Acad: l’associazione che combatte gli abusi delle forze dell’ordine

Venerdì 17 gennaio verrà presentata a Bergamo, all’auditorium di piazza della Libertà l’associazione contro gli abusi in divisa-Onlus, Acad, un’iniziativa nata da un gruppo di attivisti il cui obiettivo è quello di sostenere le vittime di abusi da parte delle forze dell’ordine. Contestualmente verrà presentato anche il nuovo numero verde nazionale anti-abuso, 800.588605.

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Come spiegato dall’associazione sulla pagina Facebook dell’evento, questa è una delle iniziative di ACAD, che, in tutta Italia, «si propone di seguire e supportare le vicende giudiziarie ed umane delle tante persone che sono state colpite dagli abusi e delle loro famiglie che si battono con coraggio per avere verità e giustizia». Questi gli ospiti che parteciperanno alla serata. Si tratta di persone che hanno avuto un proprio congiunto vittima di abusi da parte delle forze dell’ordine.

GLI OSPITI – Tanti gli ospiti della serata, ad ingresso gratuito e moderata dal giornalista Checchino Antonini:

Mariella Zotti (moglie di Vito Daniele, morto nel 2008 durante un fermo in autostrada); Lucia Uva (sorella di Giuseppe Uva, morto in seguito a un arresto nel 2008 a Varese); alcuni attivisti dell’Associazione Stefano Frapporti (morto in carcere a Rovereto nel 2009); Grazia Serra (nipote di Franco Mastrogiovanni, morto nel 2009 nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania, dopo essere stato legato al letto per più di 80 ore consecutive – collegamento via Skype); Ilaria Cucchi (sorella di Stefano Cucchi, morto nel 2009 a Roma durante la detenzione nel reparto protetto dell’ospedale Pertini); Cira Antignano (madre di Daniele Franceschi, morto in un carcere francese nel 2010) e Raimonda Pusceddu (madre di Stefano Gugliotta, picchiato a Roma nel 2010). E, ancora, Filippo Narducci (picchiato a Cesena nel 2010); Domenica Ferrulli (figlia di Michele Ferrulli, morto durante un controllo di polizia nel 2011 a Milano); Claudia Budroni (sorella di Dino Budroni, ucciso con un colpo di pistola sul raccordo anulare di Roma nel 2011) e Osvaldo Casalnuovo (padre di Massimo Casalnuovo, morto nel 2011 a Buonabitacolo ad un posto di blocco dei carabinieri: proprio sulla sua storia all’inizio della serata viene proiettato il documentario “Mi chiamo Massimo e chiedo giustizia” (presente in sala il regista Dario Tepedino). E poi ci saranno Vittorio Morneghini (picchiato a Milano nel 2012); Giovanna D’Aiello (madre di Francesco Smeragliuolo, morto in carcere a Monza lo scorso giugno); l’avvocato Fabio Anselmo (legale delle famiglie Uva, Cucchi, Aldrovandi, Ferrulli Budroni e Narducci) e Italo Di Sabato dell’Osservatorio sulla Repressione.

Inoltre sarà visibile la mostra fotografica «Licenza di tortura», ad opera di Claudia Guido, mentre l’avvocato Gilberto Pagani, membro dell’Aed, Avvocati Europei Democratici, presenterà la «Campagna europea per l’identificazione delle forze di polizia».

 

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CHI SONO – Acad, spiega l’associazione, è una Onlus nata dal lavoro di attivisti che già da anni si occupano di abusi commessi dalle forze dell’ordine sostenendo e rappresentando quelle famiglie che non hanno accettato  le versioni ufficiali intraprendendo battaglie per chiedere verità e giustizia per i propri congiunti «che non si sono dati per vinti e non hanno accettato una verità giudiziaria che già troppe volte si è dimostrata a favore di chi tenta in tutti i modi di nascondere la propria impunità dietro una divisa». L’obiettivo è quello di fornire un aiuto nei confronti di coloro che hanno subito abusi da parte delle forze dell’ordine aiutandole con un numero verde o con il supporto legale. Perché, conclude l’Acad

Il loro incolmabile dolore e il grande impegno profuso hanno permesso a tante altre persone di porsi interrogativi su quanto accaduto, hanno fatto crescere l’attenzione, hanno fatto sì che si producessero libri e documentari al fine di sensibilizzare e costruire una consapevolezza su quello che è successo e ancora potrebbe succedere ad altri. Nonostante l’encomiabile impegno delle famiglie e dei tanti che sono stati sensibilizzati difficilmente si è riusciti a trovare giustizia nelle aule dei tribunali. Vige una sorta di immunità, troppe sono le coperture politiche che tendono a depistare con la teoria delle «poche mele marce» le richieste di giustizia e verità.

(Photocredit Facebook / Acad)

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