Che succede se l’Italia stampa euro

Che succede se l’Italia si stampa la moneta? La “pazza idea” di Patty Berlusconi è discussa oggi su tutti i giornali; Giuseppe Sarcina in un corsivo ci spiega le conseguenze per quanto riguarda l’Ue e la Banca Centrale Europea. Sarcina comincia ricordando che gli Stati possono scegliersi uno stampatore di fiducia: la Finlandia, per esempio, si è affidata a una società inglese. All’epoca però l’Italia preferì  la continuità assegnando all’Istituto centrale oggi guidato da Ignazio Visco il compito di assicurare la produzione del denaro cartaceo, mentre il conio delle monete è rimasto all’Istituto Poligrafico e alla Zecca dello Stato.

Non esiste dunque, come farebbero intendere le parole di Silvio Berlusconi, un gigantesco torchio a Francoforte che stampa i soldi da spedire poi nelle varie capitali. L’Italia, dunque, si stampa già i suoi euro. Ma il punto chiave è che tocca alla Banca centrale europea stabilire quanta moneta ciascuno Stato può emettere o, meglio ancora, quanta liquidità far affluire al sistema economico attraverso il canale bancario, che è il vero polmone finanziario dell’Unione monetaria.

E cioé, spiega il Corriere:

L’«idea pazza» di Berlusconi, cioè mettere più denaro in circolazione saltando le indicazioni di Francoforte, scardinerebbe l’architrave della zona euro, svuotando di significato gran parte del Trattato di Maastricht. Dire «stampiamoci l’euro», significa, né più né meno, rimettere in discussione tutto il modello di integrazione sotteso alla moneta unica. Si vuole fare questo? E allora bisogna sconfessare la scelta compiuta durante il negoziato per Maastricht, quando il modello tedesco (indipendenza assoluta della Banca centrale) prevalse sulla formula francese (subordinazione al potere politico). L’Italia all’epoca si schierò con Berlino. Ma c’è un problemino: la Germania (tutta la Germania, non solo Angela Merkel) non ha certo cambiato idea.

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