Carolina Picchio, il dramma visto dall’estero

Il suicidio di Carolina Picchio, la quattordicenne di Novara gettatasi dal balcone di casa sua perché vittima dei bulli, è finito sulle prime pagine dei giornali d’Oltremanica e non solo. A destare scalpore è la decisione del Moige – il movimento dei genitori – di denunciare Facebook per “omesso controllo” nel suicidio della giovanissima studentessa piemontese.

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LA STORIA DI CAROLINA – A parlarne sono il Telegraph, il Daily Mail e, negli Stati Uniti, anche Jezebel, che raccontano la triste vicenda di Carolina e di quei video di lei alla festa, dove appariva – forse ubriaca – mentre scherzava con alcuni ragazzi, e dei presunti insulti che alcuni “cyberbulli” avrebbero riservato sui social network. “Non è già abbastanza quello che mi hai fatto? – È il Telegraph a riportare le ultime parole che Carolina avrebbe scritto al suo ex ragazzo, e quel messaggio di addio su Facebook: “Perdonatemi se non sono forte. Non riesco più a sopportarlo”.

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LA POSIZIONE DEL MOIGE – Il Telegraph riporta anche la decisione del Moige di denunciare Facebook per “corresponsabilità per omesso controllo nel suicidio della giovane Carolina” e dell’intenzione di costituirsi parte civile se e quando ci saranno altri casi come quello della quattordicenne novarese. “Questa è la prima volta in Europa che un gruppo di genitori sporge denuncia contro Facebook – ha spiegato al quotidiano britannico il fondatore dei Moige Antonio Affinita – La legge italiana proibisce ai minorenni di firmare un contratto, ma Facebook stipula un contatto con i minorenni circa la loro privacy, senza che i genitori ne sappiano nulla”. Affinita ha anche detto che il suicidio di Carolina è stata “l’ultima goccia” dopo il suicidio di un 15enne romano, che qualche mese prima si era tolto la vita perché accusato dai compagni di scuola di essere gay.

UN’INVESTIGAZIONE SUI DIPENDENTI DI FACEBOOK? – Il pm di Novara Francesco Saluzzo ha aggiunto che non è escluso che lo staff di Facebook possa finire sotto inchiesta: il pm infatti, ritiene che quei video fossero rimasti online “per giorni” nonostante gli amici di Carolina ne avessero richiesto la rimozione. “C’è una procedura per chiedere la rimozione di messaggi che violano le regole – ha spiegato Saluzzo al The Daily Telegraph – Il fascicolo è aperto contro ignoti e per il momento non è Facebook ad essere sotto inchiesta. Ma, tecnicamente, potremmo aprire un’indagine nei confronti di alcuni dipendenti di Facebook che non hanno risposto alla richiesta di rimozione”.

 

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I SOCIAL MEDIA E I SUICIDI – “L’indignazione per la morte di Carolina – conclude Jezebel – ha alimentato l’ipotesi di mettere sotto indagine alcuni dipendenti europei di Facebook, anche se non è del tutto chiaro se Saluzzo metterà davvero in pratica il suo proposito. I magistrati italiani hanno già sfidato i social media, con tre dirigenti di Google condannati con sospensione della pena nel 2010 per un video che mostrava uno studente portatore di handicap mentre era oggetto di bullismo”. Il video era stato pubblicato su Google Video. “Queste azioni legali – obietta però Jezebel – non si rivolgono a quelle forze culturali che permettono che una simile situazione possa verificarsi: una ragazzina presa di mila dai cyberbulli per il suo comportamento. Tuttavia, se i social media dovessero rendesi conto di avere un interesse legale per scrollarsi di dosso la fama di “foraggiatori di bulli”, forse il numero di questi suicidi potrebbe ridursi”.

(Photocredit: Getty Images)

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