Carolina Picchio e gli otto ragazzi accusati per il suo suicidio

Cinque mesi dopo il suicidio a Novara della quattordicenne Carolina Picchio, la ragazzina vittima di cyberbullismo che si tolse la vita lanciandosi dal balcone di casa, otto ragazzi tra i 15 e i 17 anni sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura dei minori di Torino. Sono accusati di istigazione al suicidio e detenzione di materiale pedopornografico.

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IL SUICIDIO E LA SVOLTA NELLE INDAGINI – Il caso della ragazzina aveva scatenato la rabbia di amici e parenti, che ritenevano come Carolina fosse rimasta vittima sui social network di attacchi da parte di alcuni “bulli”. Qualche ora prima di togliersi la vita, la ragazza aveva partecipato lo scorso gennaio a una festa: ritornata a casa con il padre, a Sant’Agabio (Novara), nessuno aveva notato nel suo atteggiamento qualcosa di preoccupante. Poi, il suicidio drammatico, gettandosi dal terzo piano. Come ha spiegato la titolare dell’inchiesta, la pm Valentina Sellaroli, la decisione di indagare i minori sarebbe stata presa per effettuare una serie di attività investigative non ripetibili. Tutto mentre è stato affidato al Politecnico di Torino l’esame dell’iPhone della ragazza, in modo che ne venga esaminato il contenuto. Per protestare contro gli insulti ricevuti dalla ragazzina, che – secondo i suoi familiari – l’avrebbero spinto al gesto estremo, un mese dopo la sua morte era stata organizzata a Novara una fiaccolata dedicata alla sua memoria e a tutte le vittime del cyberbullismo.

GLI INSULTI E IL CYBERBULLISMO – All’origine del suicidio, secondo quanto si era appreso dagli amici della ragazza, ci sarebbero stati gli insulti ricevuti dalla ragazza, sul suo profilo Facebook, subito dopo aver partecipato alla festa. Il funerale,  il 9 gennaio a Oleggio, alla presenza dei familiari, fu molto partecipato: compagni e amici  esposero uno striscione con la scritta “Sei l’angelo più bello”. Poi, un mese dopo, la fiaccolata per le vie del centro di Novara. Trenta giorni dopo la sua scomparsa, la famiglia si trovava ancora costretta a difendere la sua rispettabilità dagli attacchi lanciati da troll sugli stessi social. In quel caso era stata la sorella a spiegare come Carolina “non fosse mai stata lasciata sola” e come la famiglia l’avrebbe sempre sostenuta: “Ma evidentemente era schiacciata da un male imperscrutabile che forse non è riuscito ad apparire a pieno neanche in famiglia”, si ricordò. Il suo caso aveva commosso i commentatori su Twitter, che avevano rilanciato campagne in onore della ragazza, con tanto di hashtag “RIPCarolina”: non pochi però chiesero maggiore rispetto per la privacy e per il dolore della famiglia. Sconvolsero le dichiarazione della madre della ragazza, che rivelò come – anche dopo la morte – su Facebook ci fossero state persone che insultavano ancora Carolina nonostante la tragedia che l’aveva colpita. Ma la famiglia decise di non reagire. Fino alla svolta nelle indagini e l’iscrizione degli otto minori.

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