TFF34: Rita Pavone, Nessuno ci può giudicare “Quanto eravamo bravi, anche al cinema!”

RITA PAVONE NESSUNO CI PUO’ GIUDICARE –

Ed è arrivato anche Nessuno ci può giudicare. E da Rita Pavone a Caterina Caselli ci sono tutti, ma soprattutto tutte. Perché le più rock, le più beat, le più scatenate di quegli anni erano le donne, che accendevano il pubblico con le loro hit trascinanti. Steve Della Casa, che anche nelle cene tra amici dà sfoggio della sua enorme cultura musicarella, intonando canzoni e citando film con enciclopedica certezza, ci ha portato in quell’universo sottovalutato, anche nel suo valore artistico, anticipatore di tendenze importanti nel pop e non solo.

Qui al Torino Film Festival abbiamo avuto la fortuna di incontrare Rita Pavone, star da decenni della musica italiana e donna di grande carattere e carisma. E quei tempi meravigliosi ce li racconta con quella voce che ci ha fatto ballare. Questa volta però non ci spiega “perché la domenica mi lasci sempre sola” ma, in fondo, perché fosse giusto che il cinema si rioccupasse di un periodo importante per l’arte popolare.

Si dichiara orgogliosa del lavoro fatto allora, Rita, “con quei film che usavano professionalità importanti, sembrava di stare a Hollywood, sui set di Doris Day. Erano fatti bene e riscoprirli è stata una sorpresa anche per me, sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla bellezza di quei prodotti”. Ha raccontato, la Pavone, di quanto sia stata importante quel periodo, anche per le nuove generazioni.

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NESSUNO CI PUO’ GIUDICARE TRAMA –

Nessuno ci può giudicare percorre gli anni prima della contestazione che spazzarono via la musica leggera, lo fa con i suoi protagonisti. Non solo musicali ma anche cinematografici.
Goffredo Lombardo, il patron della Titanus, diceva che i film con Gianni Morandi e Caterina Caselli negli anni Sessanta avevano salvato la sua casa produttrice. I loro film, effettivamente, costavano poco e incassavano tantissimo. Per la prima volta la canzone italiana, che fino a quel momento anche nel cinema era rivolta a tutta la famiglia, guardava a un pubblico decisamente più giovane. La stessa cosa succedeva con i film dei cosiddetti «urlatori»: Adriano Celentano, Mina, Tony Dallara. A metà anni Sessanta il consumo giovanile della cultura era un fenomeno così significativo da anticipare la contestazione che sarebbe poi esplosa nel Sessantotto. Il documentario racconta con la viva voce dei protagonisti di allora e con la ricchezza degli archivi dell’Istituto Luce la complessità del fenomeno. In quell’epoca, film semplici e di poche pretese diventarono lo specchio di una generazione e la cartina di tornasole di un’Italia in pieno cambiamento. Come diceva Pasolini (l’unico degli intellettuali a non sottovalutare il fenomeno), dopo il boom economico il Paese non era più lo stesso. E anche quei film hanno contribuito a cambiarlo.

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