«Ha ucciso mio marito Emmanuel dopo avermi chiamato scimmia africana. Lui è libero, ma io resto in Italia»

Un’esistenza da ricostruire in un luogo che, per ragioni di sicurezza, non si può svelare. È questa la vita di Chinyere, 25 anni, moglie di Emmanuel, ucciso nel 2016 da Amedeo Mancini. L’ultras fascista della Fermana aveva chiamato la donna «scimmia africana», Emmanuel aveva reagito ed era stato aggredito. Lo ha steso un pugno in pieno volto. Ora, Mancini è libero (aveva patteggiato 4 anni, ma a maggio del 2017 è uscito per buona condotta): aveva l’attenuante della provocazione. Chinyere non lo vuole incontrare per strada e preferisce vivere in maniera appartata.

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EMMANUEL, IL RICORDO DI CHINYERE

«Quando l’ho visto al processo – racconta al quotidiano La Repubblica – non mi ha nemmeno guardata in faccia. Avrei voluto chiedergli semplicemente ‘perché?’. Forse non gli importava niente di me». Nonostante tutto, Chinyere ha deciso di restare in Italia: studia medicina, per distrarsi segue corsi di informatica e di cucina. Confida nel conforto della religione.

«Le mie giornate sono semplici. Studio, prego per l’anima di Emmanuel, per quella del suo assassino e anche per il mio avvocato che svolge un lavoro difficilissimo». Il resto è il ricordo di Emmanuel: «Lui era analfabeta, per questo io rappresentavo il suo appoggio per tutto. Ma lui era la mia forza. Nella notte in cui ci ha lasciato l’ho sognato: è stato una sorta di presagio per me».

MORTE EMMANUEL, CHINYERE: «NON HO MAI ODIATO CHI L’HA UCCISO»

La loro storia d’amore, interrotta bruscamente da un pugno letale in pieno volto, ha avuto inizio in Nigeria. All’epoca, imperversava Boko Haram, il gruppo terrorista che ha ucciso la famiglia di Chinyere. Compresa la figlia. L’altro bambino che aspettava non è mai nato: la violenza di un trafficante di uomini le causa un aborto. Poi, però, quando Emmanuel e Chinyere sono arrivati in Italia l’incubo sembrava finito.

Invece, l’uomo è stato ucciso da un italiano che si vantava di lanciare le noccioline alle persone di colore. E che adesso può girare liberamente per le strade di Fermo. «Non ho mai odiato la persona che ha ucciso Emmanuel – dice Chinyere – e so che la devo perdonare perché nella Bibbia ci sono solo parole di bontà». Il corpo di Emmanuel, ora, è sepolto in Nigeria: «Chi muore di una morte violenta, secondo le nostre tradizioni, può trovare conforto solo se viene sepolto in patria – racconta Chinyere -. Il papà di Emmanuel mi aveva chiesto di riportarglielo in Nigeria, se fosse morto. È andata proprio così».

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