La vita dopo il trapianto di volto

Era diventata famosa per essere stata la prima a subire un trapianto di volto. Sette anni dopo l’intervento, Isabelle Dinoire descrive alla BBC le sue sensazioni. E rivela il suo desiderio di incontrare la famiglia della donna che le ha donato il nuovo aspetto.

IDENTITA’ – Ritrovare se stessa, ricercare la sua identità dopo l’intervento, è stata la sfida più dura: “La persona che ero, con la faccia che avevo prima dell’incidente, ormai non c’è più”, ha spiegato la francese 45enne. Così, quando si guarda allo specchio, svela di vedere un mix tra i due volti: quello passato e quello attuale. Ringrazia ancora il suo donatore: “Mi ha salvato la vita”, spiega. Dinoire evita regolarmente le richieste dei media per farsi intervistare, raramente accetta di farsi fotografare. Si presenta come rilassata e sicura di sé, ma il trauma ha lasciato il segno, fisicamente e mentalmente. Nel suo viso ci sono ancora i segni del trapianto: una cicatrice visibile che parte da sopra il naso e arriva finsotto il mento. Sette anni fa i medici specialisti dell’University Hospital di Amiens, nel nord della Francia, hanno impiegato 15 ore per cucirgli addosso il volto del suo donatore. Un’operazione non perfetta, dato che uno degli suoi occhi è leggermente cadente.

TENTATO SUICIDIO – Se le persone la fissano con insistenza, non le importa più. Eppure ricorda quando tentò il suicidio, in un momento di depressione nel maggio 2005: prese una dose eccessiva di sonniferi, nel tentativo di porre fine alla sua vita. Ma si salvò: si ritrovò a casa da sola, distesa accanto a una pozza di sangue, con il suo Labrador animale domestico al suo fianco. Il cane aveva apparentemente svegliato il suo inconscio, e, nel disperato tentativo di svegliarla, aveva rosicchiato il suo viso.”Non potevo nemmeno immaginare com’era il mio volto, dopo che il cane l’aveva masticato”, spiega. Le lesioni alla sua bocca, al naso e al mento erano così estreme che i medici avevano immediatamente escluso una ricostruzione semplice del volto. Invece le avevano proposto un innovativo trapianto di faccia.

IL POST OPERAZIONE –  “La prima volta che mi sono visto allo specchio dopo l’operazione ho capito che tutto era andato bene. Ho potuto vedere negli occhi delle infermiere che era stato un successo”, ricorda entusiasta. Incapace di parlare correttamente, per una tracheotomia fatta per l’operazione, tutto quello che poteva mormorare era un semplice “Grazie”. Ma la gioia svanì poco tempo dopo: era completamente impreparata per l’attenzione mediatica generata dal suo caso. Inseguita dai media, molestata dai passanti e dai curiosi, Dinoire ha passato mesi chiusa in casa dopo l’operazione, senza avere il coraggio di uscire.

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LA RINASCITA – La depressione la stava consumando, giorno dopo giorno: “Vivo in una piccola città e quindi tutti sapevano della mia storia”. Così, per lei non è stato di certo facile: “I bambini ridevano di me, tutti mi indicavano”. In pratica, si sentiva come “un animale da circo”. Al giorno d’oggi, la gente ancora la riconosce in città, ma l’attenzione è “non è così brutale come prima”, spiega. Con il tempo si è poi abituata al suo nuovo viso. Ma la sua personalità è cambiata come il suo aspetto esteriore? “No, sono ancora la stessa persona”, risponde.

TRAPIANTI – Secondo il professor Sylvie Testelin, uno del team che ha operato Dinoire ad Amiens, non tutti i pazienti con gravi ferite al volto possono essere soggetti al trapianto. Si pensi anche che, prima di Dinoire, nel 2005 nessuno conosceva bene quali effetti potesse avere assumere cocktail di farmaci per prevenire il rischio rigetto del nuovo tessuto. Ma nel caso di Dinoire – e delle altre due persone in Francia che hanno avuto un trapianto di successo da allora – tutto si è risolto bene. I vantaggi sono stati di gran lunga superiori ai rischi.

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LA NUOVA VITA – Adesso Dinoire è più ottimista sul suo futuro. “Mi dico che andrà tutto bene. Se prendo i farmaci non ci dovrebbero essere problemi”, spiega. Trascorre le sue giornate insieme al suo nuovo cane, dato che il vecchio Labrador era stato abbattuto dopo averle rosicchiato il volto. Certo, resta sempre incline ad attacchi di depressione. Pensa poi sempre alla donna morta che le ha donato il volto. Aveva anche provato a cercarla su internet, ma il diritto francese non le permette di conoscere i dettagli e l’identità della sua donatrice. Così quando si sente giù d’umore pensa a lei: “Mi guardo nello specchio e mi dico che è stata lei a darmi nuova speranza”. Un giorno vorrebbe addirittura essere in grado di incontrare la famiglia della donna, per ringraziarli per quello che descrive come il loro “dono magico”.

(Photocredit: arbroath.blogspot.com, BBC)

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