«Vi spiego perché Adriano Sofri è vittima di un errore giudiziario»

Aldo Giannuli è ricercatore di Storia contemporanea all’Università statale di Milano, è stato collaboratore di molte procure impegnate in indagini sui misteri d’Italia ed ha collaborato dal 1994 al 2001 con la Commissione Stragi. Ha scritto molti libri su Piazza Fontana, l’omicidio Calabresi e la strategia della tensione, mentre oggi è anche collaboratore del blog di Beppe Grillo (ha scritto molti post sui sistemi elettorali). Giornalettismo lo contatta per chiedergli un’opinione sulla polemica scatenatasi in seguito al post di Rocco Casalino sul “suocero assassino” di Daria Bignardi.

Innanzitutto però mi faccia dire una cosa.

Prego.

La questione nasce dall’intervista di Alessandro Di Battista alle Invasioni barbariche, e dalla famosa domanda sul padre fascista dell’esponente del MoVimento 5 Stelle. Ecco, a mio parere quella domanda è una bestialità. Da quando in qua è argomento di discussione in tv l’opinione politica di fratelli, sorelle e padri degli intervistati? Lo confesso: mio padre è stato contabile della Federazione Fascista, e per tutta la vita ha votato Movimento Sociale Italiano. Ciò non toglie che io abbia militato per anni in organizzazioni di estrema sinistra, e che la pensi diversamente da lui. Forse qualcuno ha il diritto di tirare fuori l’argomento delle idee politiche di mio padre? Quella della trasmissione è stata un’infelice partenza.

Poi però c’è stata la reazione.

Anche la reazione è stata infelice, ma mi preme sottolineare che c’è stato un effetto reattivo a una provocazione che non aveva ragione d’essere. E secondo me altrettanto infelicemente è stato tirato dentro Adriano Sofri, vittima del più clamoroso errore giudiziario della storia dell’Italia repubblicana con la condanna che gli è stata inflitta per l’omicidio Calabresi. Inutile stare qui a rinvangare i dieci processi, le tante contraddizioni di Marino, l’assoluzione fornita con motivazioni illogiche allo scopo di ottenere l’annullamento dell’Appello. Bisogna sempre rispettare la verità giudiziaria, ma in quella storia tormentata e discutibile c’è una sola cosa certa.

sofri bignardi beppe grillo

Quale?

Per determinare la colpevolezza di Sofri, riconosciuto come il mandante dell’omicidio, ci sono solo le parole di Leonardo Marino. Senza riscontri fattuali e tanto piene di  contraddizioni che in una sentenza si afferma persino che si sia autocalunniato. La storia processuale di Adriano Sofri è quella di un presunto colpevole, mentre io da storico mi sento di sostenere l’estraneità di Sofri all’omicidio Calabresi. Quella sentenza per me è un errore giudiziario. Ne accadono, lo sappiamo. E’ successo anche in questa occasione.

Lei ha scritto tre libri in cui ha trattato il tema di Piazza Fontana: “Storie di intrighi e di processi”, “Bombe a inchiostro” e “Il noto servizio”. Quali ulteriori elementi storici pensa siano emersi negli anni per una maggiore conoscenza del caso?

Ne ho parlato diffusamente. Alcune note confidenziali del ministero dell’Interno, ad esempio, le quali confermano che Calabresi non c’entrava con l’uccisione di Pinelli, ma anche che il suo omicidio matura in tutt’altro ambiente. Anche il suocero, che aveva indagato sui fatti, parla di un’inchiesta su un traffico d’armi condotta dal commissario. Dobbiamo però differenziare tra piano storico e piano giuridico.

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E cioé?

Ci sono tanti elementi che non sono mai passati al vaglio del tribunale. E mi intenda bene: ciò non esclude in teoria che l’attentatore fosse di estrema sinistra. Non possiamo nemmeno escludere che fosse proprio di Lotta Continua. Il problema è scoprire se sia stato anche uno strumento inconsapevole di un’operazione dei servizi: è di quello che stiamo discutendo. Su Sofri non c’è l’accusa di una sua partecipazione fisica all’omicidio. Lui viene accusato di essere il mandante, ed è un’accusa senza prove, come dicevamo.Quindi bisognerebbe dimostrare che l’esecutore sia quello, poi confermare il comando presunto di Sofri. Anche se l’attentatore fosse Bompressi, questo non signicherebbe che il mandante sia stato Sofri. L’esecutore potrebbe essere stato strumentalizzato per esempio da qualche infiltrato nel suo movimento. E’ una questione estremamente delicata. Abbiamo però indizi di sospetto che tra militanti e dirigenti ci fossero elementi che andavano in senso diverso.

In un articolo sul suo sito che parlava di “Romanzo di una strage”, lei scrive: “Con buona pace di quanti vorrebbero dimenticare che, oltre che i fascisti, in quella storia c’erano bei pezzi di Stato. Le collusioni ed i depistaggi non furono l’opera di qualche mela marcia annidata fra le pieghe della polizia, dell’Arma, dei servizi ecc (e di mele marce, da questo punto di vista ve ne furono davvero molte) ma di elementi che sia a livello basso che alto si muovevano all’interno di una teoria come quella della “Guerra rivoluzionaria” che non era la trovata di qualche giornalista, ma la dottrina ufficialmente adottata dalla Nato dal 1958 al 1974”.

E lo confermo. Tutta la vicenda della strategia della tensione in quegli anni è strettamente connessa ed era dottrina ufficiale della Nato. Non solo in Italia: noi dimentichiamo che nel decennio tra il 1965 e il 1975 ci fu il maggior numero di colpi di stato, tra tentati e riusciti: 129. Questo è indicativo: solo quando la Cia abbandona il Piano Caos, filiazione diretta di quella teoria, e la Nato cambia dottrina ufficiale, la strategia della tensione cessa.

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E la lobby di Lotta Continua, l’annosa questione della presunta solidarietà tra sodali appartenenti a quel movimento, che tanto spesso esce nei giornali della destra italiana?

La lobby di Lotta Continua? Diciamo la verità: qualsiasi gruppo che ha avuto una sua presenza politica ha dato luogo a solidarietà umane che sono poi durate nel tempo, anche dopo lo scioglimento del gruppo. Le faccio un esempio. Mia zia era dirigente del Partito Sardo d’Azione. Vent’anni dopo lo scioglimento del partito, andò a fare una visita al miglior oculista della città per un’operazione che avrebbe fatto di lì a poco. Al momento di pagare il conto si sentì dire di no, perché venne fuori che l’oculista era militante dello stesso partito, e quindi per questo non volle farsi pagare. Questa come si chiama? “Lobby del Partito Sardo d’Azione”?

No, certo. Però la storia ritorna sempre. Ritornello Continuo. 

È abbastanza ovvio che un gruppo che ha avuto una sua storia breve ma intensa ricrei  delle solidarietà umane che durano nel tempo. Ma poi, soprattutto, scusatemi: nel paese di Loggia Continua lei mi viene a parlare di Lotta Continua?

 

 

 

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