si arrabbiava, anche soltanto per una frase che dicevo, e mi riattaccava il telefono in faccia. Rimanevamo una settimana senza parlarci. Poi metabolizzava e mi richiamava».

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E sulla vita da rockstar? «Qualche canna me la sono fatta anche io, da ragazzino. Ma non ho mai comprato il fumo. Ho smesso anche di fumare sigarette dopo essere entrato in Parlamento. E sto anche cercando di diventare vegetariano, anche se non riesco a rinunciare al pesce».
Vanity Fair ricorda come il giovane sia libero. «Nel primo anno in Parlamento – spiega – la mia vita privata era peggiorata. Non riuscivo a staccare dal lavoro. Non mi dispiacerebbe una ragazza che abbia tanta voglia di viaggiare. Una con i piedi che scottano, come me».

(foto copertina via Instagram)

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