Quei lavori ben pagati che nessuno vuole fare

“Il giovanotto è uno studente che studia che si deve prendere la laura”. Con queste parole tratte da “Totò, Peppino e la malafemmina” si può riassumere l’ambizione della famiglia italiana media degli ultimi decenni. Crescere, studiare, formarsi perché al successo sui libri equivale il successo sul lavoro.

STUDIARE PER ESSERE A SPASSO – Eppure non sembra funzioni proprio in questa maniera. Negli ultimi anni si è assistito a una saturazione completa di determinate realtà, casualmente tutte legate a una formazione non propriamente tecnica. Il mondo del lavoro ha già assorbito tutti gli effettivi necessari per il funzionamento della società lasciando gli altri a spasso in quanto incapace di assorbirli. Certo, poi c’è la seconda possibilità. Mollare gli studi e buttarsi su un mestiere, su una specializzazione autentica, fare l’artigiano.

MEGLIO LA LAUREA CHE UN MESTIERE – Eppure nonostante ci sia bisogno di persone capaci di svolgere al meglio mansioni meno “prestigiose”, è proprio il loro aspetto esteriore a lasciare freddi i candidati e a mettere sul chi vive le famiglie ansiose del “pezzo di carta” e che non vogliono neanche lontanamente sentire la parola “laboratorio”. Ma la realtà è molto diversa da quella che lascia intravedere il sentire comune. Nell’ultimo numero de “l’Espresso” viene dato ampio spazio a questo tipo di professioni. “Cercasi artigiano disperatamente”, ovvero come vivere in un Paese, l’Italia, che ha fatto dello stile, dell’eleganza e della cura del dettaglio un caposaldo della propria economia.

IL VALORE DELLA QUALITA’ – A seguire si viene a scoprire che un artigiano può portare a casa come primo stipendio più di duemila euro al mese, che c’è una penuria cronica di sarte capaci di cucire le asole, e che spesso quando uno dei dipendenti arriva all’età pensionabile, rimane in azienda con un contratto da collaboratore perché la sua perizia non è replicabile da nessun giovane, con buona pace dei rottamatori e degli amanti delle novità a tutti i costi. La crisi economica, il costo del trasporto dei beni dai Paesi in via di Sviluppo e le nuove richieste da parte dei clienti che preferiscono la qualità al prezzo stanno portando imprese di varie dimensioni a scegliere di tornare in Italia perché anche se il costo della manodopera è cinque volte più alto che in Bulgaria, la qualità del prodotto rappresenta un valore aggiunto che poi si traduce anche nel prezzo.

 

AAA CERCASI… – Ma la gente non vuole. L’assioma “tanta fatica-pochi soldi” è un mito duro da sradicare. L’Espresso ci aiuta rivelandoci quali sono i mestieri con pochi addetti che potrebbero regalare emozioni, libertà oltre a un discreto riconoscimento economico: installatori d’infissi, panettieri e pastai, pasticceri e gelatai, cuochi, falegnami, spedizionieri, valigiai e borsettieri, conciatori di pelli, pellicce e pellettieri, sarti e tagliatori artigianali, modellisti e cappellai.

TRA DISOCCUPATI E POSTI VACANTI – Teleborsa cita dei dati diffusi nello scorso febbraio dalla Cgia di Mestre la quale aveva comunicato che nei primi nove mesi del 2011 vi erano stati 80 mila posti di lavoro in meno per i giovani. Di contro però le imprese hanno dichiarato di non essere riuscite a reperire 45.250 nuovi “ingressi”, sia per il ridotto numero di candidati che hanno risposto alle inserzioni sia per l’impreparazione dei potenziali candidati. Le figure più complesse sono quelle dei commessi, dei camerieri, dei parrucchieri, delle estetiste, dei meccanici, degli idraulici, dei baristi.

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