Vittorio Sgarbi, palazzo Sirena Francavilla e carezza del poliziotto alla rifugiata per criticare Laura Boldrini

25/08/2017 di Redazione

Vittorio Sgarbi è riuscito in una impresa piuttosto rara. Riuscire a criticare la “Boldrina” e la distruzione dei palazzi fascisti, palazzo Sirena a Francavilla,  che en passant la presidente della Camera non ha mai chiesto, esaltando in contrapposizione la carezza data da un poliziotto a una delle rifugiate sgombrate da piazza dell’Indipendenza ieri a Roma. L’immagine simbolo della giornata di ieri diventa il pretesto per un attacco ai buonisti: l’umanità di una carezza si tramuta dunque in una critica radicale a chi chiede umanità. Gli idranti, le manganellate, la fuga dei rifugiati inseguiti dalla polizia tutto cancellato da una carezza. Che svela la vera cattiveria di chi vuole abbattere i monumenti fascisti. Non c’entra niente? No ovviamente, ma rimane un come se fosse antani davvero non male.

SGARBI, PALAZZO SIRENA FRANCAVILLA CONTRAPPOSTA ALLA CAREZZA DEL POLIZIOTTO

 

Il gesto del poliziotto è una testimonianza di verità e umanità che va al di là di qualunque pregiudizio e di qualunque ideologia. Un uomo – e questo è un uomo – ha di fronte una donna che soffre. La carezza. Cos’altro dovrebbe fare? Le sue armi non sono offensive, non trasformano le ragioni del cuore. Da quel soldato la donna avrà protezione materiale e protezione spirituale. L’immagine, diffusa da una falsa sinistra, di una polizia violenta, è pura e triste retorica che questa fotografia smentisce; ed è la migliore risposta a quella Boldrina che il 2 giugno guarda con sufficienza alle forze dell’ordine, e non applaude al passaggio della Folgore. Oggi sarà rimasta folgorata da questa immagine, che per noi è una conferma.

 

LEGGI ANCHE > IL POLIZIOTTO E LA RIFUGIATA. SPRAZZO DI UMANITÀ NELL’ORRORE DI PIAZZA INDIPENDENZA A ROMA | FOTO

Ma fosse solo quello, il commento di Vittorio Sgarbi si limiterebbe alla normale retorica anti buonisti e a favore delle forze dell’ordine che caratterizza testate di destra come il Giornale. Sgarbi però va oltre, visto che attribuisce a Laura Boldrini, chiamata con disprezzo Boldrina, disprezzo per la polizia e i militari, e riesce a trovare un legame insensato tra la carezza dell’agente e la demolizione di Palazzo Sirena a Francavilla a Mare. La distruzione di un edificio ispirato all’architettura fascista ha trovato una radicale opposizione di Sgarbi, che, attraverso l’ennesima accusa a Laura Boldrini, è riuscito a inventarsi un legame con la carezza del poliziotto alla rifugiata.

In compenso la Boldrina, imbarazzata davanti a questa fotografia, ha trovato il suo vendicatore nel sindaco di Francavilla al mare che, in preda a deliri distruttivi, ha iniziato ad abbattere un edificio di linee fasciste ispirate all’Eur, benché realizzato nel 1947. Lì non c’è stato un soldato che ha avuto pietà di quella architettura come della migrante in lacrime. Il sindaco ha chiamato le ruspe, in spregio allo Stato e alle indicazioni della Soprintendenza, per dare una prova di forza, e cancellare la memoria di un edificio a lui ingrato benché circondato da un’edilizia spregevole che evidentemente non lo disturba. E se abbiamo provato una sensazione di gioia davanti alla fotografia del soldato pieno di umanità, proviamo dolore davanti a immagini di distruzione, in una terra colpita dal terremoto che dovrebbe vedere speranza e ricostruzione e non ulteriori abbattimenti, ferite, insensate prepotenze. Usciamo da questa giornata con una consolazione e una amarezza.

Sgarbi conclude il suo editoriale rimarcando come la carezza dell’agente di polizia alla rifugiata realizzi addirittura il principio cristiano, paragonandola a un quadro di Rembrandt a cui tra l’altro non assomiglia per nulla.

Il gesto delle due mani del soldato sul volto della donna è carico di speranza, di futuro, di umanità, che prevalgono su ogni distanza tra uomo e uomo. Realizza il principio cristiano: «Homo homini deus», e richiama pittoricamente le imposizioni delle mani del padre sul figliol prodigo nel dipinto di Rembrandt all’Ermitage. In quelle mani, più ancora che in un abbraccio, c’è uno slancio istintivo, di somiglianza, di identificazione. Quell’immagine ci ritornerà frequentemente alla mente. Quelle mani sono anche le nostre.

Foto copertina: ANSA/ANGELO CARCONI

Share this article