La leggenda di Nerone

04/04/2012 di John B

Tra le leggende e i miti popolari, tramandati di generazione in generazione e spesso citati e ricordati nei contesti più disparati, vi è quello dell’incendio di Roma voluto e ordinato dall’imperatore Nerone che poi si godette lo spettacolo della città in fiamme, suonando e recitando versetti omerici.

TESI – Il mito non è radicato solo qui in Italia, ma a livello internazionale. Ad esempio, l’anno scorso il Time paragonava Berlusconi a Nerone, “l’imperatore che suonava la cetra mentre Roma bruciava”, prima ancora Pagina12 in Argentina scriveva che “Roma bruciò sotto gli occhi di Nerone”. Ma fu davvero Nerone a bruciare Roma? E davvero l’imperatore contemplò l’incendio suonando e cantando? L’incendio di Roma scoppiò il 18 luglio del 64 d.C. e durò nove giorni, distruggendo buona parte della città e provocando migliaia di morti. L’imperatore Nerone, descritto come crudele e sadico, avrebbe ordinato ai suoi servitori di appiccare gli incendi ma il motivo di un simile folle gesto non è chiaro: c’è chi racconta che lo fece per il puro gusto di ammirare lo spettacolo, c’è chi afferma che il gesto fu determinato dalla sua insofferenza per i quartieri romani dalle vie strette che ospitavano numerose abitazioni distribuite in modo disordinato. Come se questo non bastasse, Nerone poi accusò i Cristiani dell’incendio, e li perseguitò. Quali sono le fonti su cui si basa questa ricostruzione? Qui casca l’asino, perché l’accusa a Nerone nacque dall’opera De Vita Caesarum scritta dallo storico Svetonio (che visse tra il 70 e il 126) e fu poi ripresa da Cassio Dione (155 – 235) nell’opera Storia Romana che ci è giunta incompleta.

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RICOSTRUZIONI – Svetonio, però, non aveva aggiunto nuove informazioni rispetto a quanto aveva scritto lo storico Tacito (vissuto tra il 55 e il 120), bensì si era limitato a interpretarle in una logica avversa a Nerone. La posteriorità dell’opera di Svetonio, l’assenza di nuove e diverse informazioni rispetto a quella di Tacito, l’avversione che Svetonio nutriva per Nerone, rendono Tacito decisamente più attendibile e obiettivo. Ebbene, Tacito non ha mai sostenuto la responsabilità di Nerone nell’incendio. Tanto per cominciare, l’imperatore si trovava ad Anzio, quando divamparono le fiamme, e già questa circostanza rende ben poco credibile la storia del folle imperatore che fece appiccare il fuoco al fine di trarre ispirazione per la sua vena artistica. Precipitatosi a Roma, Nerone coordinò i tentativi di controllare l’incendio e si adoperò per soccorrere le vittime, per le quali fece allestire ampie strutture di cura e ricovero.

ALTRE OPINIONI – Anche altri scrittori e storici contemporanei a quelle vicende, come Marziale, Cluvio Rufo e Flavio Giuseppe, non hanno mosso alcuna accusa a Nerone per l’incendio. In altre parole, tutti gli storici più attendibili hanno attribuito le cause del disastro a un evento accidentale. Del resto, non era la prima volta che Roma veniva colpita dalla furia delle fiamme. Nell’anno 6 numerosi incendi avevano colpito la città e l’impero Augusto costituì l’equivalente di un corpo dei vigili del fuoco, forte di circa settecento uomini. Nel 27 le fiamme distrussero il quartiere Celio e nel 36 toccò all’Aventino, mentre nel 54 un grosso incendio lambì Campo Marzio. In conclusione, non esistono il mito che Nerone abbia fatto incendiare Roma o che abbia suonato e cantato mentre la città bruciava è privo di qualsiasi fondamento, ed è probabilmente figlio dell’avversione dell’aristocrazia nei confronti di un imperatore che aveva adottato una politica favorevole alla plebe e del risentimento dei cristiani che ne subirono la persecuzione.

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