«Ok all’adozione ma frequentate gli etero». La sentenza sulle mamme lesbiche che fa discutere

30/06/2017 di Redazione

Miriam, 31 anni, ha una bimba di 5 con la moglie Silvia, 37. Si sono unite civilmente a Mestre, questo autunno. Il 15 giugno

il Tribunale dei minori di Venezia ha riconosciuto a Silvia l’adozione in casi particolari, rendendola anche legalmente
madre della piccola, anche se non è sangue del suo sangue. Quello che però preoccupa dell’ok del tribunale è altro. E lo racconta oggi il Corriere della Sera:

Le mamme — scrivono i giudici — «dovranno avere un atteggiamento aperto verso l’identità di genere della bambina, per permetterle uno sviluppo adeguato e l’opportunità di relazionarsi con persone a orientamento non omosessuale».
La frase è tratta dalla relazione dei servizi sociali, che nelle stepchild adoption devono verificare se l’adozione è nell’interesse del minore—e in questo caso hanno stabilito di sì. «Mostra però poca informazione su questi temi, prima
di tutto perché con fonde l’identità di genere (femminile, maschile o transgender) con l’orientamento sessuale (etero, gay o bisessuale) — dice Valentina Pizzol, legale di Rete Lenford che ha seguito il caso insieme all’avvocato Umberto Stracco —. E poi perché tradisce una forma di inconsapevole omofobia: la paura del contagio omosessuale. Nessuno ha mai scritto in una sentenza simile che un figlio di eterosessuali debba frequentare anche persone gay».
C’è anche una certa ironia: «Se valesse questa regola io sarei etero, perché sono cresciuta senza frequentare neppure
una persona gay», dice Miriam con un sorriso.

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Lei e Silvia sono comunque contente: senza stepchild sono i singoli tribunali a decidere sulle adozioni. E ora la piccola potrà esser tutelata anche dalla convivente della madre.

(in copertina foto  VW Pics via ZUMA Wire)

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