1992, la serie tv: Tangentopoli diventa House of Cards

23/03/2015 di Boris Sollazzo

Era un’impresa quasi impossibile raccontare l’anno che ha cambiato il nostro paese in una serie tv. Ma 1992, figlio di un’idea di Stefano Accorsi e portato avanti dalla casa di produzione più vivace e coraggiosa degli ultimi anni (la Wildside di Lorenzo Mieli e Mario Gianani) e trasmessa da Sky (grazie alla scommessa di Andrea Scrosati che ha sempre creduto nel progetto) torna a quei mesi devastanti con una forza sconosciuta alle serie televisive italiane. Per audacia formale e contenutistica.

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Torna a quei mesi che videro la morte di Falcone e Borsellino, le indagini su cittadini, politici e industriali al di sopra di ogni sospetto, almeno fino ad allora, la nascita del fenomeno politico Berlusconi. In una frase, insomma, vuol dire condensare in un racconto a episodi cosa eravamo e cosa siamo, capire quella rivoluzione mancata che ci ha portato al ventennio (e più) della seconda repubblica.

1992

Non pensate ai biopic agiografici della Rai e neanche ai pur ottimi esperimenti (decisamente riusciti) del satellite nel recente passato, da Romanzo Criminale a Gomorra. Qui siamo oltre.
Qui, per intenderci, siamo dalle parti di House of Cards, siamo nelle stanze del Potere vero, siamo travolti come spettatori consapevoli e coinvolti in quegli ingranaggi diabolici che muovono davvero l’Italia da troppi anni.

1992 tangentopoli

1992 LA TRAMA

Leonardo Notte (Stefano Accorsi, finalmente cattivo e qui al suo meglio) è il braccio destro di Dell’Utri; Veronica Castello (una Miriam Leone bella in modo stordente, puttana triste e perduta alla De André) un’amante seriale di potenti; Pietro Bosco (Guido Caprino: quando tutti si accorgeranno che è uno dei migliori attori italiani sarà sempre troppo tardi) è un reduce della prima guerra del Golfo e uomo qualunque lanciato in Parlamento dalla Lega Nord; Luca Pastore (Domenico Diele, di nuovo poliziotto dopo Acab) è uno sbirro assetato di vendetta per il male che lo ha colpito; Bibi Mainaghi (Tea Falco, perfetta ragazzina viziata dolente e indolete) l’erede troppo giovane di un impero che sta crollando; Rocco Venturi, infine, è uno dei buoni (Alessandro Roja, bravissimo a percorrere vari spettri della moralità con talento, da sempre) che troppo spesso frequenta il lato oscuro.

1992 Miriam Leone e Stefano Accorsi

1992 GLI AUTORI

Sei personaggi inventati che si mescolano alla storia realmente accaduta, quel nostro passato recente che da solo rappresenta una trama tanto terribile quanto efficace. Una scommessa creativa rischiosissima vinta dal regista Giuseppe Gagliardi (il cineasta che ha diretto Clemente Russo nell’ottimo Tatanka) e soprattutto dal trio di sceneggiatori Rampoldi, Fabbri, Sardo, qui sempre presenti anche sul set, showrunners veri e propri, all’americana. Sono loro, autori che nulla hanno da invidiare ai colleghi statunitensi (loro, per dire, è anche l’eccellente script de Il ragazzo invisibile), a comporre questo mosaico di umanità e intrighi politico-economici, a dargli credibilità e forza narrativa, a lasciarci a bocca aperta per la potenza narrativa che regalano imprevedibilità anche a fatti noti, a consegnare ai loro protagonisti la complessa interpretazione di una realtà che a 23 anni di distanza ancora facciamo fatica a inquadrare, a tradurre. Loro, con il cineasta, tingono tutto di un noir mai banale.

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Notte è un diavolo che veste bene e ha un passato oscuro, legato all’extraparlamentarismo e che sa interpretare il suo presente con cinica lucidità; Bosco e Pastore sono uomini normali che cavalcano una tigre indomabile; Venturi cerca di capire da che parte stare; Bibi è un’Alice dark nel paese delle banane; Veronica una principessa che come unico scettro ha quel corpo inebriante ed è decisa a usarlo. In ogni modo. Loro sono noi, esploratori di un’Italia che rappresentano, subiscono, sfruttano.

Sono i monologhi di Leonardo a spiegarci l’Italia berlusconiana, senza ottuse faziosità ma con c(l)inica lucidità, Pietro è l’istitinto, Veronica il corpo, Luca il sangue, Venturi l’ambiguità congenita al nostro paese, Bibi l’anima candida, nonostante tutto. Loro vivono e agiscono in equilibrio su ciò che accadde in un anno cruciale, saturo di ciò che ha sempre corrotto il nostro paese, ben al di là delle mazzette. Se Berlusconi ha riscritto la nostra memoria storica a suo uso e consumo con pubblicità, slogan politici e non, giornali e una squadra di calcio, SKY da qualche anno prova invece a raccontarci il nostro passato recente, quei decenni che dagli anni ’70 e ’90, dalla banda della Magliana a 1992, passando per una Gomorra che è attualissima ma anche eterna, restituendoci la nostra vera, insopportabile identità.

1992 IL GIUDIZIO

1992 è un capolavoro che resterà nella storia della tv italiana. Anzi, nella Storia e basta. E ci mette di fronte a un orrore che abbiamo sopportato e ignorato, perché abbiamo contribuito a costruirlo. Non è il risarcimento a chi tirava le monetine a Craxi fuori dal Rafael, ma ci sbatte in faccia la nostra vera natura: individuale e nazionale.

Proprio come negli Stati Uniti fa House of Cards. E a farlo è la generazione illusa da Tangentopoli e poi silenziata dalle sue conseguenze, la meglio gioventù fantasma, precaria, bistrattata. Al cinema come nella vita.
E allora godiamocelo, perché è grande intrattenimento d’autore, con ritmi straordinari, attori di alto livello, una fotografia e una regia da grande cinema. E una scrittura perfetta.
Tanto da far venire la voglia di un sequel. Che ci permettiamo di suggerire.

C’è un altro anno fondamentale per capire questo paese folle e bastardo. È il 2001. Che lo facciano, che lo raccontino, mantenendo la stessa squadra.

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