Accumoli, il campanile che crollò sulla famiglia Tuccio fu riaperto «per volere del vescovo di Rieti»

26/02/2017 di Redazione

Ci sono i primi indagati nelle inchieste per i crolli del terremoto. I pm cercano di far luce su Accumoli, in particolare sul crollo della torre campanaria e della caserma dei carabinieri. Finora sono quindici gli iscritti nel registro degli indagati per i reati di disastro e omicidio colposo, truffa ai danni dello stato. Tra questi figura il sindaco di Accumoli Stefano Petrucci, l’ex vescovo di Rieti Delio Lucarelli e l’imprenditore Marzio Leoncini.

IL CAMPANILE DI ACCUMOLI RIAPERTO CON DUE STAFFE DI FERRO

Oggi Repubblica, in pezzo a firma di Foschini e Tonacci, racconta come una lettera firmata dal vescovo emerito di Rieti Delio Lucarelli ha fatto riaprire nel 2010 il campanile, struttura che invece non andava riaperta. Quella torre campanaria il 24 agosto 2016, si sgretolò crollando nella stanza dove dormiva la famiglia Tuccio. Andrea e Graziella, i figli Stefano di 8 anni e Riccardo di un anno morirono uccisi sul colpo.

I Tuccio sono morti di terremoto, e a far precipitare su di loro quel campanile in pietra non sono state solo le scosse. Hanno avuto un ruolo la burocrazia, le omissioni, i gravi errori di chi doveva controllare e non ha controllato. Per ricostruire questa catena di sbagli è necessario tornare un po’ indietro.

Al 22 marzo 2010, quando monsignor Delio Lucarelli firma una relazione sulla chiesa di Accumoli inagibile per colpa del sisma dell’Aquila.
«Abbiamo dato corso a interventi di messa in sicurezza per l’eliminazione del pericolo e atti a dare fruibilità al complesso parrocchiale», scrive l’allora vescovo di Rieti, indirizzando la relazione al sindaco di Accumoli Stefano Petrucci e al Commissario
delegato del sisma post 97. Secondo i carabinieri del Nucleo investigativo e i finanzieri della Polizia tributaria, l’intervento in questione era in realtà del tutto inutile. Avevano semplicemente applicato due staffe di ferro su una pietra che si stava staccando, senza neanche aver presentato un progetto approvato dal Genio Civile e senza le autorizzazioni edilizie necessarie. Ma grazie alle pressioni del vescovo, il complesso immobiliare di piazza San Francesco riaprì

Come mai questa insistenza?

La curia reatina, infatti, aveva ottenuto dal commissario per la ricostruzione post 1997 ben 150.000 euro per il miglioramento sismico della caserma, intervento fondamentale anche per la tenuta del campanile adiacente. L’hanno fatto? Stando a quando hanno scoperto gli inquirenti, no. O per lo meno, non hanno fatto ciò che era previsto dal progetto. Dalle macerie spuntano ancora oggi parti di muro senza armatura: non ci sono i tondini d’acciaio. E anche la “chiodatura e cucitura” di un cordolo sotto il tetto pare essere differente dai disegni approvati.

La diocesi – secondo quanto riporta Repubblica – ha deciso di far da sé. Chiese alla Impretekna di mettere in sicurezza il campanile,
ma l’imprenditore si rifiutò perché non c’era un progetto redatto da un tecnico abilitato. Per risolver il problema fu chiesto alla ditta Co.ge.ip di Vallemare di Borbona e l’ingegnere Matteo Buzzi, figlio dello storico geometra della diocesi Mario Buzzi, scrisse la relazione finale dell’intervento. Il monsignore, concluso tutto, ha chiesto al sindaco di Accumoli la revoca della ordinanza di chiusura. Campanile sistemato? No. Il terremoto del 24 agosto scorso fece crollare la torre campanaria, uccidendo una intera famiglia.

(in copertina ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

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