Hotel Rigopiano, sindaco di Farindola e presidente della Provincia indagati

Una svolta nelle indagini che farà molto discutere. Secondo la procura di Pescara, che sta lavorando da tre mesi al caso della tragedia dell’Hotel Rigopiano (in cui morirono 29 persone, sepolte sotto la struttura), ci sarebbero sei indagati per quel disastro. Tra loro, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, il dirigente delegato delle opere pubbliche Paolo d’Incecco, il responsabile della viabilità provinciale Mauro Di Blasio, il geometra comunale Enrico Colangeli e il direttore della struttura Bruno Di Tommaso. Per loro, l’accusa – pesantissima – è di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose.

LE ACCUSE DELLA PROCURA PER LA TRAGEDIA DELL’HOTEL RIGOPIANO

La base dell’indagine della procura sarebbe da ricercare nelle presunte omissioni di soccorso di cui i due enti – Comune e Provincia – si sarebbero resi responsabili. La Provincia non avrebbe messo in sicurezza la strada che da Farindola conduce all’Hotel Rigopiano: secondo i Carabinieri Forestali di Pescara l’ente avrebbe dovuto garantirne la pulizia e la percorribilità. Sotto la lente d’ingrandimento, in modo particolare, lo stato della turbina destinata a interventi del genere: dal 6 gennaio, il mezzo di proprietà della Provincia, era fermo in officina a causa di un guasto.

Il sindaco – sempre secondo gli investigatori – non avrebbe provveduto a emettere un’ordinanza di sgombero dell’hotel per «pericolo imminente», uno o due giorni prima della tragedia. Inoltre, sarebbe stato responsabile di non aver consultato il bollettino online di Meteomont che aveva innalzato fino al valore quattro (su una scala di cinque) il pericolo valanghe nell’area. Più complessa la posizione del direttore della struttura che, secondo la Procura, non avrebbe previsto il rischio slavina per i lavoratori dell’hotel, rendendosi colpevole di «omissioni nel collocamento di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro».

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Nulla di penalmente rilevante, invece, sarebbe emerso dalla telefonata delle 17.40 quando, in buona fede, il direttore dell’hotel aveva affermato che a Rigopiano non era successo niente di grave. E, al momento, l’indagine non ha toccato l’operato del prefetto di Pescara.

PERCHÉ UN PROVVEDIMENTO DEL GENERE PER LA TRAGEDIA DELL’HOTEL RIGOPIANO?

Restano molti interrogativi su questo provvedimento. Le autorità locali – tra l’altro si fa riferimento anche all’operato della Provincia, un ente che attualmente vive in un limbo tra la chiusura e la piena operatività – in quel momento erano occupate su più fronti, nella gestione della duplice emergenza di una nevicata straordinaria e del terremoto. La Procura, con questo atto, ha messo in discussione la buona fede delle istituzioni nella gestione di un evento completamente imprevisto e imprevedibile, facendo pesare come un macigno l’accusa di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose sugli indagati. Che, nei prossimi giorni, saranno ascoltati dai pubblici ministeri.

La domanda è: quale interesse possono avere le istituzioni nell’agire con superficialità in una tragedia del genere? E ancora: le misure che dovevano essere prese – secondo gli investigatori – da Provincia e Comune avrebbero davvero impedito una calamità dall’impatto così devastante?

(FOTO: ANSA/ ALESSANDRO DI MEO)

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