La vecchia lettera di Asia Argento sulle violenze di Harvey Weinstein

13/10/2017 di Redazione

«Stasera c’è un festone per il capo della Miramax, mr Weinstein, che è a Roma ma io non ci sono andata. Certo, è il boss, e allora? È un cicciobomba butterato. Ha una lingua lunga tre metri e me la vuole sempre infilare al caldo». Subito dopo una frase irripetibile su dove il produttore cinematografico doveva sbattere quella sua linguaccia. È quanto scriveva Asia Argento esattamente 20 anni fa in una lettera inviata alla cronista del Giornale Daniela Fedi, con la quale l’attrice aveva costruito un forte rapporto di stima e fiducia. È la stessa giornalista a rivelare il contenuto di messaggi molto privati.

 

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LETTERA E TELEFONATA DI ASIA ARGENTO SULLE VIOLENZE DI HARVEY WEINSTEIN

Daniela Fedi era diventata amica di Asia Argento dopo una lunga intervista che l’attrice le aveva rilasciato per un mensile femminile. Da allora era cominciato un fitto scambio di corrispondenza via fax, di telefonate, sms. Il messaggio sul Weinstein «cicciobomba butterato» era spuntato in una delle prime lettere, contenente anche altre battute. Ma la giornalista oggi sul quotidiano diretto da Alessandro Sallusti ricorda anche una successiva telefonata di Asia che in lacrime le raccontava per filo e per segno quello che il produttore le aveva fatto a Cannes:

Ero annichilita dall’orrore. Non ebbi neanche bisogno di chiederle perché non avesse denunciato subito lo stupro: me lo disse lei. Ricordo le sue parole esatte: «Quel ciccione schifoso è così potente che la passerebbe liscia. A Monica Levinsky credono solo perché ha tenuto via il vestito. Perderei la stima di Abel. Non ci posso nemmeno pensare». Tentai di consolarla e alla fine le detti ragione: cerca di dimenticare, sei giovane, hai una vita davanti a te. Quando incontrai mr Weinstein a una sfilata della sua ex moglie Giorgina Chapman, stilista (D’Agostino direbbe «per mancanza di prove») del brand Marchesa, mi rifiutai di stringergli la mano. Lui non se ne accorse nemmeno, perché gli americani lo fanno spesso. Hanno paura dei microbi, loro.

(Foto Dpa da archivio Ansa. Credit: Hubert Boesl)

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