Veltroni invita Renzi a farsi da parte. «Il Pd non ha più una identità»

27/06/2017 di Redazione

«Da anni la sinistra ha perso, persino nel calore delle parole, la capacità di condividere il disagio e l’insicurezza, che ormai ha tratti quasi antropologici, degli strati più deboli della società. Qualcuno si meraviglia del successo del

centrodestra. Io no, perché ho sempre avuto la consapevolezza che nel Paese è maggioritario. Può non esserlo solo se c’è dall’altra parte una grande sinistra riformista, aperta e innovativa. Era questa la sfida del Lingotto». Walter veltroni è amareggiato. Dieci anni fa, in un albergo di Torino, stava preparando il discorso per il 27 giugno 2017 al Lingotto. Un incontro che è diventato il vero atto fondativo del Pd. E ora l’ex segretaruio si sfoga con Repubblica dopo la deludente tornata elettorale.

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Il Pd non è più di sinistra?
«L’idea che entusiasmò tanti giovani stava nella costruzione di un soggetto che non voleva essere né l’ampliamento dei Ds, come qualcuno ha preteso poi di fare, né la prosecuzione della Margherita, come invece sembra essere oggi».
I risultati dicono che la sinistra non attrae voti altrui e intanto perde i propri.
«I dati elettorali vanno presi nella loro essenzialità. L’errore peggiore oggi sarebbe quello di aggrapparsi a giustificazioni e confronti del genere “ma abbiamo un avanzamento sui risultati del 1968”. Il problema più drammatico
si chiama astensione. Abbiamo sindaci eletti con il sostegno del 20 per cento del corpo elettorale. Milioni di cittadini che
non sono andati a votare e tra questi una grande parte di elettori di centrosinistra»
(…)

La leadership di Renzi era stata letta come l’inveramento dei principi del Lingotto.

«A Renzi ho sempre riconosciuto che la sua ispirazione di fondo somigliava a quella del Lingotto. Ma ora, e gliel’ho detto con sincerità, faccia a faccia, gli consiglio di cambiare passo, serve una nuova stagione. Resta una grande risorsa e non possiamo permetterci di aprire una fase di discussione sulla leadership, ma questo comporta che la leadership mostri
la sua dimensione programmatica e che dimostri di aver capito che questa è la fase dell’inclusione».
Renzi non ne vuol sapere degli scissionisti.
«Andai all’assemblea nazionale del Pd perché sentivo che la scissione sarebbe stata foriera di guai. Per chi se ne è andato, e ha sbagliato a farlo, e per chi forse non ha fatto tutto il possibile per evitarlo. Le mie parole furono molto applaudite, ma evidentemente non tutti quelli che applaudivano erano d’accordo».

(in copertina foto Ansa Credit Image: © Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Wire)

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