Pd Napoli, il partito che deve ripartire da zero (senza il lanciafiamme di Renzi)

24/10/2016 di Donato De Sena

I numeri in politica non possono spiegare tutto. Ma quando si passa in due anni dal 40,9% dei voti conquistato alle Elezioni Europee all’11,6% delle Comunali diventa evidente e inconfutabile che il risultato delle urne è quello di una vera e propria disfatta, e che nessuno dei protagonisti della sfida può negare le sue responsabilità. È il caso del Pd Napoli, quattro mesi fa tagliato fuori dal ballottaggio per Palazzo San Giacomo e oggi alla ricerca, faticosa e chissà quanto prolifica, di nuova identità e di nuovo appeal, per ricostruire un legame con la città perduto da quasi un decennio. «Nel partito c’entriamo col lanciafiamme dopo il ballottaggio, lo assicuro», diceva il premier-segretario Matteo Renzi all’indomani della sonora sconfitta al primo turno delle Amministrative. Ma da quel momento non si sono visti né dimissioni di vertici, né tavoli di confronto, e nemmeno mobilitazioni. Tutto sembra perennemente fermo nel Pd Napoli, mentre la svolta viene rinviata a data da destinarsi, molto probabilmente quella del congresso, prima vera occasione per tirare le somme.

 

LEGGI ANCHE: I sondaggisti sul referendum: «È avanti il No, ma tutto può cambiare. In 2 giorni»

 

PD NAPOLI, CRISI MAI SUPERATA DAL 2011

Il partito è «oggettivamente in difficoltà», ammette la deputata Valeria Valente, la candidata a sindaco battuta da de Magistris e Lettieri che ha promesso di dare il suo contributo al partito impegnandosi per 5 anni in consiglio comunale. «Abbiamo sicuramente avuto nell’ultimo appuntamento (il voto per il rinnovo del Consiglio metropolitano, nda) un risultato che incoraggia il nostro lavoro ma – spiega – sarebbe da stupidi ignorare il risultato di qualche mese fa». Nella campagna elettorale per le Comunali, animata da una spaccatura netta tra i sostenitori della Valente e bassoliniani per il sospetto di brogli alle primarie, il Pd ha dimostrato in effetti di non essere stato capace di compattarsi e soprattutto di non aver ancora recuperato un legame con la società civile, lasciando campo libero a Luigi de Magistris. «In realtà – è il ragionamento della Valente – la disfatta parte da molto lontano. Precisamente dalla fine del governo di Antonio Bassolino, quando l’immagine dei Democratici a Napoli e in Campania si legava al disastro della gestione dei rifiuti nella regione e alle polemiche sui brogli alle primarie». «Nel 2011 – continua la deputata analizzando gli errori – abbiamo sostenuto De Magistris. Noi dobbiamo partire da quella sconfitta, che abbiamo superato male, o non superato affatto. C’era un risultato di divisioni interne, siamo più attenti a demolire la stagione precedente piuttosto e ci siamo fermati lì (rapporto tra Bassolino e il Pd). Dal 2011 la critica del Partito Democratico è stata rivolta alle stagioni passate, senza costruire un’alternativa. Abbiamo reso poco leggibile il profilo del Pd».

Dunque, da dove ripartire? «Io – dice Valente – il mio contributo ho scelto di darlo restando in consiglio comunale, restando nel merito delle cose, facendo opposizione a de Magistris sui singoli atti. Sulla gestione impianti sportivi, il bilancio, i tagli al welfare, il piano di rientro. Mi impegno per i prossimi 5 anni». «Poi – aggiunge – è il Pd che deve fare il proprio passo. Puntare su una classe dirigente nuova, superare degenerazioni, il correntismo esasperato, le divisioni, essere ossessionato dall’idea di raccontare fuori il nostro progetto piuttosto che essere preso da battaglie interne».

PD NAPOLI, RICOSTRUZIONE AL CONGRESSO

È un opinione, quella della necessità di una «maggiore presenza in consiglio comunale», condivisa anche dal segretario del Pd metropolitano Venanzio Carpentieri. «Il partito – conferma anche lui – va rigenerato. Si comincia investendo di più sui circoli facendo in modo che lavorino costantemente. Che abbiano un canale di comunicazione sempre aperto con le comunità locale». ma tutto ciò non sarà fatto nel breve periodo. «La mia posizione – continua Carpentieri – è di andare a congresso dopo il referendum e in quella sede fare un’analisi approfondita e proporre soluzioni». Si partirà dai numeri più bassi di sempre: «I dati – afferma Carpentieri facendo un bilancio degli ultimi tre anni – dicono che noi siamo cresciuti complessivamente in provincia. Il numero dei comuni amministrati è aumentato. Ma c’è il dato negativo in città. Questo ha un suo significato. Il numero di partenza non era ancora dei migliori, ma non siamo riusciti ad invertire la tendenza». I dati sono ancor più angoscianti se si pensa che nemmeno il successo elettorale di Vincenzo De Luca alle Regionali 2015 (Pd e due liste del candidato presidente complessivamente al 28% a Napoli città) sembra essere servito a risalire la china. «Auspico che dal rapporto con la Regione possono nascere opportunità di crescita per il partito, ma fino a questo momento non possiamo dire che ciò si sia verificato», dice Carpentieri. Lui intanto, il presidente, non usa mezze misure sulla questione Pd Napoli (si lamenta della difficoltà a trovare riferimenti nel partito e chissà, forse pensa ad un suo ruolo importante per la sua ricostruzione). «L’esigenza di commissariare il partito è ancora viva», ha tuonato di recente. «Il partito è da rifare», aveva affermato pochi giorni prima Bassolino. «La situazione nel partito è insostenibile, il Pd deve tornare ad essere utile ai cittadini, non può essere un comitato permanente», è il giudizio espresso dall’ex segretario dei Giovani Democratici Marco Sarracino, candidato alle primarie della scorsa primavera.

(Foto di copertina: ANSA / CLAUDIO ONORATI)

Share this article