El Salvador: stuprata e condannata a 30 anni per aborto

08/07/2017 di Stefania Carboni

Evelyn Hernandez Cruz è stata condannata a trent’anni di carcere con l’accusa di “omicidio aggravato”. La sua colpa? Aver abortito. Questa la sentenza emessa da un tribunale di El Salvador contro la ragazza di 19 anni, che era stata violentata e che aveva subito un aborto spontaneo. Il suo caso sta facendo discutere, provocando la reazione di associazioni per i diritti umani, fra cui Amnesty International.

Evelyn rimase incinta a 18 anni dopo essere stata violentata a Los Vasquez, il piccolo villaggio dove viveva. Non ha mai denunciato lo stupro per paura e non si era accorta della gravidanza fino al 6 aprile del 2016, quando, a seguito di forti dolori, era stata portata in una vicina struttura ospedaliera. Lì, con l’aiuto della madre è stata ricoverata nella città di Cojutepeque, dove ha subito un aborto spontaneo. Come è possibile?

El Salvador è uno dei cinque paesi in cui l’aborto è illegale in tutte le circostanze. Decine di donne sono state imprigionate per un aborto, anche semplicemente perché hanno subito complicazioni ostetriche.
Secondo il giudice la ragazza non ha cercato in alcun modo di salvare il bambino e lo ha buttato nella toilette, dove ha abortito, con l’intento di ucciderlo. Non solo, la madre, l’avrebbe aiutata in tutto ciò e ora rischia il favoreggiamento.
Secondo Morena Herrera, presidente di “Citizens’ Group for the Decriminalisation of Abortion” il verdetto è basato sui pregiudizi del procuratore e del giudice.
«La sentenza che condanna Evelyn a 30 anni di prigione mostra come la giustizia di El Salvador viene applicata senza prove dirette, senza prove sufficienti che chiariscano ciò che una donna ha fatto», ha detto Herrera.

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