«Vi racconto la mia lotta contro i disturbi alimentari»

Oggi è la Giornata mondiale per la lotta ai disturbi alimentari. Chiamata giornata del fiocchetto lilla mira a far luce sui problemi legati all’alimentazione. In Italia sono circa 3 milioni i giovani che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, oltre il 90 per cento di questi sono ragazze. E in occasione di questa giornata Margherita Tercon, autrice e laureanda in filosofia alla Sorbona di Parigi, ha deciso di mettersi a nudo. Ha raccolto tutto in un suo diario personale, fatto di piccoli video, dal 2014 fino a oggi. Dentro questi video la ragazza descrive il suo disturbo alimentare. Ricadute incluse. La clip sta diventando virale e tante persone, tra i commenti, ringraziano la ragazza per il suo contributo condividendo anche la loro esperienza.

Abbiamo chiesto a Margherita cosa significhi soffrire di disturbi alimentari, come è riuscita a uscire da quel tunnel e come è nata l’idea di questi video.

Allora Margherita prima di tutto parlaci un po’ di te. Noto che sulla tua pagina Facebook proponi diversi video su svariati argomenti…

Esatto, è da qualche mese che giro un video alla settimana da pubblicare sulla mia pagina Facebook. Io mi sto laureando in filosofia alla Sorbona di Parigi, ma prima dell’Università mi sono diplomata in Scrittura Teatrale alla scuola d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano. Amo scrivere ed amo il teatro, ho lavorato un po’ come autrice ma è particolarmente difficile farlo come lavoro fisso. Quindi mi sono detta: perché non fare video scritti da me in cui parlo di temi che mi interessano? Questi brevi video mi sembrano un buon compromesso: mi permettono di comunicare. Inizialmente parlavo di temi sociali, rapporti tra esseri umani… ed ora mi sto interessando ad andare ad analizzare aspetti della vita di cui si parla di meno: per esempio ho fatto una serie di interviste a mio fratello che è autistico.

Stavolta però è diverso. Hai messo a nudo la tua vita personale…

Stavolta ho rivelato una parte molto intima di me, è vero. È stata molto dura avere il coraggio di pubblicare un breve documentario su quell’aspetto della mia vita che ho tenuto nascosto per diversi anni: i disturbi alimentari. Ma ho deciso di farlo, di pubblicarlo perché penso che il problema principale dei nostri giorni sia la non-comunicazione. Da quando siamo piccoli ci insegnano a nascondere i nostri problemi, le nostre lacrime, a risolverci i problemi da soli. E questo non parlare lentamente va ad invadere anche gli altri aspetti della nostra vita; si smette di parlare con il proprio compagno, con la famiglia, si ha paura di chiedere aiuto. Invece è proprio il dialogo la soluzione ai problemi.

Come è nato tutto?

Ho iniziato a documentare la mia malattia in un periodo in cui stavo davvero male. La paura di farmi scoprire mi ha addirittura spinta a lasciare l’Italia: sono andata a vivere da sola in una casetta a Parigi. All’inizio non ha aiutato, mi sono soltanto isolata di più. Poi piano piano ho iniziato a conoscere delle persone, ma i rapporti sono difficili quando si è malati. La maggior parte del tempo che si passa insieme è attorno ad un tavolo, che sia per un pasto o per qualcosa da bere. E quello per me era un incubo. Per non parlare delle festività. Evitavo tutto e lo vivevo con angoscia, ogni volta perdevo la speranza. Ma poi mi sono detta: non voglio che tutta questa sofferenza sia inutile. Non voglio guardare indietro alla mia vita e dirmi: “ho buttato via i miei anni migliori”. Con la speranza che mi restava mi sono detta: documento tutto e quando guarirò farò vedere che è possibile uscirne. Perché sono convinta che si possa fare, ce l’ho fatta. E la mia vita è di nuovo vita.

Come sei uscita da tutto questo?

Ed in effetti devo ringraziare il fatto di aver parlato: lo confessai ad un amico, che ora è il mio ragazzo. Mi convinse ad andare dallo psicologo e mi aiutò nei momenti più duri. Passavamo semplicemente il tempo a parlare e piano piano ho imparato di nuovo a mangiare in compagnia, senza sentirmi giudicata.
I disturbi alimentari sono davvero pericolosi se si arriva agli estremi, ci si rovina corpo e mente. Ma si può guarire e non si deve mai mai mai perdere la speranza. Bisogna crederci.

Dopo la pubblicazione di questo video i tuoi followers come hanno reagito?

Molte ragazze mi hanno contattata in privato, altre persone mi hanno ringraziata per aver pubblicato questo video. Penso che sia proprio perché è un problema di cui si ha paura a parlare e quindi riuscire a farlo è un passo avanti per diffondere la consapevolezza anche dal punto di vista di chi lo vive tutti i giorni. Spesso viene troppo facile commentare “troppo grassa, troppo magra” riguardo alle persone senza rendersi conto di quanto quei giudizi possano pesare. Quello che mi hanno scritto in privato non sono richieste d’aiuto, ma tanto sostegno.

Cosa consigli a chi vive ancora in questo buio?

Quello che consiglio a chi vive ancora nel buio è di parlare. Di avere il coraggio di confessarlo. Basta una persona di cui ci si fidi e che non giudichi, quello è il primo passo. Per non sentirsi soli. E poi direi uno psicologo. È dura andarci perché comunque è confessarsi ad un estraneo, ma piano piano aiuta e si riescono a sistemare anche altre parti della vita che non credevamo potessero influenzare la malattia. Spesso la malattia è solo lo sfogo di altri problemi, ma non riusciamo a vederlo e diamo solo la colpa al cibo. Io ho provato ad uscirne da sola, ma devo dire che ha funzionato solo quando ho iniziato a parlare. E io posso dire che si può uscire da questo problema, da questa dipendenza. Lo dico perché ora sto bene e perché ho vissuto momenti in cui ero convinta che ci sarei rimasta incastrata per tutta la vita. Ho davvero creduto che non ci fosse soluzione. Invece c’è e bisogna provare in tutti i modi a ritrovare la felicità.

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