Marocco: se sei una ragazza madre vai in prigione

07/06/2010 di Teresa Scherillo

Avere un figlio senza essere sposate, nel regno alawita diventa un gran problema per le giovani donne che devono affrontare una legge che assegna pene fino a un anno di carcere per rapporti fuori del matrimonio, con una famiglia che le ripudierà e una società che volterà loro le spalle.

Jalila ha 23 anni, racconta El Mundo , ma alcune delle sue compagne di classe hanno partorito a 14 o 15 anni. Il suo bambino ha due mesi. Il suo sguardo è inondato di lacrime. Jalila sorride quando guarda il suo bambino, ma con un sorriso amaro. “Il mio bambino sta bene, è sano e ne sono felice, ma è anche un grande problema. Non so come potrò sopravvivere con lui da sola”.

I FIGLI DELLA VERGOGNA – La sua famiglia non lo sa, ma lei ora vive presso l’Instituto Nacional de Solidaridad con las Mujeres en Desamparo de Marruecos (Insaf). Jalila ha commesso il peccato di avere un figlio fuori dal matrimonio nel regno alawita. “Il mio ragazzo ha perso il lavoro, mi ha lasciata e la mia famiglia mi ha rinnegata. Mio figlio è una vergogna per loro“. Altre 20 donne muovono i primi passi come madri nei locali dell’ Insaf a Casablanca. “Il nostro obiettivo principale è che non abbandonino i propri figli“, racconta Nabila Tbeur, direttrice di questa associazione, che opera con altre 80 donne che non alloggiano nell’istituto. “Diamo loro assistenza legale e amministrativa, e offriamo assistenza medica per due anni“. In Marocco, le relazioni fuori dal matrimonio possono costare da tre mesi a un anno di reclusione. “Ma le donne non si scontrano solo con la legge, sono respinte dalle loro famiglie e della società, sono molto vulnerabili“, afferma Nabila Tbeur.

FUORI DAL MERCATO DEL LAVORO – Dal 1999 l’Insaf si occupa di giovani madri single fino a quando non assicura loro il reinserimento nella società . “Non ci sono cifre ufficiali, ma sono migliaia – continua la Tbeur, e cita uno studio condotto nel 2002 a Casablanca – settemila madri single solo a Casablanca, ma prendendo in considerazione solo quelle che avevano partorito negli ospedali, mentre ce ne sono molte che partoriscono i loro figli in casa“. La sua associazione sta preparando uno studio nazionale dal quale si aspettano di ricevere risultati nel mese di settembre.”E’ molto importante cercare di guadagnare fiducia in se stesse“. E che apprendano “un mestiere per poi potersi difendere da sole“. All’Insaf possono frequentare corsi di cucina, cucito e corsi per parrucchiere. “Cerchiamo di prepararle al mercato del lavoro“.

NIENTE DNA – All’ Insaf però cercano anche di metterle in contatto con le loro famiglie per cercare di riconciliarle con il padre del bambino, “per fargli assumere la responsabilità del proprio figlio, che non è sempre realizzabile“. “Il problema – continua la direttrice – è che in Marocco non è neppure obbligatorio per i genitori di sottoporsi al test del DNA”. “La legge non li obbliga”. Inoltre, “la sposa dovrebbe dimostrare che ha mantenuto un fidanzamento pubblico riconosciuto dalle loro famiglie, altrimenti potrebbe finire in carcere“.”In Tunisia, se la madre indica un uomo come padre di suo figlio, il giudice lo costringe a sottoporsi al test e se questi si rifiuta, lo ritiene direttamente responsabile, vorremmo che anche in Marocco si raggiungesse questa situazione“.

IL MERCATO DEI BAMBINI – Tbeur ripete instancabilmente che le madri single in Marocco sono molto vulnerabili. “Alcune, inoltre, non hanno raggiunto i 14 anni, bambine, il 14% ha meno di 18 anni e finiscono incinte dopo false promesse di matrimonio”.”La maggior parte – prosegue – è analfabeta, improvvisamente si trovano da sole nella vita e con un problema in braccio“. Un “grave problema” in una società tradizionale patriarcale fortemente segnata dalla religione. “Così molte madri danno i loro figli in adozione ad altre donne in cambio del pagamento della sola tassa di maternità“, si lamenta la Tbeur pur affermando che “molte famiglie approfittano della debolezza delle madri single per acquistare i bambini in una sorta di mercato clandestino“.”Ci sono stati molti momenti in cui ho pensato di lasciare il mio piccolo, di scrollarmi di dosso tutti i problemi che mi ha portato“, dice Jalila con rammarico. Ma sa che andrà avanti. “Io prenderò le forze da dove mi sarà possibile per me e il mio bambino, ma so che dovrò pagare un costo sociale“.

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