Stefano Parisi debutta senza lampi. Gelo a distanza con Salvini | VIDEO

16/09/2016 di Alberto Sofia

Non lo nomina, né replica alle provocazioni lanciate dal leader leghista da Pontida. Ma basta attendere l’apertura della sua convention, “Energie per l’Italia“,  dal MegaWatt di Milano, per capire quanto Stefano Parisi sia distante dai toni incendiari di Matteo Salvini e dalla sua linea oltranzista. Così come da chi, dentro Forza Italia, tifa per l’asse lepenista con il Carroccio, come Renato Brunetta e Giovanni Toti. «Se ne è andato un uomo che ha dedicato la sua vita alle istituzioni, che ha dato tanto al nostro Paese», rende omaggio Parisi a Carlo Azeglio Ciampi, l’ex capo dello Stato morto all’età di 95 anni. Poche parole, ma simboliche. E che testimoniano tutta la distanza da chi aveva insultato, bollandolo come traditore che ha svenduto l’Italia, la memoria del presidente e senatore a vita.

 

PARISI-SALVINI, GELO A DISTANZA TRA MILANO E PONTIDA

Ma la lontananza tra Parisi e Salvini va oltre il caso Ciampi. Si erano sopportati a fatica già in campagna elettorale per le Comunali, ora la freddezza tra i due ha raggiunto l’apice. «Chiederemo ai nostri futuri alleati chiarezza. Bisogna scegliere se Merkel o no, se Euro o no. Non si può essere da un lato del marciapiede a Roma e dall’altro a Bruxelles», è l’affondo in direzione parisiana scagliato dal leader leghista. Provocazioni che Parisi non raccoglie, rifugiandosi nel silenzio di fronte ai cronisti. Ma l’irritazione è chiara. E non è l’unico, nel giorno della convention con cui l’ex candidato alle Comunali di Milano vorrebbe rilanciare il cantiere moderato, liberale e popolare, a essere infastidito per le parole del leader del Carroccio. C’è chi prova imbarazzo per l’uscita su Ciampi, così come per le bordate quotidiane contro le “tentazioni da inciucio” di Forza Italia. «Non ne possiamo più, ditemi perché dovremmo venire a patti con uno così…», mormorano fonti parlamentari azzurre presenti a Milano.

UN DEBUTTO IN TONI SOFT. CON L’ASSENZA PESANTE DEL CAV (E DI MEZZA FI)

Salvini divide. Ma dentro FI divide, ancora, lo stesso ruolo di Stefano Parisi. Non è un caso che al MegaWatt di Milano mezza Forza Italia, in realtà, nemmeno ci sia. O almeno, non ci sono i vertici, ad eccezione di Maria Stella Gelmini, del fedelissimo Francesco Giro, dell’europarlamentare Laura Comi. O di chi, come il siciliano Micciché, si è iscritto fin dall’inizio nel club dei fan dell’ “homo novus“. «Toti e Brunetta non vogliono il papa straniero? Sono minch….», sbotta “colorito” con Giornalettismo il coordinatore siciliano. «Non esiste alcun papa straniero. Quando Toti è arrivato dentro Fi, come me, non era nessuno. Almeno Parisi era già qualcuno. Al massimo c’è un papa italiano, è tanto che non ne avevamo..», insiste.  

Al contrario, a disertare la convention sono tutti i vecchi colonnelli che per mesi hanno fatto la guerra all’uomo che lo stesso Silvio Berlusconi aveva chiamato per “resettare Forza Italia“. Prima di quel comunicato che, alla vigilia dell’evento milanese, c’è chi ha interpretato  come una virata politica. Una mezza retromarcia. Ai gruppi parlamentari ribelli il Cav ha promesso il rilancio, tra congressi e tesseramenti, e la volontà di tenere unito il centrodestra. E a Parisi? Un semplice invito ad andare avanti. Tradotto, Berlusconi – non è una novità – gioca su più tavoli. Anche perché non è ancora arrivato il momento di decidere. Di scegliere con chi stare. Sarà il verdetto del referendum costituzionale lo spartiacque. Della legislatura, così come delle gerarchie e della strategia politica del centrodestra. Stefano Parisi ne è consapevole. Ma più che il mancato sostegno dei Brunetta e dei Toti, a Milano è proprio l’assenza dello stesso Silvio Berlusconi a pesare. Anche perché, c’è chi rivela a microfoni spenti, l’ex premier avrebbe poco apprezzato i “salti in avanti” di Parisi. Il manager che doveva limitarsi a una “due diligence” azzurra, e che si è invece quasi auto-consacrato leader rampante del centrodestra che sarà. E non è un caso che ora Berlusconi prenda tempo. C’è chi aveva tentato di ottenere una sua “benedizione” fino all’ultimo momento. Bastava anche una telefonata, un segnale della sua presenza. Non ci sarà. Anche perché per il Cav ora è il momento di mediare, per evitare l’implosione del partito. E tenere aperte più strade, in attesa del verdetto del referendum.

STEFANO PARISI CONVENTION: CHI C’ERA AL DEBUTTO DI MILANO 

A Milano, senza il Cav, la platea si scalda poco. Nessun intervento di parlamentari o politici, sul palco arriva la “società civile”. Ma quasi nessuno richiama alla memoria quello “spirito del ’94”, quello degli esordi di FI, che il leader azzurro avrebbe apprezzato. C’è suor Anna Monia Alfieri, vera star di una prima giornata che scorre senza lampi, in tono soft. Lei, al contrario, è applauditissima nel suo intervento con cui esalta le scuole cattoliche: «Parisi? Un laico che stimo. Basta destra, sinistra. Ora ci sono i cittadini», rivendica, quasi con stile grillino. Ma c’è anche Massimo Gandolfini, il leader di quel Family Day e del fronte contrario le Unioni Civili, che ora cerca spazio e cittadinanza pure nel cantiere di Parisi. E poi imprenditori, ricercatori, pezzi di mondo cattolico. C’è Giacomo Lev Mannheimer, figlio del sondaggista Renato. E Giancarlo Cesana, uno dei massimi esponenti di Comunione e liberazione. Fino all’antropologa Maryan Ismail, candidata con il Pd alle ultime comunali, poi in rotta con i dem.

I politici, per una volta, restano nelle retrovie. «Fi è nel centrodestra da sempre, alternativa a Renzi. E ha da sempre nel suo dna l’apertura alla società civile. Giusto essere qui ad ascoltare», spiega Gelmini. «Sbaglia chi ha disertato quest’incontro? Altri del partito sono andati a Pontida, va bene dividersi. Ma basta con gli attacchi della Lega. L’alleanza c’è con valori e programma comune, altrimenti ognuno per la sua strada», attacca invece Comi. Si rivede pure Claudio Scajola, in cerca di “riabilitazione”: «Berlusconi ha scelto benissimo con Parisi. A lui tocca lavorare sodo per ricostruire una forza moderata in grado di governare». Peccato che il resto del partito la pensi diversamente. E che di Parisi non vuol nemmeno sentir parlare: «Il centrodestra è qui, non c’è niente da inventare», taglia corto Toti. «Gli assenti? Io ho invitati tutti, ognuno fa le sue scelte», replica stizzito Parisi a Giornalettismo. La faida resta, nel giorno che mesi fa veniva architettato come il primo passo della consacrazione. E che invece scivola via senza squilli, in attesa dell’intervento di chiusura di sabato. E nel gelo a distanza con Pontida. 

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