In Italia, 300 persone vengono curate con elettroshock. E c’è chi dice che dia benefici

24/08/2017 di Redazione

A legere i racconti sull’elettroshock di alcuni pazienti che lo hanno sperimentato riportati su L’Espresso, si direbbe che questa tecnica abbia dei benefici, a dispetto del nostro immaginario collettivo. La verità, però, è che la pratica è ancora piuttosto controversa, viene utilizzata da poche strutture – almeno in Italia – e non viene trattata nei convegni o nelle lezioni di psichiatria all’università.

LEGGI ANCHE > Italia regina dell’elettroshock

I PARERI FAVOREVOLI ALL’ELETTROSHOCK

Eppure, c’è chi parla di indubbi benefici dopo il ciclo di trattamenti. Specialmente per quanto riguarda i pazienti affetti da schizofrenia, che soffrono di stati maniacali e che più volte, nel corso della loro vita, hanno tentato il suicidio.

Giuseppe Fàzzari, psichiatra dell’Unità Operativa di Psichiatria agli Spedali Civili di Brescia, dirige uno dei centri in cui si fa la Tec (il trattamento con elettroshock) in Italia: «Quando a Milano mi sono specializzato in psichiatria ero contrario all’elettroshock – racconta a L’Espresso -, poi nel 1991 capitò qui una giovane con una depressione grave e disturbi psicotici post partum. Parlava di suicidio e i farmaci non le facevano granché. Decisi di provare e, con il suo consenso, fu sottoposta a 8 trattamenti. Il risultato fu sorprendente. Altri casi seguirono: riuscii a ottenere attraverso una donazione un apparecchio moderno per la Tec e convinsi direttore sanitario e comitato etico ad accreditare l’ospedale per questi trattamenti».

Secondo una sua stima – che, sebbene ufficiosa, è quella più recente – in Italia ci sono pochi centri che praticano questa terapia: nel 2014 sono stati trattati 18 pazienti a Oristano, 12 a Brunico, 63 a Brescia-Montichiari, 57 a Pisa, 110 alla casa di cura Villa Santa Chiara a Verona. Negli Stati Uniti, in Canada e in alcuni Paesi europei, invece, l’elettroshock è considerata una terapia di prima scelta ed è molto più inflazionata.

I PARERI CONTRARI ALL’ELETTROSHOCK

Nel nostro Paese, senz’altro, ha influito una circolare del 1999 firmata dall’allora ministro alla Sanità Rosy Bindi che dichiarava: «La psichiatria attualmente dispone di ben altri mezzi per alleviare la sofferenza mentale, a tal punto che la Tec risulterebbe quasi desueta almeno nelle strutture pubbliche sia universitarie che del Servizio Sanitario Nazionale». Inoltre, ha sempre pesato sul mondo accademico l’opinione di Franco Basaglia, autore della legge che superò i manicomi, e che era solito affermare: «È come dare una botta a una radio rotta: una volta su dieci riprende a funzionare. Nove volte su dieci si ottengono danni peggiori. Ma anche in quella singola volta in cui la radio si aggiusta non sappiamo il perché».

Tra quei danni, ad esempio, la perdita della memoria, sebbene parziale e temporanea. L’elettroshock, insomma, rimane tema dibattuto nel mondo scientifico. Anche se in Italia torna a essere utilizzata sempre di più.

Share this article