Pedofilo abusa un 13enne disabile nel Reggiano e il gip nega il carcere preventivo

21/08/2017 di Redazione

Pedofilo, ma con «uno straordinario senso di autodisciplina», per questo il giudice non ha accolto la richiesta del pm di far attendere il processo in carcere a un 21enne pachistano che – come lui stesso ha confessato – ha abusato di un connazionale 13enne disabile mentale. Una decisione che ha fatto scatenare una bufera sul gip che l’ha presa: contro di lui le associazioni a tutela dei minori, la politica – tutta, dalla Lega Nord al Pd – e anche il Ministero della Giustizia, che invierà degli ispettori al tribunale di Reggio Emilia, come riferisce la Repubblica.

Sul banco degli imputati adesso c’è lui, Giovanni Ghini, 58 anni, giudice per le indagini preliminari. La sua colpa? Tre giorni fa ha di fatto evitato di spedire in carcere un 21enne pakistano, Akthtar Nabeel, richiedente asilo, che ha confessato un rapporto sessuale con un bimbo disabile di 13 anni, suo connazionale, in un paese della Bassa reggiana, aggiungendo che la vittima era consenziente. La toga adesso è chiusa nel silenzio. L’unica persona a difenderlo è la sua compagna, Monica Ranellucci, avvocata: «È una situazione inaccettabile. Abbiamo ricevuto insulti e minacce di morte che non si possono prendere alla leggera. Lui ha soltatanto applicato la legge».

L’episodio di violenza su cui indagano i carabinieri, coordinati dal pm Maria Rita Pantani, risale allo scorso 10 luglio: il 21enne pachistano ha convinto il connazionale 13enne con deficit cognitivi a seguirlo in una gita in bicicletta in campagna. Lì ha abusato di lui, sostiene con il suo consenso. Il ragazzino ha poi raccontato tutto ai genitori, che hanno sporto denuncia contro il pedofilo. Il giovane è finito ai domiciliari, fino al 18 agosto, quando il gip Giovanni Ghini ha preso la decisione tanto discussa, di non concedere la misura cautelare in carcere, come chiesto dal pm. La ragione: «uno straordinario senso di autodisciplina», che – «anche senza la pienissima confessione» – garantisce che «le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con misure diverse».

PER IL PEDOFILO SOLO L’OBBLIGO DI FIRMA, AI DOMICILIARI NON PUÒ STARE PERCHÈ SENZA CASA

Il pedofilo dunque dovrà aspettare di essere processato, senza poter espatriare e con l’obbligo di firma. Non poteva restare ai domiciliari, perché – come spiega Repubblica – «il connazionale che lo ospitava non lo vuole in casa. In un’altra abitazione individuata ci sono dei minori ed è stata scartata. Dunque è a piede libero».

LE PROTESTE CONTRO IL GIP CHE HA NEGATO IL CARCERE AL PEDOFILO

La polemica politica contro il gip che ha negato il carcere al pedofilo è trasversale: a livello locale hanno protestato i sindaci della zona e il governatore Pd dell’Emilia Romagna Bonaccini, che si è detto «sconcertato». A livello nazionale la decisione del magistrato è stata condannata da Matteo Salvini, che ha commentato: «Questa non è giustizia». E la parlamentare del Movimento 5 Stelle Maria Edera Spadoni ha presentato un’interrogazione parlamentare al governo a proposito di questo.

BUFERA NEL REGGIANO E SUI SOCIAL CONTRO IL GIUDICE CHE HA NEGATO IL CARCERE AL PEDOFILO REO CONFESSO

A livello locale c’è paura e c’è indignazione contro la decisione del gip di non concedere il carcere preventivo al pedofilo reo confesso. L’associazione a tutela dei bambini abusati “La caramella buona” ha organizzato un sit-in di protesta per il 24 agosto davanti al tribunale. C’è anche un dress code: camicia. Il magistrato è stato infatti duramente criticato anche per il suo abbigliamento: quando ha preso la tanto discussa decisione indossava una t-shirt rossa. La bufera contro di lui soffia anche sui social, «tanto che che la presidente vicaria del tribunale di Reggio Cristina Beretti ha dovuto fare una nota: “Il procedimento non è chiuso. Ogni decisione può essere discussa con modi che mai devono trascendere nell’insulto e nella minaccia nei confronti di chi l’ha presa”», come riferisce Repubblica.

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