La classe degli asini: la storia di Mirella Casale

MIRELLA CASALE CHI E’ –

Mirella Antonione Casale è una madre. Mirella Antonione Casale è un’insegnante. Mirella Antonione Casale è un’attivista. Mirella Antonione Casale, però, è soprattutto una donna eccezionale. E il servizio pubblico svolge il suo ruolo raccontandola nel film tv Rai La classe degli asini, dandole il volto di Vanessa Incontrada. Fu lei, per una tragedia familiare e per aver aperto gli occhi sul destino scolastico dei diversamente abili, a far sì che l’inclusione di quest’ultimi nelle classi, con un insegnante di sostegno, diventasse realtà e superasse la riforma Gentile, discriminatoria e anacronistica con le sue classi differenziali. Decisione sancita dalla legge 517 del 4 agosto 1977, arrivata grazie alla sua lotta senza sosta per i più piccoli e i più indifesi.

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MIRELLA CASALE INSEGNANTE –

Mirella Casale compirà, il prossimo 12 dicembre, 91 anni e vive a Torre Pellice. E’ ancora la stessa donna che a 52 rivoluzionò la pubblica istruzione in Italia, regalando una vera uguaglianza a tutti i piccoli cittadini, a quegli scolari che volevano e dovevano crescere insieme ai loro coetanei. E con quella sua forza, con quel suo carisma, ci viene restituita ne La classe degli asini, film tv Rai sulla sua storia, sulla sua battaglia. Che ha raccontato personalmente all’attrice.
Laureata in lettere classiche da studentessa lavoratrice, divenne, tramite concorso, preside di scuola media nel 1968, all’Amedeo Olivetti, nel pieno del vento del cambiamento. Una donna di successo, in tempi in cui la disparità di genere, sul lavoro e nei posti di comando era sfacciata. Una guerriera, Mirella, che non si faceva far paura da nulla e nessuno.

MIRELLA CASALE LA STORIA DELLA FIGLIA FLAVIA –

Neanche da quella maledetta asiatica che nel 1957 colpì violentemente sua figlia Flavia. Non aveva ancora compiuto sei mesi la bambina quando quella forma d’influenza che fece una strage in tutto il mondo la attaccò con febbri fortissime: il risultato fu una gravissima encefalite virale, seguita da coma. Si salvò, ma con danni al cervello consistenti: a sei anni, Mirella, provò a iscriverla a scuola. Flavia fu rifiutata dalle strutture pubbliche, ad accettarla furono le scuole private o le scuole speciali, dove però, purtroppo, troppo spesso i bambini venivano abbandonati a loro stessi e non miglioravano. Da lì comincia la guerra personale di Mirella Casale per l’integrazione scolastica. Che a lungo l’ha vista combattere da sola ma della cui vittoria godiamo tutti, come paese e cittadini.

MIRELLA CASALE LA CLASSE DEGLI ASINI FICTION –

Per Flavia, ha fatto tutto questo. Per quel suo sguardo, che le ha affidato un compito improbo e straordinario. Nella sua terza vita, quella di poetessa pluripremiata, lo dice proprio nel suo componimento più poetico, A Flavia appunto. La figlia, amatissima, a cui ha avuto l’ingiustizia di sopravvivere.

Sereni mi fissano i tuoi chiari occhi con candida fiducia
e la tua mano è nella mia, tu che ignori il male, tu che esprimi il bene
dai calore al mio cuore e il tuo sorriso è gioia. Era gioia, ora tace per sempre.

Per lei ha lottato, senza sosta. Ottenendo prima degli accorgimenti legislativi e infine una normativa complessiva sull’integrazione scolastica, come insegnante, preside e socia prima e presidente poi dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale). E in un bel passo del libro “Mirella Antonione Casale-Una vita per la scuola e per la solidarietà ai più deboli”, spiega da dove nasce tutto, oltre che dall’amore per la sua bambina (ha pubblicato anche come autrice i testi fondamentali Il bambino handicappato e la scuola e I colori della vita).

