Arnaldo La Barbera, un poliziotto al soldo dei servizi?

L’ex “de Gennaro boy” al centro delle rivelazioni del libro rilanciato dal quotidiano La Repubblica, che lo identifica come la “fonte Catullo” dei servizi segreti nel periodo delle stragi di mafia. Chi era?

Arnaldo la Barbera è in polizia fin dal 1972, entratovi dopo un incontro diremmo “vocazionale” con il commissario Luigi Calabresi. Si dimette dalla Montedison in cui lavorava e si arruola. Sarà uno dei protagonisti della storia italiana degli ultimi anni, al centro di molti dei gangli irrisolti del nostro passato recente, dalle stragi di mafia ai fatti della Diaz di Genova.

POLIZIOTTO, AGENTE SEGRETO – In Sicilia arriva nel 1985, a Palermo, ma per una missione estemporanea: intanto dirige la Squadra Mobile di Venezia, negli anni in cui Felice Maniero e la mala del Brenta terrorizzano il nordest. Nell’88 viene trasferito a Palermo in pianta stabile: di nuovo, come direttore della Squadra Mobile. Perchè? E’ qui che la nuova rivelazione di Repubblica entra in gioco. Secondo il fascicolo rinvenuto dalla procura di Caltanissetta, Amedeo la Barbera avrebbe avuto un doppio incarico: ufficialmente, capo della Mobile; in realtà, “fonte Catullo” dei servizi segreti. Una nuova pista, di cui non si sa di più, ma che secondo Attilio Bolzoni che ne scrive sul primo quotidiano italiano, muovendo dal libro “L’Agenda Nera” dei giornalisti Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizzo, in uscita per Chiarelettere“potrebbe dare una sterzata decisiva a tutte le inchieste sui massacri di mafia avvenuti in quella stagione in Sicilia”. La Barbera sarebbe stato sul libro paga dei servizi fin dall’86: secondo le nuove notizie, potrebbe aver spinto un pentito, Vincenzo Scarantino, a mentire per “sviare le indagini”. Inoltre, La Barbera avrebbe ordinato un’ispezione non autorizzata nella casa di Nino Agostino, uno dei due presunti agenti “salvatori” di Giovanni Falcone all’Addaura, inviando un suo agente di fiducia a sequestrare e distruggere carte compromettenti contenute nell’armadio di Agostino. Insomma, una rivelazione che apre scenari davvero inediti.

MAFIA, TERRORISMO – Nel 1993, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, viene creato il “Gruppo Falcone e Borsellino”; La Barbera, che ne è a capo, indaga e cattura gli assassini di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; e per il Tribunale di Caltanissetta, è sulla lista delle persone che Totò Riina voleva morte. Nel 1994 viene promosso Questore di Palermo. Tre anni dopo, nel 1997, viene rasferito alla poltrona di Questore di Napoli. Per finire, nel 1999 è Questore di Roma. E da questo momento in poi, iniziano i suoi guai. Nel 2001 viene promosso all’UCIGOS, il settore antiterrorismo del Ministero dell’Interno. “L’ emergenza primaria è la lotta al terrorismo, alle nuove Brigate rosse che hanno ucciso Massimo D’ Antona e agli integralisti islamici che hanno nel mirino obiettivi americani in Italia”, scriveva allora il Corriere della Sera. Ed è da capo dell’Antiterrorismo che viene inviato da Gianni de Gennaro, allora capo della Polizia, a Genova dove si svolge il G8.

GENOVA, IL G8 – Ci sono versioni discordanti sul suo coinvolgimento nei fatti della scuola Diaz. Per il Vice Capo della Polizia di allora, Ansoino Andreassi, La Barbera era davanti alla scuola e ne dirigeva il blitz. Perchè “con il suo arrivo a Genova saltò tutta la catena di comando. La Barbera era una figura carismatica, per cui fu percepito da tutti come un capo.” Il superpoliziotto di Falcone e Borsellino insomma, arrivato a Genova, è in grado di comandare ai suoi superiori. In una delle sue ultime interviste da vivo, però, La Barbera conferma, ma smentisce: era d’accordo ad entrare violentemente alla scuola Diaz, in teoria, ma giunto sul posto, e valutata la situazione, lo sconsigliò. E il capo della mobile, Vincenzo Canterini, che era formalmente alla guida delle operazioni, non tenne conto del “consiglio” – ed era in suo diritto farlo, sosteneva La Barbera. “A Genova” precisava “mi sono sempre limitato a rivolgere raccomandazioni e consigli, che in questo caso sono stati disattesi, ma era solo un mero consiglio e in quanto tale non comportava alcun obbligo di obbedienza”. In effetti, Gianni de Gennaro è stato poi rinviato a giudizio nel 2007 per aver consigliato a tutti gli agenti coinvolti di scaricare la responsabilità del blitz su Arnaldo La Barbera, nel frattempo morto e dunque incapace di difendersi.

IL TRASFERIMENTO – Dopo i fatti di Genova, La Barbera era stato intanto trasferito. Claudio Scajola, allora al ministero dell’Interno, aveva ritenuto prudente cambiare la destinazione di un personaggio coinvolto nei fatti di Genova, e lo aveva riassegnato dall’antiterrorismo al Cesis, la struttura di collegamento fra il SISDE e il SISMI. Come direttore del Cesis Arnaldo la Barbera muore di tumore a Verona, a soli 60 anni, nel 2002, celebrato da tutti gli onori e dalle più alte istituzioni dello Stato.


Share this article