Anita: «Noi contro la pietà abbiamo convinto Checco Zalone a fare uno spot sulla Sma»

27/09/2016 di Redazione

«D’accordo le visualizzazioni e i complimenti. Ma io e Luca vogliamo messaggi e donazioni: altrimenti veniamo a farvi un…». Se vi siete divertiti guardando lo spot di Checco Zalone a favore della ricerca per la Sma, l’Atrofia muscolare spinale, il merito è principalmente di Anita Pallara, barese, 27 anni per 17 chili. È lei la giovane che ha ispirato Zalone, che gli ha chiesto un aiuto e che con i ragazzi di Devoloping, ha organizzato la campagna sui social.

Il geniale spot con Checcho Zalone per aiutare la ricerca sulla Sma | VIDEO

Repubblica ha intervistato Anita:

Anita, un successo.

«Diciamo che in 27 anni ho superato qualche montagna un po’ più complicata. Però grazie».
Com’è nato questo spot?
«Ho incontrato Luca ( ndr, Checco Zalone è Luca Medici) qualche anno fa in una piscina di Alberobello. Lui stava girando un film. Io ero lì in vacanza. Ci siamo piaciuti subito e siamo diventati amici».
E poi?
«Ha sempre seguito il nostro percorso, quello della nostra associazione, Famiglie Sma. Ci è stato vicino. E insieme abbiamo deciso che questo era il momento giusto per fare qualcosa per la ricerca. Luca è straordinario. Ha detto no a tutti i pubblicitari, e ai loro soldi, e sì a noi. E per noi di Famiglie Sma che odiamo la pietà, Zalone era l’ideale per uno spot politically incorrect. Luca lo ha scritto e noi siamo impazziti».
Perché dice che era il momento giusto per lo spot?
«Per la prima volta una delle sperimentazioni tra quelle in corso ha avuto un esito positivo tale da spingere la casa farmaceutica a distribuire prima possibile e gratuitamente un farmaco che ha dimostrato di prolungare la vita e, in parte, di migliorare il quadro clinico dei bambini più piccoli. La molecola si assume tramite puntura e prevede il ricovero: i fondi servono a non tardare l’inizio delle somministrazioni, perché per alcuni bambini aspettare un mese o una settimana può fare la differenza. Un sms è importantissimo».

Anita ha parlato anche della sua vita e delle tante “tare” italiane. «Quando i miei scoprirono la malattia, i medici dissero che sarei arrivata al massimo ai due anni di età. A otto anni giocavo in cortile a calcio con la carrozzella. Mi sono laureata in psicologia, ho una vita sociale attiva. Fino a oggi, gli intoppi sono arrivati soltanto per colpa di quelli “normali” che non fanno quello che devono».

In che senso?
«In Italia c’è ancora una cultura vecchia secondo la quale i disabili sono dei “poverini” e per loro vanno fatte sempre cose straordinarie. È una cavolata. Basterebbe mettere tutti nelle condizioni di fare tutto quello che fanno gli altri per creare uguaglianza vera».
Per esempio?
«Per me all’università era più difficile prendere un ascensore che superare un esame. Oppure, le giostrine per i bambini disabili costano quanto le altre. Dopo una mia battaglia, il sindaco di Bari le ha comprate. Ogni barriera architettonica è un pugno al buon senso. E ogni atto di pietà è una barriera architettonica»

La campagna, legata al numero di SMS solidale 45599, durerà fino a sabato 8 ottobre. Inoltre nelle piazze l’1 e il 2 ottobre, i volontari presenteranno il nuovo gadget solidale, la Scatola dei sogni.

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