Parla il padre di Gabriele Rigotti: «Ha sbagliato ma non spaccia. Vorrei abbracciare il padre di Adele»

31/07/2017 di Redazione

Marco Rigotti, padre di Gabriele, racconta quegli attimi concitati in cui suo figlio è stato fermato per la morte della sua amica, Adele, di soli 16 anni. A stroncare la ragazza una overdose di mdma. Gabriele e Sergio Bernardin, 21 anni, fidanzato

della ragazza, sonno stati fermati con l’accusa di aver ceduto quella dose letale alla sedicenne.

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Racconta il padre del giovane, albergatore di sestri Levante, a il Corriere della Sera:

«Doveva aiutarmi qui in albergo e non lo vedevo arrivare. Ho pensato: avrà fatto tardi e starà ancora dormendo. A mezzogiorno mi ha chiamato. “Papà è scoppiato un casino, sono in questura perché mi hanno preso con la droga”. Non gli ho nemmeno fatto dire il resto. Ho perso il controllo, gli ho urlato dietro le peggiori parolacce, urlavo così tanto che Gabriele non riusciva a parlare e a un certo punto un vicequestore dall’altra parte ha preso il telefono e mi ha spiegato lui…»

Marco Rigotti racconta quella sfuriata con dispiacere. Perché da quelle parolacce in poi non ha più potuto avere
contatti con suo figlio e «vorrei tanto dirgli che non penso quelle cose orribili che ho detto. Ero solo choccato, non riuscivo a crederci».
(…)
Il padre di Gabriele fa i conti con i sensi di colpa per quelle cattiverie al telefono «ma soprattutto—dice sospirando
— penso a quella ragazza e allo strazio di suo padre e di suo fratello. Vorrei abbracciarli. Io e mia moglie siamo profondamente addolorati, mi creda. Anche noi abbiamo la nostra parte di dolore in questa storia ma nostro figlio c’è ancora mentre Adele non tornerà mai più a casa…»
Marco dice che «finché c’è vita tutto si può risolvere», rimette in fila i ricordi e ipassaggi di una vita in cerca del
punto esatto in cui lui, come padre, non ha capito, non ha visto o magari non ha nemmeno guardato. E giura che d’ora in poi veglierà su ogni dettaglio perché al suo Gabriele non succeda mai più nulla:
«Se lo avessi davanti a me, adesso, lo abbraccerei. Gli direi che non lo abbandonerò mai, che lo aiuterò, che né io
né sua madre lo lasceremo mai solo. Gli errori si pagano — segue il filo dei suoi pensieri — e pagherà per quello che
ha fatto ma mio figlio non è un delinquente, non è uno spacciatore, a meno che non ci siano altre cose che io non so,
trovo assurdo che con i fatti di oggi sia accusato di spaccio. Poteva morire anche lui oppure soltanto lui l’altra sera. Questi ragazzi sono consumatori, non spacciatori».

(Immagine da profilo Facebook da Adele De Vincenzi)

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