Alcuni episodi, ben presenti nella mia memoria mi indussero a riflettere – già da bambina poi da adolescente – sulla necessità della solidarietà, della difesa del debole (senza usare la violenza) e sull’autocontrollo. […]
Sono stata fortunata ad avere un padre severo, ma affettuoso, non sdolcinato, che era attento alla mia educazione e che mi ha rafforzato il senso del dovere – che forse avevo già spontaneamente – e conferito quello della solidarietà, che da piccolissima non avevo. Mi ricordo l’episodio di quando avevo due anni e mezzo (non pronunciavo bene la erre) e di fronte all’emergenza di salute della moglie di un amico dei miei genitori, non volevo lasciare il mio seggiolone per il pranzo alla loro bambina di quattro anni. Mio padre mi sgridò severamente dicendomi con tono duro: “Non devi essere egoista! Lei è nostra ospite e va favorita”. Ricordo chiaramente la scena che mi rimase impressa.

Un piccolo evento, che in lei ha fatto crescere il seme della generosità, del mettersi al servizio degli altri. E che la tragedia personale ha reso ancora più forte: nei cinque anni successivi ad essa, insegnando, si rese conto come l’integrazione fosse decisiva non solo per i disabili gravi ma anche per tutti coloro che avessero deficit cognitivi non preoccupanti ma seri (come i dislessici) o addirittura semplicemente ambientali, come i ragazzi del Sud, abituati al dialetto, o ai figli degli analfabeti. Con il suo solo sostegno, in classe e a margine delle elezioni, riuscì a recuperarli e capì l’esigenza di non dividere gli studenti a seconda delle loro capacità di apprendimento. Determinante, in questa storia è l’anno 1968: rivoluzionario per lei – diventa preside – e per il mondo. E per quella Torino da cui fa partire un’onda civile e gentile di ribellione umana alla disuguaglianza.

MIRELLA ANTONIONE CASALE E LE LEGGI SULL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA –

Volantini, manifestazioni, proteste, tutti gli ambiti della formazione vengono investiti da questa nuova ondata di giovani che vogliono cambiare il mondo: la donna riesce a far chiudere un istituto psichiatrico dove i bambini con handicap vengono segregati, apre un centro diurno che inizia la sperimentazione per far studiare i ragazzi disabili. Sono gli anni della “Lettera ad una professoressa” di Don Lorenzo Milani e di Franco Basaglia (che scrisse, allora, L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico), sull’ospedale psichiatrico di Gorizia, ove si teorizza la chiusura dei manicomi, mostruosi ghetti secolari. Sono due giganti, Franco e Mirella, che vogliono chiuderli, quei ghetti.

Nasce una sommossa popolare, pacifica, (pre)potente. Tra il 1968 e la metà degli anni più di 70.000 studenti con disabilità grazie a una solida (e solidale) rete di familiari, operatori sociali e insegnanti, vengono iscritti alle scuole comuni senza alcuna previsione normativa. Lo chiameranno “inserimento selvaggio”. Mirella, partendo da questa dolce invasione, chiede un’inclusione riconosciuta, ed ecco arrivare l’incompleta ma incoraggiante Legge n.118 del 1971, che stabilisce che alcune categorie di alunni disabili debbono adempiere l’obbligo scolastico nelle scuole comuni, ad eccezione di quelli più gravi. Viene anche istituita una commissione parlamentare sui problemi scolastici degli alunni handicappati guidata dal ministro della Pubblica Istruzione, l’onorevole Franca Falcucci.

Successivamente, dopo anni di sperimentazioni e aggiustamenti, nel 1977 la Legge n. 517 stabilisce infine il principio dell’integrazione per tutti gli alunni disabili della scuola elementare e media dai 6 ai 14 anni, imponendo però l’obbligo di una programmazione educativa da parte di tutti gli insegnanti della classe, che vengono affiancati da un insegnante specializzato per il “sostegno didattico” ed una programmazione amministrativa e finanziaria concordata fra Stato e pubblica istruzione.

Ricordare quella battaglia è fondamentale. Non solo per celebrare una grande donna e una grande conquista politica, sociale e culturale. Ma perché il sistema, in questi anni, è stato messo in crisi dal taglio dei finanziamenti che potrebbe annullare le previsioni legislative, a causa dell’impossibilità di offrire risorse adeguate a questi bambini, a partire dagli insegnanti di sostegno. Mirella, che ha perso la sua Flavia 23 anni fa (per un melanoma, aveva solo 36 anni) non ha smesso di combattere per noi e con noi. Non lasciamola sola. E guardiamoci, stasera 14 novembre, il film tv La classe degli asini. Su RaiUno, in prima serata.

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