Ibrahim Manneh morto di appendicite e razzismo

11/07/2017 di Redazione

Oggi su Il Fatto Quotidiano Francesca Fornario racconta la storia di Marco sentitosi male domenica, mentre era con suo fratello e gli amici e morto più tardi perché nessuno ha creduto ai suoi sintomi e al suo mal di pancia.

Un ragazzo gentile di 24 anni che parlava cinque lingue, impegnato come volontario per tradurre le informazioni ai richiedenti asilo. Si lamentava per i forti dolori all’addome. I crampi che provoca l’appendicite quando si infiamma. È corso in ospedale, dove lo hanno subito dimesso. «Ma io sto malissimo, mi fa male la pancia!», ripeteva. Non gli hanno creduto.

Nelle ore successive i dolori aumentano. La sera, Marco non riesce più a stare in piedi. Suo fratello e i suoi amici lo portano alla farmacia di turno, quella di Piazza Garibaldi, a un passo dalla stazione centrale di Napoli. Il farmacista si rifiuta di aprire la porta. Vede il ragazzo contorcersi per il dolore. Lo pregano di chiamare un’ambulanza. Attendono per più di un’ora, mentre Marco è riverso a terra, ma l’ambulanza non arriva. I ragazzi corrono alla fermata dei taxi più vicina, quella di Piazza Mancini. Per accompagnare Marco in ospedale servono dieci euro per la corsa. «Eccoli!», dicono, ma il tassista si rifiuta di caricarli. «Per piacere, sta malissimo!». Niente da fare. I ragazzi sollevano Marco e lo scortano a un’altra farmacia. Il farmacista osserva il ragazzo e gli suggerisce di acquistare farmaci per quindici euro. Marco inghiotte i farmaci, torna a casa, vomita.

Marco si è sentito male domenica, mentre era con suo fratello e gli amici. Un ragazzo gentile di 24 anni che parlava cinque lingue, impegnato come volontario per tradurre le informazioni ai richiedenti asilo. Si lamentava per i forti dolori all’addome. I crampi che provoca l’appendicite quando si infiamma. È corso in ospedale, dove lo hanno subito dimesso. «Ma io sto malissimo, mi fa male la pancia!», ripeteva. Non gli hanno creduto.

Nelle ore successive i dolori aumentano. La sera, Marco non riesce più a stare in piedi. Suo fratello e i suoi amici lo portano alla farmacia di turno, quella di Piazza Garibaldi, a un passo dalla stazione centrale di Napoli. Il farmacista si rifiuta di aprire la porta. Vede il ragazzo contorcersi per il dolore. Lo pregano di chiamare un’ambulanza. Attendono per più di un’ora, mentre Marco è riverso a terra, ma l’ambulanza non arriva. I ragazzi corrono alla fermata dei taxi più vicina, quella di Piazza Mancini. Per accompagnare Marco in ospedale servono dieci euro per la corsa. «Eccoli!», dicono, ma il tassista si rifiuta di caricarli. «Per piacere, sta malissimo!». Niente da fare. I ragazzi sollevano Marco e lo scortano a un’altra farmacia. Il farmacista osserva il ragazzo e gli suggerisce di acquistare farmaci per quindici euro. Marco inghiotte i farmaci, torna a casa, vomita.

MORIRE DI APPENDICITE E RAZZISMO: POLIZIOTTI DAVANTI A PARENTI E AMICI DI IBRA

In questo racconto c’è solo una cosa che non è vera. Ed è il nome del ragazzo: non si chiama Marco ma Ibrahim Manneh, originario della Costa D’Avorio. Ibra è morto a Napoli, per una appendicite che si poteva risolvere con un nulla. Francesca Fornario racconta come la denuncia della sua morte sia partita dallo sportello medico e legale gratuito dell’Ex Opg Occupato.
Tra i medici dell’ex Opg, che si tiene in vita grazie alle donazioni, ci sono specialisti di medicina generale, il ginecologo Enrico che lavora in una struttura convenzionata, l’ortopedico Francesco detto Ciccio, un primario in pensione e tanti altri.Una oasi in quel deserto che non pensi di trovare a Napoli. Spiega Fornario:

L’ambulatorio si è costituito grazie alle donazioni, come i due ecografi arrivati da un ginecologo in pensione. «Sono tante le gravidanze che abbiamo seguito. Da poco è nato Denis, il figlio di una ragazza cinese. «Non parlava italiano, ci capivamo traducendo sul telefono». Per questo, all’Ex Opg ci sono anche i corsi gratuiti di italiano. «Vengono a farsi visitare anche tanti abitanti del quartiere e delle altre zone di Napoli. Un napoletano che non sapeva leggere e scrivere sta imparando qui». Il controllo popolare della salute, lo chiamano.

L’Ex Opg ha convocato una conferenza stampa per raccontare questo assurdo episodio di razzismo e malasanità. Stamane, alla conferenza   indetta davanti all’ospedale, si è presentata la polizia in tenuta antisommossa. Sì, caschi e manganelli davanti ai parenti di Ibra.

guarda il video: 

(Via FB Ex Opg occupato. Foto copertina via Ex Opg)

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