Il docente agli studenti: «Copiate, per i prof il plagio è impunito»

Un’autodenuncia per provare a rompere il silenzio. Più che una semplice provocazione, contro «un sistema che, nei fatti, garantisce ai professori l’impunità dal plagio». Nel disinteresse dei vertici d’Ateneo. Non intende essere complice, Lucio Piccidocente di Politica economica della storica Università di Bologna, la più antica del mondo. Né intende sopportare paradossali ipocrisie.

Per questo ha scelto di scrivere una lettera aperta ai propri studenti, alla vigilia del nuovo anno accademico: «Non vigilerò per evitare che voi copiate, durante l’esame o nel preparare altri testi scritti. Noposso chiedere a voi il rispetto di regole che l’Università di Bologna permette a noi professori di violare». Un messaggio rivolto anche allo stesso Rettore, Francesco Ubertini, con la richiesta di essere a sua volta sanzionato: «Chiedo di avviare nei miei confronti un procedimento disciplinare, dato che vigilare affinché gli studenti rispettino certe regole fa parte dei miei doveri». Nulla da fare, almeno per ora. Perché alla denuncia di Picci l’Ateneo non replica ancora, con i vertici che preferiscono non commentare.

LUCIO PICCI, IL DOCENTE CHE FA COPIARE GLI STUDENTI PER DENUNCIARE IL PLAGIO IMPUNITO: «AI DOCENTI VIENE PERMESSO»

Altro che merito. Con un dossier dettagliato Lucio Picci denuncia quella che descrive come «una fitta rete di connivenze che, attraverso la segretezza, conduce al sistematico mancato accertamento dei casi di plagio e al loro occultamento». Anche perché non è certo la prima volta che Picci, storico paladino della lotta contro la corruzione all’Alma Mater, tenta di far emergere quelle “furbizie” illegali con cui alcuni colleghi, di fatto, aggirano codici etici e macchiano la reputazione dell’Alma mater di Bologna. Denunce e segnalazioni che sono state ignorate dalla stessa Università. Fino ad essere dimenticate.

Anzi, c’è anche chi è stato pure premiato, come ricorda lo stesso Picci:

«Nel corso di una cerimonia pubblica, il primo giugno scorso il Rettore dell’Università di Bologna, Prof. Francesco Ubertini, ha consegnato a quello stesso docente (il professore di Ingegneria nucleare ed ex prorettore, Enrico Lorenzini, accusato in passato di aver copiato due capitoli di un suo libro, ndr) che era stato oggetto del giudizio severo (ma “prudente e riservato”) del Senato accademico, il titolo di Professore Emerito. Si tratta di un titolo ambìto, destinato ai soli professori ordinari al termine di una carriera particolarmente distinta e specchiata.

Una beffa. Eppure nelle scorse settimane c’era stato chi, come l’Espresso, aveva raccontato e rilanciato quelle denunce. Accuse che erano state riportate anche dall’allora rettore Fabio Roversi Monaco. Nulla da fare, i vertici dell’Ateneo sono rimasti immobili. E non è stato l’unico caso. Perché Picci denuncia anche un sistema di connivenze, complicità, conflitti d’interesse che “incentiva” le pratiche illegali:

«Chi a Bologna si oppone al plagio, non si inimica soltanto una persona, ma dichiara di non appartenere, e di essere contro, a un sistema accademico-politico che distribuisce risorse ambìte. E il plagio, creando vincoli di dipendenza reciproca tra accusati e conniventi, contribuisce alla coesione di un tale “sistema distributivo», si legge.

LUCIO PICCI: «STUDENTI SANZIONATI, DOCENTI NO»

Le regole però non valgano per tutti. Perché se il plagio dei docenti universitari viene, di fatto, consentito, al contrario gli studenti scoperti e sorpresi a copiare sono stati sanzionati dall’Ateneo. Segnali e comportamenti tutt’altro che coerenti, come denuncia Picci:

«Pochi mesi orsono, il Senato accademico ha sospeso per tre mesi una studentessa, sorpresa durante un esame con un telefono e un auricolare nascosto. Il fatto è stato accertato, vi è stata una sanzione. Ma con voi io rappresento l’Università di Bologna, e il nostro Statuto recita che siamo una “comunità di studenti, professori, e personale tecnico amministrativo”: se siamo impuniti noi professori, che lo stesso valga per voi studenti. È un’ipocrisia insopportabile, e il mio rifiuto è obiezione di coscienza», denuncia.

 

Una questione di coscienza e coerenza, secondo il docente. Ma soprattutto di onestà intellettuale. «Per mesi abbiamo chiesto a Francesco Ubertini di raccontare la verità dei fatti. Tutto qui: solo la verità», spiega nel suo blog. L’Università ha scelto un’altra strada: il silenzio.

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