L’istruttore di nuoto che filmava le allieve nude

07/05/2012 di Dario Ferri

Sono motivazioni shock quelle riportate nella sentenza che ha condannato a due anni un 51enne di Atri, in provincia di Teramo, ex istruttore di nuoto, per aver registrato di nascosto delle donne mentre si cambiavano nello spogliatoio della piscina.

CAM NELLO SPOGLIATOIO – Ne parla Diana Pompetti sul quotidiano abruzzese Il Centro:

Undici pagine pesanti come macigni. Sono quelle che servono al giudice Ileana Ramundo per scandagliare le accuse all’ex istruttore di nuoto di Atri condannato a due anni e quattro mesi per aver filmato decine di donne nude, tra cui molte incinte, negli spogliatoi della piscina. Le motivazioni della sentenza (emessa ad aprile a chiusura del processo con il rito abbreviato) svelano nuove verità e partono da un assunto che il giudice, citando vari pronunciamenti della Cassazione, sottolinea più volte: «nel delitto di interferenze illecite nella vita privata il bene interesse tutelato è rappresentato dalla riservatezza personale, la privacy, intesa come diritto alla persona di svolgere la propria vita opponendosi a qualsiasi attività violatrice dell’intimità privata».

 

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1055 VIDEO IN ARCHIVIO – L’istruttore guardone avrebbe archiviato oltre mille video di donne nude. La cam sarebbe stata nascosta in un cestino dei rifiuti. Continua Pompetti sul Centro:

Intimità violata in 1005 filmati che, secondo l’accusa, Amicangelo Capanna Piscè, 51enne ex istruttore di nuoto di Atri e docente di sostegno alla scuola secondaria, avrebbe girato con una telecamera nascosta in un cestino dei rifiuti nello spogliatoio dell’impianto sportivo immortalando per dieci anni decine di donne, donne incinte, bambini e bambine mentre si spogliano e fanno la doccia. Immagine tutte catalogate «apponendo», scrive il giudice, «ad ogni singolo filmato il nome e cognome della sventurata protagonista e, quando si trattava di un minore o di una donna incinta, apponendo accanto al nome e cognome l’età e il numero di mesi di gestazione».

10 ANNI DI SPIA – Per ogni filmato veniva accuratamente indicata l’identità e l’età della persona ripresa. Una delle vittime è stata spiata dai 12 fino ai 21 anni:

Anche le varie fasi della crescita delle vittime. E’ il caso di una di loro: viene ripresa da quando ha dodici anni fino a quando ne compie 21. «L’imputato », scrive a questo proposito il giudice, «la ritrae senza interruzione seguendone la crescita ed interferendo indubbiamente nella sua vita privata: si fa fatica a ritenere penalmente irrilevante una siffatta condotta ed il tentativo di confinarla in una condotta che, al più, dovrebbe assumere deplorevoli censure di sapore unicamente moralistico appare riduttivo e non rispondente alla verità». E’ chiaro il giudice quando scrive che «tutto rimanda ad una personalità negativa che non ha mai mostrato segni di resipiscenza o scrupolo durante la perpetrazione delle squallide condotte ». Nel corso del processo le trenta parti civili sono state rappresentate dagli avvocati Manola Di Pasquale e Claudio Iaconi.

IL RITROVAMENTO – Le immagini sono state scoperte tre anni fa, nel corso di un’indagine sulla pedopornografia:

Il materiale filmato in piscina è stato trovato nel giugno del 2009, quando Capanna Piscè (difeso dall’avvocato Alfredo Ronda) venne coinvolto in una indagine nazionale sulla pedopornografia partita da Catania e arrestato con l’accusa di produzione e detenzione di materiale pedopornografico. Per questo episodio nel gennaio del 2010 l’uomo è stato giudicato con il rito abbreviato dal tribunale dell’Aquila (competente per il tipo di reato contestato): Piscè è stato assolto dall’accusa più grave, quella di produzione di materiale pedopornografico (per la quale è prevista una pena da sei a dodici anni) e condannato a due anni per detenzione di immagini pedopornografiche scaricate da internet sul suo computer.

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