Sonniferi, ecco perché sono pericolosi

Nel corso dei decenni, dagli anni ’60 ad oggi, abbiamo fatto sempre più ricorso ai sonniferi per migliorare la qualità del nostro riposo. A volte con troppa superficialità.

MEGLIO L’USO OCCASIONALE – Di quei farmaci è bene non abusare. Mariapaola Salmi su Repubblica spiega il perché:

A partire dalla prima metà degli anni Sessanta le benzodiazepine (BZD), più comunemente chiamate sonniferi, hanno rivoluzionato la cura dell’insonnia. A detta degli specialisti, ancora oggi se usate in modo corretto e non per tempi lunghi, queste molecole (oltre una trentina disponibili) possono risolvere parecchi problemi senza sostanziali effetti collaterali. Il punto è non abusarne, questione a quanto pare non facile per i nostri connazionali sempre più ansiosi e insonni. I dati del rapporto Osmed 2010 riferiti alla classe C, cioè ai farmaci che l’utente paga di tasca propria e per i quali è richiesta ricetta medica, mostrano come 7 tra i primi venti farmaci in ordine di consumo siano ansiolitici/ipnotici la cui spesa privata rappresenta il 17,2% della spesa totale per farmaci a pagamento. Crescita preoccupante che denota un uso diffuso e regolare delle confezioni di sonniferi che peraltro contengono un elevato numero di compresse e hanno un costo contenuto a dispetto dei bugiardini che ne raccomandano l’uso occasionale o periodico.

 

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L’ALLARME – Secondo gli scienziati l’abuso di sonniferi aumenta sensibilmente il rischio di morte prematura e di tumori. Continua Salmi su Repubblica:

A complicare le cose l’allarme di uno studio condotto dai ricercatori della Scripps Clinic di San Diego pubblicato sulla rivista BMJ Open, secondo i quali i sonniferi aumenterebbero di ben 4 volte il rischio di morte prematura che sale in maniera proporzionale al numero di dosi assunte all’anno e, come se non bastasse, provocherebbero un aumento di tumori. Rassicurante la risposta del professor Giovanni Biggio, presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia: «Le benzodiazepine sono i farmaci più prescritti e venduti dopo l’aspirina, centinaia di milioni di persone in tutto il mondo le usano senza incorrere in alcuna complicanza. Senza dubbio esiste il pericolo di cadute e di incidenti se questi farmaci si prendono senza le dovute accortezze. Quanto alla mortalità ho molti dubbi sui risultati dello studio, neurologi e psichiatri sanno bene che le benzodiazepine tolgono l’ansia, fanno dormire, ma non uccidono a condizione di avere il cuore sano e di non associarle ad altri farmaci o all’alcol che ne potenzia gli effetti».

MEGLIO IPNOINDUCENTI E POI ANTIDEPRESSIVI – Le benzodiazepine sono pericolose perché conducono alla dipendenza. Gli antidepressivi, invece, hanno un’azione più lenta, dicono gli esperti:

Le prime due benzodiazepine furono clordiazepossido, librium, e il diazepam o valium, che arrivarono sul mercato nel 1960 e nel 1963 grazie a Hoffmann- La Roche. «Fu un grande successo: prima per l’insonnia c’erano i barbiturici, molto pericolosi specie se presi con alcol per la loro potente azione inibitoria sui centri respiratori – ricorda Biggio – Solo nel 1975 si scoprì che gli effetti terapeutici delle benzodiazepine erano dovuti alla loro capacità di legarsi al recettore dell’acido gamma amino butirrico (GABA) inibitore naturale dell’eccitabilità neuronale, potenziando le sue proprietà ansiolitiche, sedative e ipnotiche. Oggi, dopo la scoperta che gli antidepressivi sono anche ansiolitici e che a differenza delle benzodiazepine non inducono dipendenza, si tende ad iniziare una cura con un ipnoinducente che agisce subito e a proseguirla con l’antidepressivo che ha un’azione più lenta». Sono gli ansiosi i maggiori fruitori di benzodiazepine prescritte nel trattamento acuto e cronico e spesso usate in modo inappropriato.

NO AL FAI-DA-TE – Per stabilire tempi, modi e frequenza di somministrazione dei vari farmaci è d’obbligo rivolgersi al medico generico, ad uno psichiatra o ad un neurologo. Mai prendere decisioni da soli:

Il tipo di molecola, il dosaggio, i tempi e le modalità di somministrazione, sono cruciali. Prendere il farmaco, dimenticarlo, poi riprenderlo, interrompere e riprendere ancora è un tira e molla che fa male ma che “piace” alle cellule nervose che si assuefanno e poi non ne possono fare più a meno. L’uso corretto parte dalla molecola giusta con la storia personale, al dosaggio appropriato e per un tempo preciso. È il medico di medicina generale, lo psichiatra o il neurologo a decidere. Poi ci sono gli accorgimenti. Mai il “fai da te”, mai associarli all’alcol, mai prenderli vicino all’orario di lavoro specie se si tratta di attività che richiedono forte attenzione, cauto utilizzo negli anziani che rispondono positivamente in genere ma sui quali le benzodiazepine possono dare disturbi di memoria e un eccessivo rilassamento muscolare che li espone a cadute, vietato l’uso in gravidanza e durante l’allattamento.

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