Giorgio Chinaglia e i casalesi, tutta la storia

«Chinaglia, previa retribuzione della somma di 700 mila euro, – scrive il gip Guglielmo Muntoni – fungendo da prestanome dell’ operazione finanziaria, come formale intestatario dei conti correnti, italiani ed esteri, ove far pervenire le somme, era stato individuato in virtù del suo ascendente presso le tifoserie laziali onde agevolare la manipolazione dei gruppi organizzati per rafforzare la realizzazione del programma di acquisizione societaria». Muntoni scrive che l’ ex calciatore, oggi sessantunenne rifugiato in New Jersey, risulta «quale formale acquirente delle azioni della Ss Lazio». E quando in Consob, la commissione di controllo sulla Borsa, gli hanno chiesto di chi fosse il denaro per scalare la società, lui ha risposto: «Le risorse finanziarie sono riconducibili a un gruppo chimico farmaceutico ungherese». Prima ha indicato Gedeon Richter Rt, poi ha virato verso la Bank investment, in ultimo ha tirato in ballo la Investkredit Bank di Budapest. Tutti hanno smentito. «I soldi in realtà erano del clan dei Casalesi». I contatti con la camorra sarebbero stati tenuti da Giuseppe Diana, «dominus dell’ operazione», detenuto al carcere di Opera in regime di 41 bis per altri fatti, considerato organico al clan La Torre di Casal di Principe. Centrale anche il ruolo di un suo uomo di fiducia, Guido Di Cosimo, «il tesoriere», titolare di alcuni conti all’ estero utili al riciclaggio, luogotenente romano dei casalesi. Arrestato, ha già ammesso di avere riciclato denaro per conto di Diana. Entrambi in rapporti con Chinaglia.

LA CAMORRA NEL CALCIO – L’ azione si svolge in due tempi:

La Nuova Diana Gas con sede a Mondragone, di Giuseppe Diana, si offre di sponsorizzare la Lazio per la Coppa Uefa e per la Coppa Italia nell’ anno 2005. Si chiedono in cambio due milioni di euro. «Da consegnare in contanti», sottolinea il gip. Lotito non ci deve chiaro e rifiuta. Il secondo tentativo coinvolge più direttamente Chinaglia, che parla ai giornali del gruppo ungherese che vorrebbe acquistare il controllo della squadra e con le sue dichiarazioni farà schizzare il titolo di oltre il 30 per cento. Pagherà con l’ accusa di aggiotaggio che lo ha portato alla latitanza. Chiusa la prima indagine, il nucleo valutario scopre che l’ ex calciatore «ha aperto un conto corrente, numero 62193, presso San Paolo Imi, agenzia 83 in via Mantegna a Roma». Lì dovevano arrivare i 24 milioni dei Casalesi per rilevare il pacchetto di maggioranza della Lazio. «Ordinante alla Volkbank di Budapest è Guido di Cosimo, beneficiario in Italia, Giorgio Chinaglia». Soldi che non arriveranno, ma che consentono all’ ex calciatore di incassare 700 mila euro, la paga «per l’ attività di riciclaggio». Le prove stanno nelle intercettazioni. Il 23 giugno 2004 in una telefonata dal suo cellulare, Chinaglia afferma che a lui «interessa solo che i soldi arrivino per avere la sua parte». Una intercettazione del 26 agosto 2004, tradisce Di Cosimo che «in mattinata ha fatto un trasferimento di 700 mila euro sul conto di Giorgio». Di Cosimo è convinto di riuscire. «La Lazio la prendiamo in tre giorni», dice al telefono. L’ operazione viene fermata dalla magistratura. Ieri sequestri per 2 milioni di euro.

LA FINE DELLA STORIA – A metà del luglio 2010 Chinaglia viene rinviato a giudizio, e decide di non tornare in Italia ma di rimanersene in Florida, dove tecnicamente per la giustizia italiana è latitante. L’accusa è di riciclaggio nell’ambito dell’inchiesta sulla scalata alla Lazio che si tentava di acquistare con il denaro del clan dei Casalesi, condotta dai pm Roberto Staffa, Stefano Rocco Fava, Elisabetta Ceniccola. Le accuse sono riciclaggio, estorsione ed aggiotaggio. Nel novembre 2007 viene multato per 4,2 milioni di euro per la scalata alla Società Sportiva Lazio, a seguito di decisione della Consob. L’ex campione viene riconosciuto responsabile di manipolazione del mercato e di ostacolo all’attività di vigilanza della Consob.

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