Expo: i russi non pagano il padiglione. Azienda di Treviso fallisce

Costruiscono il padiglione della Russia per expo in tempi record e ora, senza il mancato pagamento, sono costretti a chiudere.

Il primo maggio 2015 Alessandro Cesca, titolare della Sech Costruzioni Metalliche spa di Refrontolo (Treviso), ha finito Il padiglione della Russia a Expo. La storia la racconta La Stampa:

Abbraccia uno per uno tutti i suoi operai: hanno finito a tempo di record il loro cantiere al padiglione della Russia, quando nessuno ci avrebbe scommesso un euro. Il 17 ottobre, invece, è da solo quando legge la sentenza del Tribunale di Treviso che accoglie l’istanza dei fornitori e decreta il fallimento dell’azienda, dopo una storia di oltre quarant’anni.
Dal momento più alto a quello più basso della sua vita di imprenditore sono passati 535 giorni. Un anno e mezzo scarso in cui ha lottato contro i mulini a vento, perché quei lavori all’Expo la Russia non li ha mai pagati. Un credito di oltre 400 mila euro mai riscosso perché il committente, tale Rvs Holding Srl, appaltatore di RT-Expo Srl (le due società che gestivano la partecipazione della Russia all’Expo milanese), aveva sollevato una serie di “non conformità” al termine del cantiere. Nonostante il Ctu del Tribunale di Milano non avesse riscontrato alcun problema. Quei 400 mila euro non incassati si sono fatti sentire, eccome, perché hanno aperto la crisi di liquidità che ha portato al crac della Sech Costruzioni. «Nessuno ci ha aiutati, e si è innescata la catena che sta portando alla distruzione di tutto il nostro sistema di imprese: i clienti non mi pagano, io non riesco a pagare i fornitori» ha spiegato Cesca «può capitare a tutti, è la fine del Nordest».

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La Sech Costruzioni non è la sola ad aver problemi.

Altre otto imprese italiane vantavano crediti dalla Federazione Russa per i lavori eseguiti al padiglione dell’Expo: Catena Services, Coiver Contract, Ges. Co. Mont, Idealstile, Elios Ambiente, Mia Infissi, Vivai Mandelli, Sforazzini. Qualcuno si è accontentato di portare a casa il 20 o 30 per cento dell’importo, altri – tra cui la Sech – hanno scelto di adire le vie legali, denunciando i russi al Tribunale di Milano. Beffa nella beffa: la prima sentenza sulla vicenda è in arrivo a dicembre. Quando il capannone della Sech, una quarantina di operai al massimo dello splendore, sarà già stato svuotato anche della polvere.
«Ci siamo ritrovati a lottare contro tutto e tutti» denuncia ancora il titolare «nessuno del mondo della politica si è adoperato per darci una mano, figuratevi cosa possiamo fare noi contro un gigante come la Russia. Sì, ci sarà una sentenza tra un paio di mesi, ma anche se fosse favorevole, credete che quei soldi li vedremo? Intanto io sono stato costretto a chiudere tutto, gli operai sono a casa, e domani nessuno di noi sa cosa farà».

(in copertina foto di repertorio ANSA/MADE EXPO)