Il Fracking libera gli Usa dal petrolio “arabo”

Il fracking sta liberando l’America dalla morsa dell’export petrolifero. La produzione interna di shale gas continua ad inanellare record su record, e grazie alla “nuova” fonte energetica gli Stati Uniti stanno attraversando una rinascita dell’industria estrattiva che potrà avere effetti duraturi sia sulla politica interna che sopratutto su quella estera.

 

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BOOM DELLO SHALE GAS – Nel 2013 l’estrazione di petrolio salirà ancora, battendo i nuovi record stabiliti nell’anno appena conclusosi. E’ la previsione del Dipartimento dell’Energia dell’amministrazione americana, realizzata dalla sua unità di analisi statistiche US Energy Information Administration. La crescita dei barili di greggio estratti dalla produzione interna crescerà di quasi un milione al giorno. Attualmente il dato si assesta sui 7,3 milioni al giorno. L’autorità energetica ha corretto la previsione lanciata lo scorso dicembre, rialzandola significativamente. Secondo gli esperti la crescita della produzione nei prossimi due anni aumenterà di circa un quarto rispetto ai valori attuali. Grazie al vero e proprio boom del mercato interno è calata drasticamente la necessità di importare l’oro nero. Il livello di petrolio importato sarà il più basso degli ultimi venticinque anni, calando a sei milioni di barili di greggio al giorno. Un dato che corrisponde a circa la metà della quantità di petrolio importato tra il 2004 ed il 2007, quando i consumi ed il prezzo della benzina raggiunsero il loro picco.

FRACKING IL SEGRETO – Il clamoroso ritorno dell’America al ruolo di potenza produttrice di petrolio dipende dalla nuova tecnica del “fracking”. Questa nuova tecnica estrattiva, che si chiama perforazione idraulica in italiano, permette di recuperare il ricco patrimonio dello shale gas, ovvero il gas da argille che si trova nelle rocce. Questi giacimenti non convenzionali si sono rivelati una vera e propria miniera d’oro per l’industria americana, che ha utilizzato il fracking per estrarre una quantità sempre più sorprendente di energia. In Europa invece questa tecnica è invece poco utilizzata anche perchè giudicata controversa, visti i possibili rischi per la salute procurati dalla perforazione delle rocce in profondità. I fluidi utilizzati per la scomposizione delle argille da cui estrarre il gas sono sostanze prevalentemente tossiche, e la contaminazione delle falde acquifere un pericolo piuttosto concreto. In Europa si è particolarmente diffusa la paura che il fracking provochi il terremoto, ma su questo timore le evidenze scientifiche sono assai scarse, visto che le scosse causate dalle scomposizioni delle rocce sono rilevate a valori minimali.

 

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AMERICA IN TESTA – La frantumazione delle rocce per estrarre il gas da scisto bituminoso è una tecnica in realtà piuttosto antica, visto che è stata ideata già a partire da metà dell’ottocento. Gli elevati costi ne avevano rallentato lo sviluppo fino al decennio scorso, ma il boom dei prezzi del petrolio di metà degli anni duemila l’hanno rilanciata. L’Amministrazione Obama ha spinto questa rivoluzione, in questo seguendo la via aperta dal suo predecessore George W Bush, che esentò il fracking da alcuni controlli legati alla legge sulla sicurezza delle acque. Questa valutazione fu introdotta in una legge seguita ad una lunga verifica del Ministero dell’Ambiente americano iniziata ai tempi di Clinton. Il boom dello shale gas ha permesso agli Stati Uniti di vivere una piccola rinascita industriale, sopratutto in stati come Ohio e Pennsylvania che avevano sofferto per il declino delle attività tradizionali, come la siderurgia o l’industria metallurgica. L’ampio sfruttamento dei giacimenti da scisto bituminoso sta condendo un significativo vantaggio competitivo all’economia americana, tanto che alcune aziende europee stanno tornando negli Usa per sfruttare il basso costo dell’energia.

PETROLIO A BASSO COSTO – Il calo del prezzo della benzina e del gas che si sta registrando negli Stati Uniti potrebbe avere a breve anche un impatto sui mercati mondiali. La crescita dell’offerta spinge i prezzi verso il basso, e secondo la previsione del Dipartimento dell’Energia americano il costo del barile di greggio si manterrà sotto i 100 dollari nel 2014. Il boom del fracking però ha implicazioni assai più rilevanti sul lungo periodo. Gli Stati Uniti potrebbero uscire dalla crisi prima dell’Europa, come in parte hanno già fatto, e soprattutto ridisegnare la mappa delle loro alleanze mondiali. Diventando una nazione esportatrice invece che importatrice di petrolio, l’intero quadro mediorientale potrebbe mutare profondamente. Finora comunque c’è già stato un vincitore della boom del fracking, Barack Obama. Arrivato alla Casa Bianca per rivoluzionare la produzione energetica americana con le nuove fonti rinnovabili, progetto poi parzialmente fallito, il presidente ha beneficiato della sorprendente crescita economica spinta anche dallo shale gas.

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